Ciro Spataro, Garibaldi a Marineo con il Diario di Antonino Salerno (1848-1882), Isspe, Palermo 2010
(6 novembre 2012) – Il Risorgimento a Marineo in due libri recenti. La biblioteca del Risorgimento si arricchisce con due nuovi volumi che indagano sui passaggi fondamentali della questione unitaria in Sicilia. Le indagini si svolgono in una vivace cittadina della provincia di Palermo, Marineo, ad opera di due attenti e appassionati studiosi: Ciro Spataro e Aldo Calderone. Il primo ha dato alle stampe Garibaldi a Marineo con il Diario di Antonino Salerno (Isspe, Palermo 2010); l’altro ha pubblicato Il 1800 secolo maledetto per Marineo (Provincia Regionale di Palermo, Palermo 2012). Spataro segue le tracce lasciate a Marineo da Garibaldi durante la rivoluzionaria impresa del 1860; Calderone analizza i fatti sanguinosi che accaddero a Marineo durante le rivoluzioni del 1820, del 1837, del 1848.
Pur soffermandosi sui risvolti locali delle grandi rivoluzioni che sconvolsero l’Ottocento italiano ed europeo, i due libri colgono i significati nascosti tra le pieghe delle vicende risorgimentali. Ne vengono fuori notizie, stimoli e sollecitazioni che consentono di interpretare in maniera meno passiva e più consapevole il Risorgimento in Sicilia; la storia locale, del resto, aiuta non poco a capire i problemi legati all’interpretazione della storia globale.
I due libri presentano il Risorgimento come problema storico e non come racconto epico. E se Spataro sottolinea le conseguenze politiche della stupefacente impresa militare garibaldina, Calderone evidenzia il ruolo avuto dalle classi dirigenti locali nel movimento rivoluzionario.
Il punto di forza del volume di Spataro è dato dalle vicende del marinese Antonino Salerno, rivoluzionario nel '48 e garibaldino nel '60. Spataro documenta che Antonino Salerno fu tra coloro che dissero no a Garibaldi nel 1862 quando il Generale tornò in Sicilia per organizzare la famosa spedizione per la liberazione di Roma drammaticamente fermata in Aspromonte dal Regio Esercito. Cosa c’era dietro quel gran rifiuto? L'amarezza e la delusione per gli esiti dell’unificazione: il centralismo, l’oppressione fiscale, la piemontesizzazione. Il no di Salerno è il no del Risorgimento tradito, del Risorgimento dei vinti: le masse contadine, il ceto medio, il basso clero che avevano sperato nel 1860 di cominciare una nuova storia. La delusione letteraria del Pirandello, del De Roberto, del Tomasi di Lampedusa trova una conferma storica nel gesto di questo marinese deluso.
Calderone, invece, dimostra come la classe dirigente di Marineo, aristocratica e borghese, abbia sfruttato le grandi tensioni ideali e morali delle rivoluzioni e le speranze del proletariato bracciantile e del ceto medio per egoistici interessi di potere nella città. Calderone recupera dagli archivi le carte che ricostruiscono le faide tra le più ricche famiglie marinesi camuffate da scontro politico. Quali conseguenze trarre dalla storia narrata da Calderone? Che in Sicilia non abbiamo avuto una aristocrazia veramente conservatrice e una borghesia veramente rivoluzionaria e questa mancanza ha influito sugli esiti risorgimentali.
Vi è, infine, un personaggio che compare nei due libri; un protagonista della vita politica e religiosa di Marineo: don Giuseppe Calderone. Una figura autentica di prete rivoluzionario, giobertiano, popolare, protagonista nel 1848 e nel 1860; un protagonista del Risorgimento a Marineo attraverso la cui storia è possibile riscoprire il senso della partecipazione dei tanti cattolici, laici e non, al Risorgimento siciliano e italiano. Potrebbe essere l’argomento di un nuovo libro sul Risorgimento a Marineo.