Gangi. La Lectura Dantis di Mimmo Minà


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(28 dicembre 2012) – La kermesse delle attività natalizie nel paesino madonita di Gangi ha preso il via sabato 22 dicembre con la sagace intuizione della FIDAPA che ha invitato Mimmo Minà a portare la sua Lectura Dantis. Spettacolo dopo spettacolo, ormai Mimmo Minà è diventato un brand che assicura alla platea un’ora di cui non pentirsi, anzi, tutt’altro: tra il pubblico non è stato affatto difficile trovare chi fosse già stato ad un precedente spettacolo dell’artista, proprio perché chi ha assistito una volta, non può non tornare, visto il talento a cui si assiste.

Nonostante il freddo pungente, la serata ha visto riempirsi la capiente Chiesa Madre di San Nicolò per lo spettacolo dal titolo “L’amore, la conoscenza, la fede”. Dopo il discorso di presentazione della serata tenuto dalla professoressa Orlando, attuale presidente della FIDAPA, in cui è stato introdotto Mimmo Minà ed è stata fatta una breve prefazione per sintetizzare i Canti della Divina Commedia che sarebbero, poi, stati recitati, ha preso la parola Mimmo Minà.

Chi è Mimmo Minà? Banchiere di giorno, artista di sera. La sua sete di conoscenza lo ha portato ad essere un uomo eclettico, un cercatore di verità, una persona abituata a non fermarsi davanti al contingente, volto a seguire una spinta che lo portasse costantemente oltre alcuni limiti che la quotidianità vorrebbe imporre. Così, animato di fervore letterario e di credo cristiano (chiavi con cui interpreta il mondo), passando dall’immagine di un giovane Minà che nascondeva Pirandello sotto il libro di Diritto Costituzionale, lo ritroviamo, ora adulto, a condurre – solo o affiancato dall’associazione Paideia – serate dove in compagnia di Aristotele, Platone, Sant’Agostino, Dostoevskij, Dante ed altri grandi del pensiero e della letteratura universale, Minà condivide con il pubblico un percorso che incide nella mente e nell’animo, tale che l’uditorio spesso percepisce cogente il prurito culturale che continua a recare ricerche ad altra ricerca. Per voler sintetizzare, Minà è l’uomo che avendo visto, testimonia e invita a vedere. Non per puro gusto estetico soltanto, infatti, tiene ogni suo spettacolo.

Nella fattispecie della serata gangitana, Minà ha mostrato un sentiero attraversando la Divina Commedia: ha portato in scena i Canti V, XXVI e XXXIII dell’Inferno e il XXXIII del Paradiso. E qui capiamo che ogni quadro ha la sua cornice. Poiché, appunto, il contenuto dell’opera è notevole, la cornice con cui viene presentata non è secondaria e non passa inosservata. Presenta con un’altezza simile il quadro che contiene. Ogni quadro, dice qualcuno, attende la cornice che merita. A questo punto, Minà, fisicamente sulla parte sinistra del palco, offre all’uditorio la sua maestria, una docilità di maestro quasi virgiliana, accessibile a giovanissimi e adulti con identica versatile comunicabilità. Arriva a tutti la Divina Commedia sintetizzata da Mimmo Minà. Sullo sfondo, le incisioni di Gustave Doré e in scena, lui, la fidata guida. Proprio come nella prima preadolescenza, per andare in bicicletta e tenere l’equilibrio ci venivano tolte prima una rotella, poi l’altra ma, ancora titubanti, avevamo il conforto della mano sul sellino del nostro genitore, così ci rassicura Mimmo Minà: ad un certo punto ti senti trasportato. Lui, però, dietro non c’è. Discreto, ti da fiducia. E sei sospeso ma autonomo, perché la sua mano ti ha guidato e sorretto finché non ha poi capito che potevi andare da solo e da solo, vai senza accorgertene. Questa è la bravura di chi ti parla, ti tiene desto e non ti lascia vagare per altre vie e ti incanta premuroso, incatenandoti al contenuto delle parole pronunciate. Minà sintetizza la Divina Commedia senza oscurità, né grossi salti concettuali improponibili o banali lacune tematiche. Lavoro non da poco, data pure l’esiguità del tempo a disposizione.

Gradualmente, Minà mette in chiaro le condizioni in cui viene scritta la Commedia, evidenzia i punti che portano al quinto Canto, riassume le tre Cantiche in “conoscenza del peccato, l’Inferno; espiazione dello stesso, il Purgatorio; amplificazione della conoscenza, il Paradiso”. Giunge, a questo punto, al Canto di Paolo e Francesca. L’artista si sposta dalla sinistra alla destra del palco e passa da maestro a voce. Riesce a trasmettere la polifonia delle voci dei protagonisti, rapisce, tiene in attesa di ogni sua parola, come in una anabasi sonora scivola dentro il personaggio e rende vivi, presenti, i due amanti nel loro oltremodo famoso dialogo con Dante. I pochi che non avevano ancora assistito ad una performance di Mimmo Minà, al verso finale del Canto “E caddi come corpo morto cade”, saranno poi i primi ad esplodere in un fragoroso applauso storditi dall’espressionismo trascinante di quell’attore. L’amore rappresentato dalle parole di Francesca è visto con lo sguardo della compassione, della compartecipazione a quel dramma umano in cui la passione è stata interrotta in vita e continua infine nella condivisione del patire, nell’aldilà. Unica ammissione per i due amanti, l’eccezione di essersi ritrovati pure dopo la morte.

