Il senso delle cose ne rivela l’essenza, la qualità, la ragione. È solo quando capiamo dove andare che scegliamo strade e compagni di viaggio. E le strade, spesso irte e faticose, si trasformano nelle sfide più avvincenti e gratificanti; e i compagni di viaggio in compagni di vita.
Ne sanno qualcosa i ragazzi della compagnia teatrale del Don Bosco Ranchibile Volti dal Kaos che mercoledì 15 si sono esibiti presso il Teatro Politeama di Palermo, sold out e alla presenza dell’Arcivescovo Lorefice (in foto) con la loro ultima rappresentazione: “Crepe di libertà, il miracolo e la rivelazione”. Ne sanno qualcosa i loro maestri, Myriam Leone e Gianpaolo Bellanca: docenti, educatori, genitori che conoscono e sanno intrecciare i valori della famiglia, dello studio, della fatica e che, vuoi o non vuoi, ti portano al successo. Ne sanno qualcosa tutti i loro collaboratori, quelli che sanno curare in maniera impeccabile i dettagli, perché è lì che emerge la differenza fra un buon prodotto e il top.
Mercoledì la compagnia teatrale si è raccontata alla città abitandone il cuore, un luogo rivelatore, centro e snodo urbano, punto di riferimento per ogni abitante. E si sono raccontati secondo la forma a loro più congeniale: il linguaggio acceso ed emozionante di un teatro che contamina tragedie classiche con opere moderne e contemporanee: nella fattispecie le Baccanti di Euripide, Leggere Lolita a Teheran di Nafisi e La leggenda del Grande Inquisitore tratta da I fratelli Karamazov di Dostoevskij. Un copione semplicemente emozionante, dove il tema della libertà e della tolleranza religiosa sono il filo rosso che unisce tutte le scene. Una cura estetica minuziosa che dà il meglio di sé quando trasforma la tragedia in musical ambientato negli anni Venti senza farne perdere i toni originari.
Una vicenda che apre il cuore a domande scomode: chi è l’altro per me? Fino a che punto sono disposto ad accoglierlo? Quanto sono disponibile a compromettermi? Quanto mi costa uscire dalle certezze dell’individualismo, ammesso che di certezze si possa parlare?
Forse il nostro non è più il tempo delle domande, forse è il tempo delle risposte, dell’autodifesa, della corsa al mediocre, al ‘così fan tutti’ perché, in fondo, la penombra ci fa comodo. Ma in questo tempo di mezze verità la voce di giovani artisti si erge con forza dal palco perché risuoni metaforicamente in una città che ha sempre bisogno di stare sveglia perché storicamente in sofferenza.
Agli autori il merito di aver onorato la letteratura, riconoscendole, ancora oggi, un ruolo guida nel percorso di autoconoscenza; a chi è stato dietro le quinte, nei camerini a truccare, a preparare scenografie e coreografie, il riconoscimento di un lavoro superlativo e fuori dal comune; ai ragazzi della compagnia, molti dei quali ho seguito o seguo ancora con fierezza nell’esperienza scolastica, il grazie di chi sa che attraverso le vostre voci può, ogni giorno, gustare la bellezza impareggiabile di essere un uomo libero, amabile e amato.