(14 marzo 2016) – Tra le varie iniziative che contraddistinguono la preparazione alla Pasqua, soprattutto nelle parrocchie, vi è quella degli esercizi spirituali. Attraverso svariate modalità si offre ai fedeli la possibilità di un momento di ascolto e di meditazione che aiuta a riflettere sul senso del mistero pasquale.
Ne abbiamo parlato con don Carmelo Vicari, parroco della chiesa di sant’Ernesto a Palermo.
Don Vicari, ma vi è ancora un reale interesse per questa forma di riflessione o si tratta di una attività di routine come tante se ne devono fare anche in parrocchia?
Assolutamente no! Gli esercizi spirituali, pur in una forma molto breve che copre l’arco di poche ore, sono attesi in parrocchia da tanti, anche da coloro che non sono assidui frequentatori delle attività parrocchiali
Ma non pensa che sia uno strumento ormai superato? Sant’Ignazio di Lojola li “inventò” oltre 600 anni fa e da allora tanta acqua è passata sotto i ponti.
Forse conviene partire dalla definizione che lui ne diede. Lui intendeva “…. ogni forma di esame di coscienza, di meditazione, di contemplazione, di preghiera vocale e mentale, e di altre attività spirituali. Infatti, come il passeggiare, il camminare e il correre sono esercizi corporali, così si chiamano esercizi spirituali i diversi modi di preparare e disporre l'anima a liberarsi da tutte le affezioni disordinate e, dopo averle eliminate, a cercare e trovare la volontà di Dio nell'organizzazione della propria vita in ordine alla salvezza dell'anima”. Questo bisogno è connaturato alla natura umana. Sant’Ignazio e la Chiesa, che li ha approvati per la prima volta il 31 luglio 1548, hanno dato risposta cristiana a questo bisogno umano.
E la Chiesa che cosa vi ha trovato di tanto importante?
Basta rileggere quanto scrisse nell’occasione Papa Paolo III:“Avendo fatto esaminare detti Esercizi e udite anche testimonianze e rapporti favorevoli [...] abbiamo accertato che detti Esercizi [...] sono e saranno molto utili per il progresso spirituale dei fedeli. Inoltre è per noi doveroso riconoscere che Ignazio e la Compagnia da lui fondata vanno raccogliendo frutti abbondanti di bene in tutta la Chiesa; e di questo molto merito è da attribuire agli Esercizi Spirituali. Perciò [...] esortiamo i fedeli d'ambo i sessi, ovunque nel mondo, di avvalersi dei benefici di questi Esercizi e di lasciarsi plasmare da essi”. Ecco, la Chiesa ha riconosciuto la bontà di una iniziativa per i frutti che essa ha dato.
E questi frutti buoni si possono vedere anche oggi?
I frutti di cui parla la Chiesa non sono equivalenti ai risultati immediati che il mondo pretende da ogni situazione. Il nostro compito è seminare, il raccolto spetta al Signore. E lui sa come e quando raccogliere.
E come spiega il permanere di questo “fenomeno” viste le tante opportunità di riflessione che vengono offerte ai fedeli anche attraverso altri mezzi di comunicazione?
Col fatto che c’è ancora, forse spesso in modo latente o confuso, un desiderio di andare al fondo della propria condizione umana, e la Pasqua, sia per tradizione che per opportunità, è un momento ancora buono per fermarsi un attivo e guardare all’interno della propria coscienza.
Forse in questa “ripresa” c’è il merito dell’anno della Misericordia e della figura di papa Francesco?
Partiamo dal Papa. Se anche lui, come i suoi predecessori, avverte questa esigenza vuol dire che lui, come ciascuno di noi, pur vivendo il desiderio di una grande spiritualità deve fare i conti con la concretezza della vita di tutti i giorni, piena di impegni, scadenze, rapporti ecc. Potremmo dire che la vita di tutti i giorni, la nostra e anche quella di Francesco, è continuamente interrotta… dalla vita stessa. Forse così si può spiegare il senso degli esercizi spirituali tanto cari a papa Francesco: una occasione di riflessione che diventa predominante sulle incombenze quotidiane. Il fatto stesso di cambiare luogo, abitudini, orari, significa mettere al centro questo appuntamento spirituale, fatto di letture, riflessioni e preghiere. La parrocchia non può offrire tutto ciò. Altri possono e devono farlo. Ma noi non possiamo non offrire questa piccola e al tempo stessa grande opportunità a tutti.
E l’anno della Misericordia?
Certamente è un grande e ulteriore aiuto. Ne abbiamo già sperimentato i positivi risultati in parrocchia e in diocesi. Molti si stanno riavvicinando alla Chiesa, per esempio al sacramento della Confessione, proprio perché provocati dalla parola Misericordia, che era andata in disuso dal nostro vocabolario. A riprova di ciò alla fine di questa settimana esattamente venerdì 18 concluderemo i due cicli di esercizi a Sant’Ernesto con la celebrazione del Giubileo parrocchiale: andremo in pellegrinaggio in Cattedrale e attraverseremo insieme la Porta Santa. In tal modo gli esercizi si concluderanno con una gesto altamente simbolico e significativo.
E come saranno dunque gli esercizi di quest’anno a Sant’Ernesto?
Anche in ossequio a quanto detto prima quest’anno, come già due anni fa, avremo un padre gesuita che predicherà lunedì 14, martedì 15 e mercoledì 16 marzo alle ore 18,30 su: “L’avete fatto a me: il mistero grande della Misericordia ricevuta”. Si tratta di don Eraldo Cacchione, Preside del liceo dell’Istituto Gonzaga. Questa proposta è rivolta soprattutto a quanti hanno difficoltà ad uscire di casa la sera.
A quanti sono occupati nel pomeriggio proponiamo un ciclo martedì 15, mercoledì 16 e giovedì 17 marzo alle ore 21,00 sul tema “70 volte 7: Il Vangelo della Misericordia”. Abbiamo affidato questo incarico a don Massimo Naro, direttore del Centro Studi Cammarata di San Cataldo e docente di Teologia Trinitaria nella Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia.