(5 agosto 2013) – Venerdì 2 agosto, presso il giardino del museo civico “B. Romano” di Termini Imerese, si è tenuto un evento culturale organizzato dal Comune insieme alla Consulta Comunale Giovanile e all'associazione “Futur@”.
L’ospite è Pietro Piro. Originario proprio di Termini Imerese, Piro ha conseguito la laurea in filosofia all'Università di Urbino e il dottorato di ricerca in “Sistema dei Partiti e Comunicazione Politica” presso l’università “Kore” di Enna; ha svolto attività di ricerca presso il fondo filmico della Filmoteca Española di Madrid e il CIDHE (Centro di Ricerca sulla Democrazia Spagnola).E proprio grazie alle ricerche presso la Filmoteca è nato il libro da lui presentato: Francisco Franco, appunti per una fenomenologia della potenza e del potere (Mimesis Edizioni 2013). Al centro del saggio, riprende più volte l'autore, è non tanto la figura del dittatore, quanto il concetto per cui “il potere sposa sempre la mediocrità”; e l'ascesa di Franco, uomo mediocre, si prestava bene a fare da esempio. Hanno preso parte all'incontro l'avv. Stefano Vitale (in rappresentanza dell'amministrazione comunale), il dott. Curreri e il sindaco Salvatore Burrafato. Le domande sono state poste da Fabio Lo Bono, dipendente del Comune di Termini Imerese e presidente dell'associazione “Futur@”. Ecco il racconto della serata attraverso alcuni passaggi tratti dalla conversazione che ne è scaturita.
Pietro, perché quest'interesse per il potere?
La questione sul potere è “la questione”, cioè la questione per eccellenza. Ed è sbagliato pensare al potere esclusivamente come potere politico. Il potere è qualcosa di insito nell'uomo. Non esistono relazioni tra uomini che non siano di potere. Per me studiare il potere è studiare l'uomo.
E quindi cos'è il potere?
Il potere è un modo di amministrare la paura. Il potere esiste perché nessuno ha ancora sviluppato una pedagogia della paura. Il potere esteriore su cui si basa tutta la moderna società è qualcosa di molto superficiale. Un potere profondo è quello dell'autocontrollo, del dire “no”, della moralità, della parsimonia. E dove arriva il vertice di questa piramide? Alla religione. Religione come autocontrollo e superiorità rispetto al male.
Quindi questo libro su Francisco Franco è in realtà un libro sul potere?
Sul potere e non solo sul potere. È la storia di come un uomo su cui nessuno avrebbe scommesso diventa il più longevo dittatore d'Europa. La macchina del potere sposa sempre un'umanità mediocre. Bisogna distinguere l'uomo dalla macchina mitologica che gli viene costruita attorno.
E dunque com'è diventato il dittatore più longevo d'Europa?
La mediocrità di Franco rispondeva alle necessità del potere. Non fu Franco ad avere il potere, ma il potere ad avere Franco. Era il burattino di una potentissima macchina amministrativa di cui forse neanche lui intuiva la potenza.
È presente oggi Franco nella vita degli spagnoli?
Difficile non trovare un franchista tra un gruppo di spagnoli ultra sessantenni..
Concludo così: da dove viene secondo te il potere: da Dio, dalla natura, o dall'uomo?
Non escludo che in passato sia venuto da Dio o dalla natura. Non ero lì presente e quindi non posso dire con certezza che i poteri trascendenti di un leader d'altri tempi fossero fesserie. Però vivo il presente e posso dire con certezza che oggi il potere è nelle mani degli uomini. Potere di uomini su altri uomini. L'ideologia franchista (e altre dittature) aveva quantomeno un referente simbolico-trascendente (“Franco Caudillo de España por la Gracia de Dios”). E allora perchè alcuni uomini continuano a comandare come quando erano “figli di dei”?. La questione antropologico-filosofica che ha dominato gli anni ‘90, “è giusto uccidere il re quand'è un tiranno?”, s'è risolta in un ampio “sì”, tanti grandi teorici moderni profetizzano rivolte imminenti. Io non ci credo. Il capitalismo, il consumismo, forse non hanno un nome e un cognome, forse non sono potenti come l'aurea trascendente dei dittatori di un tempo, ma non sono neanche abbattibili nell'immediato (“hanno i secoli contati!” ironizza un signore dalle prime file, l'autore ride) sì, hanno i secoli contati.
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Si è trattato di un incontro indubbiamente interessante, che ha proposto uno sguardo critico e smagato sul potere di oggi e di ieri. Ma che allo stesso tempo lascia una serie di interrogativi. L'uomo è riducibile al suo rapporto con il potere? Può essere l'autocontrollo, e quindi un ripiegamento nella propria individualità, la sola risposta al potere? O forse dal suo giogo lo salva solo un rapporto, un rapporto non di potere, un rapporto che conceda uno sguardo critico (come quello visto e ascoltato lungo l'intervista) ma al contempo aiuti ad andare al fondo della questione? Anche Vlácav Havel parla di potere, ma lo fa parlando di “vita nella verità” e “vita nella menzogna”. Come a dire: il punto non è una forma di potere al posto di un'altra, il punto è che l'uomo desideri la verità di sé. Da quello deriva il resto. Parlando dell'uomo come potere facciamo il contrario: anzichè dire cos'è l'uomo, per poi dire cos'è il potere, definiamo il potere e da quello definiamo l'uomo, e finiamo posseduti dal potere, come lo stesso Piro ha detto di Franco.
Al giorno d'oggi, nel tempo dell'attività sedativa nei confronti del desiderio e dell'intelletto umano, uno sguardo capace di capire cosa “non va” è già degno di lode. Ma se si ferma all'analisi dei meccanismi del potere alla “pars destruens”, resta solo interessante e non costruttivo, e finisce col ripiegarsi, col ridursi, con l'applicare lo schema astratto della politica alla carnalità dell'esistenza umana. Col dire, per esempio, che l'uomo è il suo rapporto di potere.