(8 agosto 2013) – Si deve a Rodo Santoro la sensazionale notizia di un particolarissimo incontro ravvicinato avvenuto a Palazzo dei Normanni, subito dopo la caduta del fascismo e l’ingresso degli americani a Palermo, tra il Generale Patton e un Mussolini ancora in camicia nera. Il Mussolini protagonista di quest’avvenimento rimasto per lungo tempo segreto non è, naturalmente, il Duce in carne e ossa ma un suo ritratto eseguito dall’artista Leo Castro. Novecentista nel periodo compreso tra le due guerre mondiali, massimo esponente del verismo poetico nel secondo dopoguerra, Castro aveva ritratto Mussolini in posa rivoluzionaria: la camicia e la cravatta nera del fascismo ancora “diciannovista”; senza divisa, orpelli e berretti addosso; la testa ancora ricoperta da una velata capigliatura e il viso ancora giovane ma già segnato dalle labbra pronunciate e serrate sotto uno sguardo severo.
L’esistenza di quest’opera, finita la guerra, era stata dimenticata fino a quando la lettera di un critico d’arte americano alla ricerca di notizie su Leo Castro, giunta all’Archivio di Stato di Palermo dagli Stati Uniti, non la fece rivivere. Fu allora, nel 1997, che Rodo Santoro, chiamato a occuparsi del caso, ricostruì le avventurose vicende di questo particolarissimo quadro.
Il dipinto era in origine parte integrante dell’arredo del Palazzo delle Poste Centrali di Palermo; in seguito fu trasferito a Palazzo dei Normanni; da qui, il generale Patton dispose che fosse inviato negli Stati Uniti.
I motivi che spinsero l’alto ufficiale americano a impossessarsi del ritratto di Mussolini sono ancora oggi ignoti: spiegazioni psicologiche che poggiano su una presunta ammirazione di Patton per il Duce sono poco convincenti; motivazioni storiche che indugiano sul controverso rapporto tra il fascismo e gli Stati Uniti appaiono inconsistenti.
Santoro è riuscito a stabilire che la data del trasferimento in America fu quella del 27 luglio 1943, quando Mussolini era ormai prigioniero del nuovo governo italiano che non aveva ancora firmato l’armistizio con gli Alleati. È, questo, il periodo in cui matura in campo angloamericano una certa curiosità per la personalità di Benito Mussolini; un interesse per l’uomo, per la sua parabola culturale e storica decontestualizzata dall’esperienza fascista. Ora che Mussolini non era più il Duce dell’Italia fascista, forse gli americani cercavano di conoscere l’uomo Mussolini che più degli altri aveva tentato di attribuire un significato politico all’immane catastrofe che si era dispiegata nel pianeta; non a caso gli americani, nelle trattative che terminarono con l’armistizio dell’8 settembre, avevano chiesto e ottenuto una clausola che prevedeva la consegna del Duce ai nuovi alleati dell’Italia. Del resto, dopo Giolitti, Mussolini non era forse l’unico uomo politico italiano che, con Vittorio Emanuele III, era stato il protagonista della vita politica italiana dal 1912 (quando era ancora uno dei principali leader del socialismo italiano) in poi?
(Foto - Libera Università "Tito Marrone" di Trapani)