Al Duomo di Monreale per quasi mille anni si sono svolti riti e cerimonie di tutti i tipi, tra le sue navate hanno sfilato chierici e laici di tanti paesi e di tante religioni. Eppure il prossimo 20 dicembre diverrà il palcoscenico di una iniziativa assolutamente originale: un concerto multimediale per pianoforte dal significativo titolo: “Domus Dei et Ianua Coeli”. Nell’occasione il maestro Marcelo Cesena, eseguirà 15 suoi brani inediti per pianoforte, pensati e realizzati per l’occasione.
Il maestro Cesena ricorda quel primo incontro: “In passato avevo avuto già modo di apprezzare i mosaici di Monreale e l’accoglienza dell’Arcivescovo, mons. Michele Pennisi. Tuttavia, quel giorno dell’autunno del 2016 ebbi la fortuna averli illustrati dal parroco della cattedrale, mons. Nicola Gaglio e di potermi intrattenere più a lungo con l’Arcivescovo. Il primo mi introdusse con la sua competenza e la sua passione al significato non appena artistico, ma religioso ed ecclesiale del tempio e delle scene bibliche rappresentate. Il secondo mi fece la proposta che meno mi aspettavo: comporre delle musiche che cantassero la gloria di Dio rappresentata nella chiesa”.
Marcelo Cesena è nato in Brasile, ha risieduto a lungo negli Stati Uniti e da qualche anno abita in Italia. Vanta un curriculum di grande rilievo perché si è esibito nei più importanti teatri del vecchio e del nuovo continente ed ha ricevuto molti premi e riconoscimenti in svariate parti del mondo. Il suo repertorio è molto vasto e si dispiega dalla musica classica a quella tradizionale brasiliana, attraverso una delle sue grandi passioni che è la musica da film. Tramite questa ha conosciuto ed è tra i più accreditati interpreti del grande Ennio Morricone. Quando gli si chiede di parlarne gli si luccicano gli occhi, anche perché il suo ultimo concerto in Sicilia, esattamente a fine settembre a Palermo, in occasione della manifestazione Piano city, lo ha interamente dedicato a lui.
Racconta così quel pomeriggio per lui indimenticabile: “È stata una esperienza per me unica, inattesa e irripetibile. Quando mi comunicarono che la mia proposta di un concerto per piano con le musiche di Morricone era stata accolta dal Comune di Palermo all’interno della manifestazione Piano city fui molto contento, ma altrettanto meravigliato nel leggere che avrei suonato in un luogo chiamato Danisinni. Tentai di informarmi attraverso internet, chiamai qualche amico a Palermo per avere qualche ulteriore delucidazione, e compresi che avrei suonato in un luogo del tutto diverso da quelli in cui era stato fino a quel momento. Giunsi poche ore prima del concerto e mi trovai nella piazza di un quartiere popolare che sembrava al momento disabitato. A Palermo era ancora piena estate e la temperatura non ancora mite. Il parroco e i suoi collaboratori, che non mi conoscevano, mi accolsero quasi che fossi Muti o Toscanini, ma pensavo che solo pochi altri si sarebbero aggiunti a loro per ascoltarmi. Cominciai a suonare - com’è mia abitudine – concentrando il mio sguardo più sui tasti che sugli spettatori. Pian piano, dalla quantità e dal calore degli applausi, mi resi conto che qualcosa di grande era accaduto nel frattempo. Quando mi alzai per il ringraziamento finale mi resi conto del miracolo: c’erano in piazza, così mi assicurarono, almeno 800 persone letteralmente rapite e trasportate dalla musica di Morricone e dalla mia esecuzione. Non avevo mai fatto una esperienza simile. La ricordo ancora con grande trasporto e commozione. Preso dall’entusiasmo del momento dissi: “Morricone ha fatto la storia del cinema e della musica nei suoi novant’anni di vita, ma soprattutto ci ha trasmesso la sua passione per la vita, per la vita bella; e tutto questo si chiama: bellezza”. E poi aggiunsi: “Il pianoforte è uno strumento definito, nel numero e nel colore dei tasti e in tutte le sue misure; eppure genera una cosa che è infinita, la musica. La musica dà gioia, gioia di vivere e questo è il motivo per cui oggi sono contento di essere con voi”. Ricordo quella serata come una tra le più intense della mia esperienza artistica”.
L’impegno assunto davanti all’Arcivescovo di Monreale si rivelò ben presto di notevole impegno e richiese molto più tempo del previsto. Il maestro Cesena era reduce da una importante performance intitolata “Armonie Giottesche”, un’opera ispirata agli affreschi di Giotto della Cappella degli Scrovegni a Padova. Fu anche in quella circostanza una prima mondiale, ma l’impegno monrealese si presentava particolarmente impegnativo, per il luogo innanzitutto, per la sua storia e per le aspettative che aveva da subito prodotto. Cesena decise quindi di iniziare a studiare i testi e i video che mons. Gaglio gli fornì subito con l’impegno a tornare il più presto possibile.
Ecco il ricordo dei primi mesi di lavoro: “Mi misi sul serio a studiare, come non facevo da tempo. Vidi e rividi più volte i DVD che mi erano stati forniti e cominciai quell’opera di immedesimazione con quel luogo che non sapevo ancora cosa avrebbe prodotto prima nella mia anima e poi nella mia inventiva di compositore. Quando tornai a Monreale, non iniziai un confronto artistico o culturale con mons. Gaglio, ma decisi di trascorre con lui in quella splendida Chiesa, il maggior tempo possibile. Partecipai alla Messa feriale, al Santo Rosario, ad una processione che si svolse casualmente. Poi una sera chiesi di rimanere alcune ore da solo dopo la chiusura per farmi interrogare dai mosaici”.
