(28 febbraio 2015) – Dante all’alberghiero. Il collegio docenti sancisce la conclusione del primo quadrimestre dell’anno scolastico. Il tappeto rosso delle insufficienze proiettato sullo schermo gigante della classe in cui si sono svolti gli scrutini, appena trapuntato da qualche luce verde a segnalare sparute positività, è ancora bene impresso nella me memoria di noi insegnanti.
Il preside invita tutti a mettersi in discussione. Si apre il dibattito: sportelli e pause didattiche; l’annosa ricerca di un corretto rapporto tra contenuti e competenze, di un giusto equilibrio tra aspettative dell’insegnante e la reale situazione dei ragazzi, la necessità di non rimandare l’invito a rinnovare la metodologia di insegnamento in funzione delle “nuove generazioni digitalizzate”. Tutto giusto e da mettere in atto ora!
A me, però, torna insistentemente alla memoria la faccia di un mio alunno, giunto al quinto anno dell’Istituto Alberghiero insignito di tutte le onorificenze che spettano a quanti vincono durante l’estate la guerra che ribalta l’esito delle battaglie perse durante l’anno. Compresa la mia materia, naturalmente. Quattro anni su quattro: debito da recuperare!
Senonché, durante l’ultima lezione di inglese, interrompendo come al solito a sproposito la discussione con un’associazione di idee da sconcertare persino Joyce, tira fuori l’”amore platonico di Dante per Beatrice”. Rimango basito (perbacco!) e facendomi schermo dell’ironia chiedo spiegazioni. E così apprendo che il motivo del suo interesse ha il fascino, l’umorismo e la profondità di Roberto Benigni.
Durante un’ora di lezione la prof di Italiano aveva fatto vedere alla classe un Canto della Divina Commedia commentato dall’attore toscano. «Già in quella occasione – racconta il mio alunno – mi aveva colpito il modo in cui Dante parla della sua donna». E poi è accaduto l’imprevedibile: si è innamorato. «Ho scoperto l’amore di cui parla Dante innamorandomi di una ragazza – confessa –. La mia storia era simile a quella del Poeta ed è per questo che sto cercando di capire la sua opera». Non credo alle mie orecchie! «Ogni sera – racconta, egli stesso divertito e stupito di sé – resisto alla tentazione di collegarmi su Facebook e guardo un Canto commentato da Benigni su youtube». Non è finita. Quando il virus del desiderio di capire, infatti, si impossessa di un ragazzo possono esservi effetti “collaterali” sorprendenti. «Ho scoperto che il Medio Evo non era poi così buio. Si scoprivano le stoffe colorate, si portavano i calzoni e si indossavano delle specie di mocassini. Firenze, poi, era il centro della cultura latina, greca, nasceva quella in volgare. Ma anche i grandi banchieri si trovavano lì», e citando Benigni aggiunge: «Firenze era la Wall Street del tempo!».
«Cosa ha da insegnare Dante sull’amore» chiedo curioso. «Un amore nuovo! Non carnale – cito proprio le sue parole – più travagliato, pieno di emozioni». Lo incalzo: «Ma perché un ragazzo di oggi dovrebbe interessarsi a questo modo di amare?». «Perché oggi l’amore non è fatto di emozioni vere, ma è come un contratto a tempo determinato, “una storia” piena di piccole, inutili, gelosie che può essere messa in crisi da un “mi piace” scritto su facebook. L’amore platonico, però, non basta – aggiunge con sano realismo – bisogna trovare il coraggio di esporsi all’altro». «E il sesso»? «Il sesso da solo è sporco, l’amore è purezza. Si può fare sesso ogni giorno, ma l’amore è l’amore». «Non temi il “per sempre” che quel tipo di rapporto implica?». «Ė difficile fare durare un rapporto per sempre. Ci vuole tempo per costruirlo e fede nell’altro. Senza fiducia non si ama. Al massimo gestisco l’altro come voglio io, senza dargli fiato». Quando le cose studiate illuminano la vita può scaturirne una scintilla capace di accendere il desiderio del vero in tutto. Che questo contatto accada non è un risultato meccanico ottenuto delle nostre strategie didattiche eppure, nell’approntarle, dobbiamo cogliere la sfida a tenerne conto. Si vedrà sul tabellone.
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