Conversazione sulla scuola/10

 

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Pensieri di fine anno scolastico. Alla fine di un anno i docenti sono chiamati a svolgere gli ultimi lavori: verifiche, valutazioni, relazioni finali e questo porta inevitabilmente a fare i conti, a misurare il gap tra i progetti iniziali e il realizzato. Questa volta l’anno scolastico si è concluso fra riforma da approvare, proteste dei docenti, slogan che utilizzano strumenti nuovi per diffondersi e ragazzi che non hanno potuto cavalcare l’onda perché impegnati nelle ultime verifiche studiando per tentare di salvare il salvabile o raccogliere i meritati successi.

Anche per me questo è il momento del bilancio di un anno e anche io rifletto su quanto in questi giorni stiamo vivendo tra paura delle novità e incertezze sul futuro, tentativi di definire il ruolo di docenti e dirigenti in scuole sempre più impegnate in attività di ogni genere, progetti più o meno interessanti che si moltiplicano togliendo ore alle tradizionali lezioni. Sarà poi una cosa buona questa? Lo vedremo... tutto sta, forse, nel non dimenticarci di riempire di senso ogni attività anzi ogni minuto passato a scuola, a non decadere rispetto all'unica fondamentale preoccupazione che la scuola dovrebbe avere: l'educazione dei giovani.

Nel frattempo si fa fatica a interessare i ragazzi alla letteratura, all’arte, alla matematica in orari scolastici che per i contenuti tradizionali sono sempre più ristretti e ci si chiede come far conoscere le cose belle quando leggere una poesia o ragionare su una questione filosofica o anche su un problema matematico richiede un tempo adeguato. E come fare a salvare il rapporto fra ragazzi e docenti in un sistema scolastico in cui le classi diventano sempre più aperte e lo sguardo tra il docente, che dovrebbe essere anche maestro, insegnare a crescere, indicare la strada, e i ragazzi è sempre più attraversato da interferenze che disturbano la comunicazione di contenuti disciplinari e di vita.

Sono domande da fine anno e sembrano domande fatte per scaricarsi la coscienza per tutte quelle cose che si potevano fare in questi mesi di scuola e non si sono fatte, per tutte le idee che si sono avute e non si sono concretizzate; sembrano domande fatte solo per far sentire le proprie lamentele a chi si è individuato come il capro espiatorio di turno a cui addossare tutte le colpe per il non fatto e sentirsi così un po’ più leggeri nel momento in cui già ci si sente addosso tutta la stanchezza del lavoro da svolgere e non vogliamo avere anche tarli dentro che ci rodono e che insinuano dubbi su noi stessi.

Alla fine in tutti i consigli di fine anno i docenti delle scuole superiori avranno dalla loro parte anche un’attenuante: “è la rituale protesta degli studenti che ha rubato ore, che ha tagliato i programmi, che non ha permesso a nessuno di recuperare”, nemmeno ai ragazzi che si portano i debiti a settembre con buona pace di tutti. Così quei giorni di proteste dei ragazzi che non siamo riusciti noi adulti, docenti e famiglie, ad evitare e per i quali dovremmo interrogarci e sentirci più responsabili diventano adesso la parola finale che ci assolve da tutte le mancanze. È vero, gli alunni sono al centro dell’attenzione dei docenti, come vuole ogni programma scolastico che si rispetti, ma forse non lo dovrebbero essere così.

Allora in questo fine anno, diverso e allo stesso tempo simile a tanti altri, richiamo alla memoria da dove son partita a settembre quando, insieme ai ragazzi, nelle aule ancora calde del fine estate abbiamo letto Dostoevskij: “L’umanità può vivere senza la scienza, può vivere senza pane ma soltanto senza la bellezza non potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe più nulla da fare al mondo. Tutto il segreto è qui, tutta la storia è qui”. E io insieme a loro mi sono ripromessa che questo pensiero doveva essere il filo conduttore delle nostre attività. Dovevamo verificare come la bellezza si incarna nelle espressioni letterarie e artistiche, nei movimenti culturali, negli eventi storici e all’inverso individuare tutte le volte che gli uomini hanno tradito la bellezza perché hanno tradito la verità, essendo la bellezza lo splendore della verità. Oggi nelle aule nuovamente calde mi chiedo se sono stata fedele a questo proposito, se nelle tante ore passate insieme con i ragazzi sia stata capace di far passare il bello dell’avventura umana. Ma soprattutto mi chiedo se sono stata capace di costruire qualcosa di bello, se da me a loro è giunto uno sguardo, una parola capaci di scuoterli dal loro torpore; chissà se, attraverso tutte le cose di cui abbiamo parlato, sono stata capace di rivelare ai loro cuori così incerti quanto è grande il loro valore e quante cose belle possono fare, se ho saputo suscitare il desiderio di innalzare lo sguardo.

Ecco, riflettendo su questo, mi dico che la scuola per fortuna ci dà sempre il tempo di recuperare, c’è sempre un’opportunità, c’è sempre il prossimo anno per poter fare meglio. Noi docenti aspettiamo che i ragazzi esprimano il meglio di loro e i nostri alunni aspettano, sia pure inconsapevolmente, che noi possiamo trovare per loro la parola giusta, che possiamo prenderli per mano e aiutarli a vedere e a gustare il bello che nella vita c’è.

 

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