Santo Giordano racconta l’esperienza del Banco Alimentare nella Sicilia Occidentale

 

santo-giordano 2

 

(16 giugno 2015)Santo Giordano (nella foto) è il nuovo presidente del “Banco Alimentare della Sicilia Occidentale”, che da vent’anni opera in rete con la Fondazione Banco Alimentare. Si occupa della raccolta delle eccedenze di produzione agricole, dell’industria alimentare, della Grande Distribuzione e della Ristorazione organizzata per poi ridistribuirle ad enti che si occupano di assistenza e di aiuto ai poveri, agli emarginati e, in generale, a tutte le persone in stato di bisogno. Succede a Nuccio Milazzo che ha guidato l’associazione fin dal suo nascere, nel 1999. Giordano ne è stato il vice presidente in tutti questi anni e adesso è stato chiamato a proseguire l’attività, nella quale si è impegnato fin dal suo nascere. Palermitano, 49 anni, tre figli, abita da sempre nella borgata di Boccadifalco. Insieme a lui è stato eletto il nuovo direttivo che è costituito da: Maria Albano, Angelo Consagra, Giovanni Gruttad’Auria e Michelangelo Policarpo. Giordano si può considerare il vero fondatore dell’esperienza del Banco Alimentare a Palermo perché fu proprio lui nel 1995 ad iniziare una attività di assistenza alle famiglie di Boccadifalco insieme ad alcuni giovani amici.

Gli chiediamo innanzitutto di ripercorre quegli inizi.

Potremmo iniziare dicendo che eravamo quattro amici al bar, solo che il nostro punto di riferimento non era il bar, ma la Parrocchia. Avevamo costituito il “Centro di Solidarietà “Don Giosuè Bonfardino”, con l’intento di venire incontro ai bisogni dei nostri amici e coetanei in cerca di lavoro, ma anche a quelli di tanta gente che abitava nella borgata e della quale conoscevamo le esigenze. Apprendemmo che a Catania era sorto il Banco Alimentare, una struttura in grado di fornire beni alimentari ai bisognosi. Cominciammo con il convenzionarci, e subito dopo prendemmo contatti con le altre 6 strutture caritative palermitane - già convenzionate - ed iniziammo ad andare a Catania l’uno per conto degli altri: io in genere guidavo un pulmino messo a disposizione dalle Suore del Boccone del Povero e mi facevo aiutare da qualche altro volontario durante il viaggio e per il carico e lo scarico della merce. Ma fino a quel punto eravamo solo uno degli enti che beneficiava delle derrate provenienti da Catania.

Come accadde che il vostro orizzonte dal quartiere di Boccadifalco si allargò a mezza Sicilia?

Il passo non fu immediato. Già in quegli anni le strutture caritative palermitane che si convenzionavano con il Banco di Catania aumentavano sempre più e di conseguenza aumentavano anche i quantitativi di alimenti provenienti dall’AIMA, (oggi AGEA), l’ente che si occupa del recupero delle eccedenze agricole e della loro trasformazione in generi alimentari di prima necessità (pasta e derivati del grano, legumi ecc). Proprio per questo la distribuzione in tutta la Sicilia dal solo magazzino di Catania risultava difficile e complessa. Così iniziammo a scaricare e distribuire merci a Palermo. Tutto cominciò con un carico di merendine: ci comunicarono che erano sulla piattaforma di Palermo e non potevano consegnarli a Catania, cosi chiesero a noi di ritirarli. Ricordo che riempimmo la nostra sede (due stanze di pochi metri quadrati) in tutto il suo volume e il via vai di pulmini di suore e volontari delle varie strutture caritative che si scatenò nella borgata fu uno spettacolo entusiasmante. Furono anni epici perché avevamo dalla nostra solo due risorse: le energie giovanili e un grande desiderio di aiutare i tanti che via via incontravamo. Non avevamo mezzi idonei e facevamo tutto con la forza delle braccia e la generosità del cuore.