Continuando nello schema sinistra-maestro, destra-voce, Minà procede, in seguito, a dar vita all’Ulisse del XXVI Canto dell’Inferno, che proprio per le ragioni indicate sopra nel tratteggio di Mimmo Minà, a mio modo di vedere, rappresenta appunto l’antiMinà. Confrontarsi con l’alterità, osservarsi in uno specchio deforme, rende più fedeltà a chi siamo. Arricchirsi con l’aggettivo “folle”, marca ancor più come il nostro volo differisce da quello degli altri: quello da noi condotto verso la conoscenza avrà un carattere più sapienziale dopo aver assistito alla fine di Ulisse, non sprofonderemo, novelli Icaro (o peggio Lucifero) nel vortice che è toccato alla compagnia di gregari dell’eroe di Itaca. Il nostro non è un ritorno, sarà – secondo l’altro elemento indicatoci da Dante, per metterci in guardia – accompagnato dalla virtù.

Il Canto indicato dall’artista come quello con maggiore “carattere teatrale, dalla pregnanza drammatico-tetrale” è il XXXIII dell’Inferno. Minà si cimenta nel conte Ugolino e rende vivido il suo leitmotiv artistico: entrare nelle parole. Minà sceglie lo strumento-teatro per approfondire maggiormente le sue letture. La parola ripetuta, quasi meditata, scandita, ascoltata, riascoltata, edita con sonorità ogni volta più profonde e calzanti è per l’autore di queste serate il naturale esito del suo studio. Non potrebbe essere altrimenti: Minà gusta le parole e le offre ai suoi invitati. C’è un piacere addirittura fisico nel trionfo del suono che riecheggia nella Chiesa Madre di Gangi quando Mimmo declama la narrazione che il conte fa dei suoi ultimi giorni mortali, circondato dallo strazio di veder morire i propri figli. Il gusto (qui contrappasso positivo) delle parole entra nelle nostre percezioni sensoriali trasversalmente: orecchie e bocca (aperta). Minà toglie gli occhiali in un rito di trasformazione e a memoria recita le terzine dantesche con un’enfasi senza pari. Dichiarerà, infine a spettacolo concluso, “per me il teatro è entrare nelle parole”, evidente nel suo sfumarle con la giusta tonalità, adattandole di volte in volta a seconda del personaggio a cui presta la voce e le movenze. Chiosa il Canto, offrendo l’interpretazione sovraletteraria tipica del lettore critico e non corpo morto: il conte in un traviato immaginario collettivo, eccessivamente scolastico probabilmente, s’è cibato dei suoi figli per sopravvivere ancora ed oltre a vederli morire, questa nota macabra gli conferisce ancora più rabbia nei confronti del vescovo colpevole di questa pena; Minà, tuttavia, legge nel verso “Poscia, più che ’l dolor, potè ’l digiuno” la lezione del De Sanctis concorde alla morte del conte successiva a quella dei figli, senza episodi di cannibalismo forse imputatigli per la pena che sconta nell’Inferno. Ci piace pensare che il conte non abbia fatto altro che seguire la sorte dei figli.

Concludendo, l’artista recita l’ultimo del Paradiso. In questo modo, traccia la linea curva di congiungimento del suo circolare discorso, approdando alla fede. La Cantica del Paradiso da Minà viene definita come quella in cui “tutto è astrattezza”. Non un’astrattezza pulviscolare ed evanescente, bensì un’eterea inafferrabile aura di divinità. La luce avvolge le parole dell’artista già sin dai versi iniziali del Canto: “Vergine Madre, figlia del tuo figlio,/umile e alta più che creatura…” e un brivido s’impadronisce della pelle, con la collaterale eco dell’acustica della Chiesa, tra le cui colonne, risuona Dante attraverso un sapiente lettore, voce che si perde nei secoli di quelle mura, che si ritrova nel dipinto del Giudizio Universale nell’abside, voce che suddivide il Canto portandolo alle orecchie dei presenti come suddiviso in due parti. La prima parte, Minà la chiama “assolo di San Bernardo”, dove a sua volta è possibile fare ancora una suddivisione: “la preghiera è divisibile per due: la prima parte una lode e la seconda è una richiesta, una intercessione”. La seconda parte del Canto, l’artista la descrive con queste parole “sinfonia, colori, luci, bellezza, intelligenza”. Un movimento accompagna tutta la Cantica, movimento espresso dal verso che apre e da quello che chiude la Cantica. Questo movimento noi lo incastoniamo in un’altra parola: incontro. È quello che accade tra Dante e Beatrice, ma anche quello durante lo scambio di vite che succede quando due persone incrociano i loro percorsi e tentando di arricchirsi spiritualmente e intellettualmente, ampliano le loro riflessioni e il loro modo di vedere la vita.

Minà è un solista immaginario. In scena si presenta solo ma dietro ha un patrimonio che ha dovuto conquistare in precedenza, per possederlo. A prescindere dal suo prezioso figlio Paolo, con lui oltre una Presenza non indifferente, c’è un intangibile ma presente Franz Liszt e la sua opera che fa da sottofondo alla Divina Commedia interpretata da Mimmo Minà.

 


 


SPETTACOLI –  Gangi. Mimmo Minà legge Dante Alighieri. Le immagini documentano alcuni passaggi della serata dedicata alla Divina Commedia che si è tenuta nella Chiesa Madre di San Nicolò a Gangi.– Sicily Present (ph. fb)


 

 

 

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