(10 dicembre 2015) – Mercoledì 9 dicembre 2015 l’Arcivescovo di Monreale mons. Michele Pennisi si è recato in visita ai detenuti del Carcere dell’Ucciardone a Palermo. L'iniziativa rientrava nella Giornata del Perdono e della Misericordia, promossa, oltre che dalla Diocesi monrealese, dal Parlamento della Legalità Internazionale Multietnico, presieduto dal professor Nicolò Mannino e dal vice Salvo Sardisco. Ha partecipato alla visita una delegazione di studenti dell'Istituto "Ferrara" di Palermo. Tra di loro anche una giovane mussulmana ed una ragazza di religione indù, per testimoniare come i valori della pace e del perdono vadano oltre gli steccati ideologici e religiosi.
I giovani sono stati accolti dalla direttrice Rita Barbera, dal magistrato di sorveglianza, Pietro Cavarretta, dal comandante ed il vicecomandante della polizia penitenziaria, Michelangelo Aiello e Mariateresa Gallo e dal cappellano del carcere, il frate cappuccino, fra Carmelo Torino Saia.
Prima di recarsi nella sala teatro i giovani hanno visitato alcune strutture della casa di detenzione, tra cui lo spazio verde che viene messo a disposizione dei genitori per incontrare i loro bambini in un ambiente protetto e senza sbarre. Nel corso della visita diversi detenuti, impossibilitati a prendere parte al momento di riflessione e di preghiera, hanno chiesto all'arcivescovo Michele Pennisi una parola di conforto ed una benedizione, che ha rivolto loro pur nella particolarità del luogo.
Nella sala teatro si è svolto l’incontro secondo le modalità a suo tempo concordate. Ha parlato per prima la direttrice, poi il vicepresidente Salvo Sardisco, che ha spiegato la natura della iniziativa, volta ad esprimere vicinanza umana ai detenuti ed alle loro famiglie. E successivamente il professor Mannino che ha rimarcato la portata interconfessionale e interreligiosa dell'azione svolta dal Parlamento della Legalità Internazionale nelle carceri italiane.
Nel suo intervento per prima cosa mons. Pennisi ha spiegato il motivo della sua visita: "Sono stato per undici anni vescovo della diocesi di Piazza Armerina dove c’erano tre carceri ad Enna, a Piazza e a Gela, che visitavo diverse volte l’anno. Da più di due anni sono vescovo della diocesi di Monreale dove non c’è nessuna casa di reclusione: per questo mi mancava il contatto con voi carcerati, che ho trovato tra le persone più disponibili ad ascoltarmi ed incontrarmi. Perciò ho sentito il bisogno di venire fin qui assieme ai membri del Parlamento della Legalità dopo aver informato il nuovo arcivescovo di Palermo don Corrado Lorefice, che è venuto a celebrare la prima Messa fra di voi”.
Poi è passato a spiegare le condizioni alle quali anche i detenuti possono ottenere l'indulgenza legata al Giubileo della Misericordia. “Il Giubileo - ha detto - è un anno per riflettere su cosa è la misericordia e per metterla in pratica. Per l’Antico Testamento il nucleo del giubileo è dunque una profonda, dettagliata, periodica revisione delle relazioni all’interno del popolo d’Israele all’interno di una visione di giustizia e riconciliazione”.
Ha detto, quindi, come papa Francesco abbia voluto caratterizzare l'Anno Santo della Misericordia con una speciale attenzione per chi vive dietro le sbarre. “Il Papa - ha proseguito il presule - pensando ai carcerati ha ricordato che «il Giubileo ha sempre costituito l'opportunità di una grande amnistia», per tante persone che, «pur meritevoli di pena, hanno tuttavia preso coscienza dell'ingiustizia compiuta e desiderano sinceramente inserirsi di nuovo nella società». «A tutti costoro - è sempre il papa che scrive - giunga concretamente la misericordia del Padre che vuole stare vicino a chi ha più bisogno del suo perdono. Nelle cappelle delle carceri potranno ottenere l'indulgenza, e ogni volta che passeranno per la porta della loro cella, rivolgendo il pensiero e la preghiera al Padre, possa questo gesto significare per loro il passaggio della Porta Santa, perché la misericordia di Dio, capace di trasformare i cuori, è anche in grado di trasformare le sbarre in esperienza di libertà». Questo suo messaggio è esplicitamente anche per voi”.
Mons. Pennisi ha poi rivolto delle accorate parole alle persone dei presenti e alla condizione in cui vivono. “Vengo a dirvi - ha proseguito - che Dio vi ama, e desidera che percorriate un cammino di riabilitazione e di perdono, di verità e di giustizia, per sperimentare la misericordia di Dio che Gesù Cristo è venuto a portare nel mondo”.
Non è mancato un riferimento di carattere più sociale. “Una società - ha aggiunto - si qualifica per come sa educare, aiutare, amare, riabilitare, far sentire ciascuna persona degna di essere amata e di essere promossa nella vita sociale. Vorrei che ciascuno di voi si sentisse amato, valorizzato, stimato, non ostante gli errori che ha commesso per il bene che può fare. Vorrei potermi mettere in ascolto della vicenda personale di ciascuno. Ciò che non posso fare io, lo possono il Cappellano e gli altri volontari, che sono accanto a voi a nome di Cristo. A loro va il mio saluto cordiale e il mio incoraggiamento”.
L’ultimo appello è stato rivolto alla coscienza di ognuno dei presenti: “Dio ci fa grazia ed usa misericordia, ma richiede il cambiamento della nostra vita. La conversione del cuore che ci chiede Gesù è una sterzata verso l'amore e la giustizia, che sono i pilastri della pace, cioè della tranquillità nell'ordine. La pena dentro la prigione ha senso se, mentre afferma le esigenze della giustizia e scoraggia il crimine, serve al rinnovamento dell'uomo, offrendo a chi ha sbagliato una possibilità di riflettere e cambiare vita, per reinserirsi a pieno titolo nella società. Il carcere è chiamato a diventare luogo di vera umanità”.
Prima di congedarsi ha poi aggiunto: “Lasciate che io vi chieda di tendere con tutte le vostre forze ad una vita nuova, nell'incontro con Cristo. Di questo vostro cammino non potrà che gioire l'intera società. Nel congedarmi da voi, cari fratelli, desidero rinnovarvi il mio saluto, che estendo anche ai vostri familiari. So bene che ognuno di voi vive guardando al giorno in cui, espiata la pena, potrà riacquistare la libertà e tornare nella propria famiglia. Auguro a ciascuno di voi di fare in questo Anno Santo esperienza dell'amore liberante di Dio Padre ricco di misericordia”.