Cosa ricorda ancora di quel periodo?

Il giorno del festino di Santa Rosalia del 1996. Ci dissero che era in arrivo un autotreno di pasta che bisognava acquisire subito, pena il trasferimento ad altra città Non avevamo né muletti né trans pallet, né magazzini di deposito. Chiedemmo aiuto ai Padri salesiani del Gesù Adolescente, che ci misero a disposizione un locale; poi chiamammo a raccolta tutti gli amici disponibili e sotto un sole cocente compimmo una impresa che oggi mi sembra incredibile già a raccontare: abbiamo scaricato a mano tutto l’intero autotreno in poco meno di tre ore. Ma capimmo pure che bisognava fare un salto di qualità.

E quale era il salto richiesto?

Chiedere ad alcune strutture caritative con cui eravamo in rapporto la disponibilità di locali dove stoccare la merce che giungeva in sempre maggiore quantità. Uno tra i primi fu Padre Gaetano Rinaldi, al Boccone del Povero di Via Pindemonte. Ma il vero salto avvenne con la prima giornata della Colletta Alimentare, nel Novembre 1997.

Perché?

Perché ci consentì di raggiungere due obiettivi: una significativa raccolta di alimenti diversificati anche per tipologia (per esempio i cibi per l’infanzia) da distribuire in breve tempo, e di avviare rapporti significativi e stabili con molte delle associazioni, coinvolgendole non solo nella distribuzione, ma anche nell’approvvigionamento. Da quel giorno si sentirono compartecipi dell’iniziativa, ed anche se a noi era riservato il compito organizzativo e burocratico, loro ci furono e ci sono tutt’oggi compagni di strada e di avventura. E poi la Colletta fin da subito fu un grande gesto di carità del popolo, che in grado di coinvolgere ogni tipo di esperienza cristiana, e non solo.

Perché?

La giornata della Colletta, per il rilievo che ebbe già nei primi anni e per il grande valore che esprimeva, fu uno straordinario strumento per entrare in rapporto con tante realtà laiche e cattoliche ed anche con l’opinione pubblica. Davanti ai supermercati fin dal primo anno non c’erano solo quelli di Comunione e Liberazione, ma anche quelli delle Caritas parrocchiali, della san Vincenzo, i Bocconiani, i volontari di Biagio Conte, gli Scouts e così via.

E perché l’opinione pubblica?

Perché fin dall’inizio capimmo che una iniziativa di tale portata non poteva reggersi solo sulla buona volontà dei volontari. Era necessario il sostegno non solo della stampa nazionale, ma anche di quella locale, perché i palermitani sapessero per tempo che quel giorno ci sarebbe stata la Colletta. Fu all’inizio faticoso, ma molto utile e diede buoni risultati. Oggi tutti sanno della Colletta, che si svolge l’ultimo sabato di novembre, che bisogna donare merce non deperibile, ecc. In quegli anni dovemmo spiegare ogni cosa; ma la fatica fu ben ricompensata.

Quale giudizio si può trarre dall’esperienza di quei primi anni?

Quella esperienza ci consentì di avviare rapporti significativi e stabili con molte più strutture caritative e ad avviare con loro un percorso che non era finalizzato più alla mera distribuzione del cibo disponibile. Cominciammo tutti insieme a capire che eravamo di fronte ad un bisogno più grande di quello alimentare, cui solo insieme si poteva far fronte e ad stabilire un rapporto che non fosse circoscritto nel tempo, ma che abbracciasse tutto l’arco dell’anno?

E per fare questo costituiste il Banco Alimentare di Palermo?

Eravamo nel 1999. La Colletta aveva prodotto una accelerazione nell’opinione pubblica, nelle strutture caritative, nei volontari verso una presa in carico di un bisogno che era sempre più sociale e generale. L’AGEA continuava ad inviare alimenti in misura crescente. Non dimentichiamo che la Sicilia è la più grande regione italiana per estensione e la seconda per numero di abitanti. Ma quanto a qualità delle comunicazioni… meglio non rispondere. Era quasi necessario creare a Palermo un altro punto di stoccaggio e distribuzione. La Fondazione Banco Alimentare di Milano convenne con questa esigenza e la Sicilia fu la prima regione ad avere due Banchi.

