(8 febbraio 2016) – “Sui fiumi di Babilonia, là sedevamo piangendo al ricordo di Sion. Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre. Là ci chiedevano parole di canto coloro che ci avevano deportato, canzoni di gioia, i nostri oppressori: «Cantateci i canti di Sion!». Come cantare i canti del Signore in terra straniera?”
Con questa citazione del Salmo 137, “Sui fiumi di Babilonia”, al teatro Savio di Palermo lunedì 1° febbraio 2016 si dà inizio all’incontro dal titolo “Memoria del futuro, dalle oppressioni nazi-fasciste ai moderni recinti” dedicato alla giornata della memoria, in ricordo di tutti gli oppressi, dei disagiati, degli emarginati e di tutti coloro che vivono in una condizione di isolamento sociale, culturale o religioso.
Dopo l’introduzione del tema da parte del consigliere comunale Giulio Cusumano, l’incontro ha inizio con il celebre coro “Va pensiero” tratto dall’opera Nabucco, musicata da Giuseppe Verdi nel 1842 su un testo di Temistocle Solera basato proprio sul citato salmo Super flumina Babylonis e che simboleggia appunto la voglia di riscatto nei confronti di tutti gli oppressori, degli invasori e di tutti coloro che di fatto sopprimono la libertà di espressione, di pensiero e di vita di un essere umano: l’interpretazione è stata affidata al Coro Polifonico Pontis Mariae, diretto dal biblista Maestro Tony Caronna, il quale ricorda come la cosiddetta “memoria” debba andare oltre il ricordo della shoah ma debba estendersi a tutte le forme di violenza contro le diversità.
A seguire un’emozionante esibizione di arte coreutica a cura del corpo di ballo dell’A.C.A.D.I.S. asd diretta da Clara Perrino, che ha interpretato la colonna sonora di John Williams tratta dal capolavoro cinematografico Schindler’s list, diretto da Steven Spielberg nel 1994.
A seguire Andrea Alonso Cabrera, durante il suo intervento, ha rievocato la cosiddetta “fiamma della memoria”, attraverso un breve excursus di ciò che è stato lo sterminio degli ebrei ad opera del nazismo in un racconto per immagini, dal rastrellamento al passaggio dei carri ferroviari piombati, dalle teste rasate al marchio tatuato ed alla dieta inumana imposta ai deportati, verso i quali si operò un processo irreversibile di depersonalizzazione.
Non si è parlato soltanto di shoah durante questa conferenza organizzata dal Movimento 139 e Andrea Alonso Cabrera ha infatti ricordato, con degli opportuni parallelismi, le condizioni sociali del Ruanda, dell’ex-Jugoslavia, dell’Argentina e del nostro Mediterraneo, “la più grande fossa comune dell’umanità”.
Ecco il significato del giorno della memoria, che deve essere finalizzato ad impedire che l’uomo dimentichi i suoi stessi errori affinché quello che è successo contro gli Ebrei accada, con lo scorrere del tempo, sempre meno spesso, auspicando che non avvenga mai più, anche se la storia contemporanea purtroppo ci dimostra quotidianamente quanto questo sia difficile.
È la volta di Moni Ovadia, regista, attore e scrittore di origine ebraica. E con le profonde ed accorate parole di Ovadia la memoria libra le sue ali pensando al genocidio degli Armeni, agli assassinii compiutisi nel periodo badogliano, alle centinaia di migliaia di morti in Manciuria, al genocidio delle Filippine, i milioni di vittime nel Medio Oriente e la strage dei Tutsi, definita da Bertrand Russel “il massacro più atroce cui siamo venuti a conoscenza dai tempi dello sterminio degli ebrei”.
Ascoltando Ovadia non possiamo che riflettere e concludere che quello nazista non è purtroppo l’unico sterminio perpetrato dall’uomo nel corso delle pagine più buie della sua storia ed è per questo che bisogna spronare i nostri animi affinché essi possano “uscire dalla falsa coscienza”, come unico strumento possibile di crescita umana, considerando ogni forma assunta dal nazionalismo come una perversione del genere umano e ripensando al diritto di soggiorno per ogni uomo come ad un diritto universale.
Nell’intervento seguente Lucia Vincenti, storica e consulente del Sindaco di Palermo per la Shoah, ha delineato il profilo di ciò che è stato lo sterminio del popolo ebraico nella Sicilia degli anni della Seconda Guerra Mondiale, citando alcuni documenti inediti scoperti presso l’Archivio di Stato, narrando le zelanti azioni del questore catanese Molina e descrivendo le personalità di alcuni grandi uomini le cui testimonianze sono pressoché dimenticate o poco conosciute.
La prof.ssa Vincenti racconta del favarese Calogero Marrone, giusto tra le nazioni, di Vincenzo Lastrina e di Giulia Afan de Ribera, tre fra i protagonisti che seppero distinguersi con il loro coraggio e l’altruismo nei tormentati periodi caratterizzati da arresti, da deportazioni e da internamenti, fino alla “soluzione finale”, ossia il barbaro sterminio con il conseguente oblio e cancellazione della memoria degli uomini e della loro storia.
Arresto, quarantena, assegnazione al campo, morte: era questo il percorso che attendeva ogni deportato, un percorso fatto, come ricorda la Vincenti, prima di silenzio e di indifferenza, poi di urla di sdegno e di dolore; il silenzio e le urla, due elementi imprescindibili di una shoah che non è che un albero che nasconde dietro di sé una foresta, immensa e dimenticata.
“Voglio parlare di vittime che non avranno mai un nome, e di carnefici che non verranno mai considerati tali”, così inizia l’intervento, l’ultimo, del prof. Leoluca Orlando, sindaco di Palermo che intende rendere omaggio anche a tutte le vittime che non sono rimaste uccise dallo sterminio, ma che ugualmente portano con sé il dolore di ferite che non guariranno mai dovute al male subito a causa di discriminazioni sociali, politiche o religiose.
Ed ecco che il sindaco Orlando narra di tre esperienze vissute personalmente citando con emozione il tenero incontro con una bimba congolese, con un immigrato e con una ragazza nigeriana che ha portato avanti con coraggio e determinazione la sua gravidanza durante la persecuzione nel suo paese e durante il triste viaggio in fuga verso le coste siciliane, nonostante le indicibili violenze fisiche e psicologiche subite durante quei mesi interminabili.
È questo, e deve essere questo, il senso della giornata della memoria, o meglio “giornate delle memorie”, nel ricordo dei nostri fratelli che hanno sofferto per la libertà, pensando come l’immigrazione non può che essere un arricchimento, sia per chi arriva che per chi accoglie, valicando i confini concettuali di immigrato o di migrante in quanto tutta l’umanità è migrante e solo pensandoci migranti, noi stessi, possiamo apprezzare il senso della vita e dell’umanità.
“L’umanità o è migrante o non è”, così conclude Orlando nel suo intervento invitando noi stessi a ripensare con attenzione e sapienza al nostro futuro in quanto, come si fa nel giorno della memoria nei confronti della shoah, nei prossimi anni saremo noi chiamati a rispondere delle responsabilità di questi interminabili, e purtroppo spesso non conosciuti, genocidi.
CONVERSAZIONI - "Memoria del futuro", un incontro di riflessione sulla Shoah e su tutte le vittime di discriminazioni sociali
(ph. Carlo Guidotti)