Aprire una finestra significa scoprire un mondo, creare una mediazione, far cambiare aria. Ogni giorno è un giorno nuovo e pur se dietro quelle imposte chiuse sai bene che non sarà cambiato molto, in realtà nell’aprirle provi sempre il brivido della speranza: quella di trovare davanti a te qualcosa di migliore rispetto a quanto avevi sigillato, la sera precedente, con quella finestra. Non sempre è così ma nell’arte, nel sogno dell’arte è possibile.
Aprire una finestra è, ancora, iniziare un viaggio nell’intimo: oltrepassare i muri, fisici e non, di un habitus, di quel qualcosa che copre, che protegge ciò che vive dentro e… contemplarlo.
Fare arte, per me, è da sempre aprire una finestra sul mio mondo interiore. Quando dipingo un paesaggio è raro che inizi soltanto dallo studio di un’immagine a me estranea, per emulare quanto un obiettivo abbia potuto immortalare. Servirmi esclusivamente di ciò che mi possa suggerire l’oculo di una macchina significherebbe per me, anziché aprire una finestra, chiudere una tenda, mettere un filtro. Nella mia esperienza dipingere un paesaggio è come un ritorno: quanto ho visto (dopo averlo sentito, respirato, amato) lo custodisco nel mio intimo e poi, liberamente, mi risale dentro in un percorso a ritroso che dal cuore si riaffaccia a quelle due stesse finestre privilegiate attraverso cui l’ho contemplato: i miei occhi. Due finestre nobili, come quelle del primo piano, nobile appunto, di tanti palazzi dei nostri bei centri storici. È così che, di solito, comincio un dipinto. Ed è così che cominciai a dipingere circa venti anni fa, ancora ragazzino.
Oggi mi sembra di sentire con consapevolezza quanto già inconsciamente iniziavo a fare allora. E poi prenderci gusto è stato facile. I paesaggi (come dice chi mi vuol bene) sono nelle mie corde! Da un tramonto rosso vivo a un meriggio dorato, attraverso le luci genuine di un’aurora, ogni momento della serena corsa del sole sulla terra è gravido di ispirazione. La mia finestra dell’anima, in questi miei trent’anni, l’ho spesso aperta sul paesaggio che dalla costa di Cefalù arriva alle cime delle Madonie, in quel parco di natura e di bellezza in cui, dal mare alla montagna, si incastonano i suoi vari comuni. Da Isnello a Castelbuono, da Piano Battaglia a Capo Aranciotto, questo territorio, con le sue valli, i suoi sentieri, i suoi campanili e centri abitati è diventato per me un paesaggio dell’anima, un’eco visiva della bellezza che cerco con la mia arte. Ogni albero, collina, sentiero diventa occasione per uno studio interiore che sfocia, poi, naturalmente, nelle mie opere. Ritrarre un paesaggio è come ritrarre la storia di una parte dell’umanità. Ogni segno è figlio di un evento: a prima vista può sembrare adottato dalla casualità, ma in realtà è esso stesso anello di quella catena che trasmigra nel tempo i geni di una cultura, di un popolo.
Dalle montagne al mare di questa bella parte di costa occidentale della Sicilia, tutte le sfumature sono accordate in quell’azzurro del cielo che non è dettato solo dall’atmosfera. È l’azzurro di quella ricerca che ogni uomo va sentendo formicolare sotto la propria pelle: «a che vale/ al pastor la sua vita,/ la vostra vita a voi?» (G. Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia). E poi, nell’azzurro, le nubi, le cui forme generano nella mente di chi le contempla altre forme a lui congeniali: veli leggeri che sfiorano, accarezzandole, le colline dalle gentili curve che, a loro volta, conducono lo sguardo all’orizzonte. Tra cielo e terra, infine, gli alberi, in tutta la creazione esempio efficace di preghiera: silenzio che genera dalla terra al cielo. E porta frutto! Quei frutti che in autunno, talvolta, dipingo esposti come un trofeo sul davanzale della mia finestra che, aperta sul mondo, ancora una volta mi donerà nuove suggestioni.
ARTE - La mia finestra sulle Madonie
Pubblichiamo una rassegna di immagini attraverso le quali si possono cogliere le dimensioni pittoriche che caratterizzano la cifra artistica di Sergio Marino.
– Sicily Present
Copyright © Photo – Courtesy of Sergio Marino