E come furono quei primi anni?

Molto esaltanti, a cominciare dalla costituzione dell’associazione dal notaio, dalla scelta dei soci fondatori, dalla tenuta di una contabilità a norma di legge, dai primi rapporti ufficiali con le istituzioni. L’esperienza del Banco si affermava da sé. Anche le istituzioni locali cominciarono a comprendere, a partire dal comune di Palermo, che un investimento economico sul Banco dava risultati in termini di efficacia fino a dieci volte. Di quegli anni ricordo la grande battaglia per spiegare cosa fosse la sussidiarietà orizzontale. Un concetto così caro alla Dottrina Sociale della Chiesa era pressoché sconosciuto da molti. Ma quando spiegavamo come funzionava il Banco e i risultati raggiunti anche in Sicilia, a Palermo, le cose si chiarivano subito.

 

santo-giordano 2

 

(16 giugno 2015)Santo Giordano (nella foto) è il nuovo presidente del “Banco Alimentare della Sicilia Occidentale”, che da vent’anni opera in rete con la Fondazione Banco Alimentare. Si occupa della raccolta delle eccedenze di produzione agricole, dell’industria alimentare, della Grande Distribuzione e della Ristorazione organizzata per poi ridistribuirle ad enti che si occupano di assistenza e di aiuto ai poveri, agli emarginati e, in generale, a tutte le persone in stato di bisogno. Succede a Nuccio Milazzo che ha guidato l’associazione fin dal suo nascere, nel 1999. Giordano ne è stato il vice presidente in tutti questi anni e adesso è stato chiamato a proseguire l’attività, nella quale si è impegnato fin dal suo nascere. Palermitano, 49 anni, tre figli, abita da sempre nella borgata di Boccadifalco. Insieme a lui è stato eletto il nuovo direttivo che è costituito da: Maria Albano, Angelo Consagra, Giovanni Gruttad’Auria e Michelangelo Policarpo. Giordano si può considerare il vero fondatore dell’esperienza del Banco Alimentare a Palermo perché fu proprio lui nel 1995 ad iniziare una attività di assistenza alle famiglie di Boccadifalco insieme ad alcuni giovani amici.

Gli chiediamo innanzitutto di ripercorre quegli inizi.

Potremmo iniziare dicendo che eravamo quattro amici al bar, solo che il nostro punto di riferimento non era il bar, ma la Parrocchia. Avevamo costituito il “Centro di Solidarietà “Don Giosuè Bonfardino”, con l’intento di venire incontro ai bisogni dei nostri amici e coetanei in cerca di lavoro, ma anche a quelli di tanta gente che abitava nella borgata e della quale conoscevamo le esigenze. Apprendemmo che a Catania era sorto il Banco Alimentare, una struttura in grado di fornire beni alimentari ai bisognosi. Cominciammo con il convenzionarci, e subito dopo prendemmo contatti con le altre 6 strutture caritative palermitane - già convenzionate - ed iniziammo ad andare a Catania l’uno per conto degli altri: io in genere guidavo un pulmino messo a disposizione dalle Suore del Boccone del Povero e mi facevo aiutare da qualche altro volontario durante il viaggio e per il carico e lo scarico della merce. Ma fino a quel punto eravamo solo uno degli enti che beneficiava delle derrate provenienti da Catania.

Come accadde che il vostro orizzonte dal quartiere di Boccadifalco si allargò a mezza Sicilia?