Il progetto artistico nel frattempo cominciava a prendere forma. Il regista Alessandro Spinnato, che già aveva svolto similari iniziative nella basilica e da anni lavorava in Rai fu coinvolto nella proposta e cominciò ad elaborare un percorso visivo che poi avrebbe accompagnato le musiche prodotte. Nel frattempo Cesena tra un viaggio e l’altro in America, in Brasile per salutare gli anziani genitori e il resto della numerosa parentela, iniziava a comporre i primi pezzi, primo fra tutti quello che avrebbe aperto il concerto che non a caso si sarebbe chiamato: “Ianua coeli”.
Ricorda così l’inizio di quella esperienza: “Quella decisiva visita al Duomo di Monreale accadde verso la conclusione dell’anno della Misericordia voluto da papa Francesco. Rimasi colpito dalla foto che ritraeva l’Arcivescovo che apriva la porta della Basilica, la grande porta in bronzo di Bonanno da Pisa del 1186 che riporta 42 formelle che illustrano episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento. Chiesi di vederla da vicino e compresi subito che bisognava iniziare da lì, dalla porta non perché apre la Basilica ma perché è quella che porta in cielo. E che subito dopo occorreva una composizione che spiegasse il senso e il motivo della creazione: così composi il secondo brano “In principio”.
I mosaici del Duomo di Monreale illustrano scene del Vecchio e del Nuovo Testamento, dalla creazione del mondo, riportata nella locandina del concerto, fino all’immagine del Cristo Pantocratore dell’abside. È stato più volte definito un catechismo per i poveri, per quelli che non sapevano leggere, ma forse è ancora di più: è il compendio della fede e dell’esperienza cristiana e della Chiesa che si è tramandata fino a noi. Tutto ciò andava tradotto in musica con un percorso che poteva essere di ordine strettamente storico, oppure tematico-contenutistico.
Come fare a realizzate tutto ciò? Riprende il racconto: “La metodologia da utilizzare fu il primo grande ostacolo da affrontare. All’inizio mi sembrava più logico e facile scegliere gli avvenimenti più significativi dei mosaici e poi su questi comporre le musiche. Ma andando avanti mi accorsi che non ero di fronte alle immagini di un libro di storia, ma a un libro di teologia illustrato per immagini. Ero di fronte alla storia della salvezza di ogni uomo e quindi anche della mia. Occorreva ribaltare il punto di vista. E così piuttosto che commentare i mosaici mi sono fatto interrogare da loro, chiedendomi volta per volta cosa la singola immagine, il singolo avvenimento descritto, il singolo personaggio chiedesse alla mia persona e alla mia anima. Fino a quel momento avevo composto molte musiche per commentare avvenimenti della vita umana (nascite, matrimoni, ecc.), ma adesso non potevo fermarmi al commento dell’avvenimento. Era l’avvenimento che doveva entrare in me e dettare il commento. Iniziò una lunga fase di purificazione per tentare di adeguare la mia persona alla richiesta che mi chiedeva Dio attraverso quella circostanza”.
Nel frattempo una complessa e articolata macchina organizzativa si era messa in moto. La proiezione multi mediale richiedeva uno staff di addetti alla registrazione, alle luci, al suono ed una regia in grado non appena di registrare l’evento, ma di porre le condizioni per un ulteriore prodotto multimediale in grado di far conoscere al mondo intero cosa sono in grado di generare quei mosaici a distanza di mille anni. Né è da meno l’aspetto della comunicazione perché si tratta di un evento di rilievo internazionale che tuttavia si svolge in un luogo distante e diverso dai grandi teatri e dalle grandi capitali.
La fine della storia fino ad ora: “Con questa nuova e più profonda consapevolezza ho proseguito a comporre musiche riferite a scene bibliche, anche per facilitare la comprensione del pubblico, ma che avessero interrogato innanzitutto me. In questo percorso, quasi un’ascesi, i confronti con mons. Gaglio e quando potevo con mons. Pennisi, erano un motivo per andare più al fondo dell’intera questione. Non parlavamo mai dei brani che via via componevo, ma della mia fatica a comprendere il messaggio, la richiesta che mi veniva attraverso quella proposta fattami ben due anni prima. L’ultimo incontro con mons. Gaglio fu a pranzo. Dovevo comporre ancora l’ultimo pezzo, quello conclusivo, quello dedicato al Cristo Pantocratore. Dopo il pranzo chiesi di rimanere nel tempio durante l’ora di chiusura. Guardando e pregando, facendomi seguire da quello sguardo che sembra non dare scampo a nessuno, mi vennero in mente due parole: paternità e tenerezza. Era, forse, l’indicazione che cercavo. Fare l’incontro col Padre attraverso la tenerezza che mostra ai suoi figli. Meglio ancora comprendere e spiegare la benevolenza che attraverso la Sua paternità il Signore ha avuto verso di me, intessuta di tutti i momenti di tenerezza che ha manifestato in questi anni (ormai mi avvicino ai 50). Ho lavorato settimane su quest’ultima composizione. Mia auguro che la fatica che ci ho messo sia compresa e ripagata da quanti il 20 dicembre verranno non appena ad ascoltare la mia musica, ma a condividere un pezzo del percorso della vita che tutti dobbiamo compiere. L’ascesi verso l’incontro definitivo col Padre che sta nei cieli”.