Il passo non fu immediato. Già in quegli anni le strutture caritative palermitane che si convenzionavano con il Banco di Catania aumentavano sempre più e di conseguenza aumentavano anche i quantitativi di alimenti provenienti dall’AIMA, (oggi AGEA), l’ente che si occupa del recupero delle eccedenze agricole e della loro trasformazione in generi alimentari di prima necessità (pasta e derivati del grano, legumi ecc). Proprio per questo la distribuzione in tutta la Sicilia dal solo magazzino di Catania risultava difficile e complessa. Così iniziammo a scaricare e distribuire merci a Palermo. Tutto cominciò con un carico di merendine: ci comunicarono che erano sulla piattaforma di Palermo e non potevano consegnarli a Catania, cosi chiesero a noi di ritirarli. Ricordo che riempimmo la nostra sede (due stanze di pochi metri quadrati) in tutto il suo volume e il via vai di pulmini di suore e volontari delle varie strutture caritative che si scatenò nella borgata fu uno spettacolo entusiasmante. Furono anni epici perché avevamo dalla nostra solo due risorse: le energie giovanili e un grande desiderio di aiutare i tanti che via via incontravamo. Non avevamo mezzi idonei e facevamo tutto con la forza delle braccia e la generosità del cuore.

Cosa ricorda ancora di quel periodo?

Il giorno del festino di Santa Rosalia del 1996. Ci dissero che era in arrivo un autotreno di pasta che bisognava acquisire subito, pena il trasferimento ad altra città Non avevamo né muletti né trans pallet, né magazzini di deposito. Chiedemmo aiuto ai Padri salesiani del Gesù Adolescente, che ci misero a disposizione un locale; poi chiamammo a raccolta tutti gli amici disponibili e sotto un sole cocente compimmo una impresa che oggi mi sembra incredibile già a raccontare: abbiamo scaricato a mano tutto l’intero autotreno in poco meno di tre ore. Ma capimmo pure che bisognava fare un salto di qualità.

E quale era il salto richiesto?

Chiedere ad alcune strutture caritative con cui eravamo in rapporto la disponibilità di locali dove stoccare la merce che giungeva in sempre maggiore quantità. Uno tra i primi fu Padre Gaetano Rinaldi, al Boccone del Povero di Via Pindemonte. Ma il vero salto avvenne con la prima giornata della Colletta Alimentare, nel Novembre 1997.

Perché?

Perché ci consentì di raggiungere due obiettivi: una significativa raccolta di alimenti diversificati anche per tipologia (per esempio i cibi per l’infanzia) da distribuire in breve tempo, e di avviare rapporti significativi e stabili con molte delle associazioni, coinvolgendole non solo nella distribuzione, ma anche nell’approvvigionamento. Da quel giorno si sentirono compartecipi dell’iniziativa, ed anche se a noi era riservato il compito organizzativo e burocratico, loro ci furono e ci sono tutt’oggi compagni di strada e di avventura. E poi la Colletta fin da subito fu un grande gesto di carità del popolo, che in grado di coinvolgere ogni tipo di esperienza cristiana, e non solo.

Perché?

La giornata della Colletta, per il rilievo che ebbe già nei primi anni e per il grande valore che esprimeva, fu uno straordinario strumento per entrare in rapporto con tante realtà laiche e cattoliche ed anche con l’opinione pubblica. Davanti ai supermercati fin dal primo anno non c’erano solo quelli di Comunione e Liberazione, ma anche quelli delle Caritas parrocchiali, della san Vincenzo, i Bocconiani, i volontari di Biagio Conte, gli Scouts e così via.

E perché l’opinione pubblica?

Perché fin dall’inizio capimmo che una iniziativa di tale portata non poteva reggersi solo sulla buona volontà dei volontari. Era necessario il sostegno non solo della stampa nazionale, ma anche di quella locale, perché i palermitani sapessero per tempo che quel giorno ci sarebbe stata la Colletta. Fu all’inizio faticoso, ma molto utile e diede buoni risultati. Oggi tutti sanno della Colletta, che si svolge l’ultimo sabato di novembre, che bisogna donare merce non deperibile, ecc. In quegli anni dovemmo spiegare ogni cosa; ma la fatica fu ben ricompensata.

Quale giudizio si può trarre dall’esperienza di quei primi anni?

Quella esperienza ci consentì di avviare rapporti significativi e stabili con molte più strutture caritative e ad avviare con loro un percorso che non era finalizzato più alla mera distribuzione del cibo disponibile. Cominciammo tutti insieme a capire che eravamo di fronte ad un bisogno più grande di quello alimentare, cui solo insieme si poteva far fronte e ad stabilire un rapporto che non fosse circoscritto nel tempo, ma che abbracciasse tutto l’arco dell’anno?

E per fare questo costituiste il Banco Alimentare di Palermo?

Eravamo nel 1999. La Colletta aveva prodotto una accelerazione nell’opinione pubblica, nelle strutture caritative, nei volontari verso una presa in carico di un bisogno che era sempre più sociale e generale. L’AGEA continuava ad inviare alimenti in misura crescente. Non dimentichiamo che la Sicilia è la più grande regione italiana per estensione e la seconda per numero di abitanti. Ma quanto a qualità delle comunicazioni… meglio non rispondere. Era quasi necessario creare a Palermo un altro punto di stoccaggio e distribuzione. La Fondazione Banco Alimentare di Milano convenne con questa esigenza e la Sicilia fu la prima regione ad avere due Banchi.

E come furono quei primi anni?

Molto esaltanti, a cominciare dalla costituzione dell’associazione dal notaio, dalla scelta dei soci fondatori, dalla tenuta di una contabilità a norma di legge, dai primi rapporti ufficiali con le istituzioni. L’esperienza del Banco si affermava da sé. Anche le istituzioni locali cominciarono a comprendere, a partire dal comune di Palermo, che un investimento economico sul Banco dava risultati in termini di efficacia fino a dieci volte. Di quegli anni ricordo la grande battaglia per spiegare cosa fosse la sussidiarietà orizzontale. Un concetto così caro alla Dottrina Sociale della Chiesa era pressoché sconosciuto da molti. Ma quando spiegavamo come funzionava il Banco e i risultati raggiunti anche in Sicilia, a Palermo, le cose si chiarivano subito.

Pagina 2

Poi nel 2002 ci fu un altro salto di qualità. Quale?

Il riconoscimento da parte del Governo Regionale del valore sociale ed economico della nostra attività, con la nascita di una norma regionale che assegnava alla Fondazione Banco Alimentare, un contributo fino a 775.000 euro da utilizzare in Sicilia. Si trattò veramente di un salto di qualità perché permise di rendere un servizio sul serio efficiente e rivolto a tutti. Ciò consentì di aprire nuovi magazzini di stoccaggio nella Sicilia occidentale (Palermo e Castellammare), diminuendo i costi che i mezzi di trasporto dovevano affrontare per prelevare le derrate, di acquistare noi mezzi di trasporto e di movimentazione, riducendo così fatica fisica e tempi di consegna, di assumere personale dipendente, garantendo qualità e disponibilità di servizio per tutto l’arco della settimana.

Ma ciò vi procurò anche molte invidie?

Poiché sono passati tanti anni, pur con alterne vicende, oggi possiamo dire che la qualità del servizio reso e della documentazione prodotta ogni anno non ha mai trovato elementi di criticità. Nell’arco di questi oltre 15 anni la nostra esperienza, a giudizio di tanti, di tutti, è sempre stata trasparente nella gestione e efficace nei risultati. Altra questione è poi la riduzione dei finanziamenti che man mano abbiamo ricevuto.

Perché?

Perché ciò è dipeso da molti fattori, non ultimo la diminuzione delle somme disponibili nel bilancio della Regione, ad esempio, ma anche ad una scarsa attenzione ai risultati prodotti dalla nostra azione in termini di impatto sociale. Ma questa è una responsabilità che va in capo alla politica e all’amministrazione regionale.

E quale critica vi sentite di muovere?

Fondamentalmente quella di non aver compreso, soprattutto nell’ultima fase, che proprio una diminuzione di risorse disponibili deve portare tutte le Istituzioni ad un loro oculato utilizzo. Tutti sanno, anche i parlamentari siciliani ad esempio, l’effetto moltiplicatore che il Banco è in grado di garantire in base a quello che riceve. Pigliamo il dato del 2014: abbiamo distribuito in Sicilia 10 mila tonnellate di alimenti per un valore di 30 milioni. Quindi, a fronte di una attività che per il pubblico costa 500.000 euro il Banco riesce a restituire un servizio 6/7 volte tanto.

Riprendiamo il filo del racconto? Cos’è oggi il Banco Alimentare della Sicilia Occidentale?

Il Banco non è appena una struttura di servizio e organizzativa è fondamentalmente una opportunità offerta a tutti per vivere l’emergenza povertà, che è sempre maggiore, in termini umani e cristiani. Partiamo dalle circa 400 strutture caritative convenzionate (Palermo, Trapani e parte della provincia di Agrigento). Per noi non sono solo schede, indirizzi e quantitativi di merce da consegnare. Sono innanzitutto rapporti, storie, incontri, corresponsabilità che nel corso degli anni si è sempre più consolidata e approfondita. Quanti vi prendiamo parte proveniamo da esperienze ecclesiali, ma non solo ecclesiali, diverse, ma tutte complementari e unite non dal tentativo di dare risposta ad un bisogno economico che si fa sempre più profondo, ma dalla passione per il destino degli uomini e di ogni uomo che incontriamo.

Ci faccia qualche esempio.

Questo si è rivelato particolarmente concreto negli ultimi anni quando l’emergenza immigrazione ha aperto orizzonti e rapporti prima inimmaginabili. Sempre più spesso l’emergenza si restringe anche nell’urgenza del tempo utile per trovare risposte. Penso alle telefonate che abbiamo ricevuto in occasione di improvvisi sbarchi di immigrati stranieri anche al Porto di Palermo. Non c’è tempo e non serve fare domande sul come e sul perché: occorre rispondere si o no! E ciò che fa la differenza è l’esperienza da cui ciascun ente, ciascun volontario proviene. Finora siamo riusciti anche a dare risposte concrete. Speriamo di riuscirci anche in futuro.

E cosa l’attende nella sua nuova responsabilità?

Purtroppo è facile prevedere che continueranno ad arrivare e ad aumentare le richieste di aiuto e la quantità di bisogni cui far fronte. Ma non basta un aumento delle tonnellate di merce da distribuire, che speriamo non manchino mai. Personalmente intendo cogliere questa circostanza per approfondire le ragione di questo servizio che insieme ai componenti del direttivo intendiamo offrire. La storia del Banco dimostra che in questi primi vent’anni di storia a livello nazionale è riuscito a prevalere su tante fatiche e difficoltà. Segno che le radici erano buone e piantate nel terreno giusto. Forse è giunto il momento di tornare alle origini e a come è nato il Banco alimentare in Italia.

Come?

Dall’incontro di due grandi personalità: don Luigi Giussani, il fondatore di Comunione e Liberazione e il cavaliere Danilo Fossati, fondatore della Star. Da queste due sinergie che non si unirono per alcun disegno strategico ma per la comune passione per l’umano è nata quest’opera. Proprio in un momento di così grande difficoltà ricordare l’inizio e le personalità che l’hanno generata, ciò che li ha mossi e come hanno insieme intrapreso questo cammino, può aiutare più di qualunque discorso.

 


 

Conversazioni – Santo Giordano racconta l'esperienza del Banco Alimentare nella Sicilia Occidentale

(Foto di Francesco Inguanti)


 

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per offrire servizi in linea con le tue preferenze. Se non accetti le funzionalità del sito risulteranno limitate. Se vuoi saperne di più sui cookie leggi la nostra Cookie Policy.