Conversazione con Mons. Michele Pennisi a partire dal volume “Il valore della parità - Diciannovesimo rapporto sulla scuola cattolica in Italia”

È stato presentato nei giorni scorsi dopo Roma anche a Palermo il volume: Il valore della parità - Diciannovesimo rapporto sulla scuola cattolica in Italia (ELS-La Scuola, Brescia, 2017). Il Rapporto esamina il tema della parità al punto di vista del suo “valore”, sia in termini ideali (pluralismo, libertà di scelta educativa, competitività e miglioramento continuo) che materiali (costi della scuola statale e non statale a confronto, risparmio per lo Stato, incidenza sul sistema nazionale di istruzione). Non è dunque solo la scuola cattolica ad essere oggetto del Rapporto, ma l’intero sistema della scuola paritaria, di cui comunque la scuola cattolica è componente maggioritaria.

Il Rapporto affronta l’argomento dal punto di vista giuridico, pedagogico, economico, sociale, con numerosi contributi di esperti del settore e documenta alcune esperienze concrete di scuole cattoliche paritarie, che testimoniano la qualità del loro servizio; si chiude con la sintesi dei principali dati statistici sulla scuola cattolica in Italia nell’anno scolastico 2016/2017.

Nell’occasione della presentazione si è svolto un interessante dibattito nel quale dopo la illustrazione del suo contenuto, fatto da Giuseppe Zanniello, dell’Università di Palermo, sono intervenuti i rappresentanti regionali delle più importanti associazioni del settore: la Fidae-Federazione Istituti di Attività Educative, la Fism, Federazione Italiana Scuole Materne, l’AGeSC, Associazione Genitori Scuole Cattoliche, l’Age, Associazione Italiana Genitori, la FOE, Federazione Opere Educative. Il dibattito, moderato da don Giuseppe Costa, responsabile delle scuole salesiane della Sicilia, è stato introdotto da un qualificato intervento dell’Arcivescovo di Monreale, Mons. Michele Pennisi, nella sua qualità di responsabile della Conferenza Episcopale Siciliana per la scuola;

Gli abbiamo posto alcune domande.

Innanzitutto, quale è il punto di osservazione giusto per giudicare la situazione della scuola paritaria in Italia?

Il punto di partenza deve essere la responsabilità educativa dei genitori e la libertà che deve essere loro assicurata di poter scegliere la scuola dei figli senza condizionamenti di sorta: economici, pratici, giuridici. La libertà deve essere effettiva o non è libertà. Aggiungo che un imprescindibile valore di civiltà è costituito dalla libertà di educazione, che implica per gli alunni e per i genitori la possibilità di scelta senza condizionamenti del percorso di studi e della scuola per sé o per i figli.

E quali sostegni giuridici sono a fondamento di questo diritto?

Il Rapporto ci mostra come i documenti internazionali condannino ogni forma di monopolio educativo statale. Basta citare la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (art.26.3), la risoluzione del Parlamento europeo del 14 marzo 1984 sulla “Libertà d’insegnamento nella comunità europea” che è stata ribadita dalla risoluzione n. 1904 approvata dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa il 4 ottobre 2012.

E da questa impostazione cosa deriva?

Dalle affermazioni contenute in questi autorevoli pronunciamenti, derivano tre conseguenze: la necessità di diffondere e consolidare una cultura della parità; la ferma richiesta di un finanziamento adeguato delle scuole paritarie; il sostegno all’ampliamento dell’offerta formativa dato dal coinvolgimento dell’istruzione e formazione professionale nel sistema educativo e nell’assolvimento dell’obbligo d’istruzione.

E questo vale anche per l’Italia?

In Italia la parità scolastica è innanzitutto un principio costituzionale, contenuto nel ben noto art. 33 della Costituzione della Repubblica Italiana, del quale si tende a ricordare solo la clausola “senza oneri per lo stato”, anziché il principio di fondo, cioè il diritto di enti e privati di istituire scuole e istituti di educazione. Spetta indubbiamente alla Repubblica, secondo la saggia formula dell’art. 33, dettare le norme generali sull’istruzione e istituire scuole statali di ogni ordine e grado per assicurare il servizio su tutto il territorio nazionale, fissando un modello o uno standard minimo di offerta formativa. Ma deve essere assicurata a tutti la possibilità di promuovere scuole che, nel rispetto delle regole fissate dallo Stato, possano soddisfare una più ricca e articolata domanda educativa.

Ma perché in Italia non c’è libertà d’insegnamento, allora?

La libertà di insegnamento con cui si apre l’art. 33 («L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento») non è solo la libertà didattica e metodologica degli insegnanti, ma anche e soprattutto la libertà garantita dall’intero sistema di accostare le arti e le scienze con una pluralità di approcci metodologici e valoriali, ovviamente nel rispetto della natura culturale, epistemologica e formativa degli oggetti dell’insegnamento. Ridurre tutta la libertà di insegnamento e di istituire scuole alla sola condizione che non si creino oneri per lo Stato è una lettura miope e restrittiva di un problema che merita un respiro ben più ampio e attento.

E come si collocano in questo contesto le scuole cattoliche o di ispirazione cristiana?

In genere le scuole paritarie sono espressione di un diritto fondamentale della persona che non può essere educata se non nella libertà. La presenza di più modelli scolastici offre un contributo prezioso alla realizzazione di un vero pluralismo L’esistenza della scuola paritaria cattolica perciò, in quanto espressione del diritto di tutti i cittadini alla libertà di educazione, e del corrispondente dovere di solidarietà nella costruzione della convivenza civile non è interesse della sola comunità ecclesiale ma di tutta la società civile.

Ma perché a tal riguardo si cita sempre il principio di sussidiarietà?

La parità scolastica deriva anche dall’affermazione del principio di sussidiarietà nella legislazione scolastica di questi ultimi anni. La Repubblica italiana ha accolto espressamente tale principio nel testo della sua Costituzione (artt.118 e 120). L’intero assetto del sistema educativo d’istruzione e di formazione si muove anche se con lentezza e non senza resistenze, nella direzione della sussidiarietà, rendendo sempre più plurale e aperto il sistema che dovrebbe portare al passaggio da una scuola fondamentalmente statale a una scuola della società civile, nella quale lo Stato tuttavia mantenga un ruolo irrinunciabile.

Ma nei fatti questa impostazione finisce col diventare una difesa della scuola cattolica?

Nel documento “La Scuola cattolica risorsa educativa della Chiesa Locale per la società”, i Vescovi italiani affermano che la parità scolastica è interesse e patrimonio di tutti i cittadini, perché il diritto a un’educazione e a un’istruzione libere appartiene a ogni persona, indipendentemente dalle sue convinzioni religiose o dai suoi orientamenti culturali. E poi aggiungono che la libertà di educazione e d’istruzione non è una prerogativa confessionale, ma una libertà fondamentale di tutti e di ciascuno. “La natura pubblica” del servizio svolto dalle scuole cattoliche «non risiede nello stato giuridico dell’ente gestore, statale o non statale, ma nella loro funzione a vantaggio di tutta la collettività» (n.19).

Nei fatti i genitori dei ragazzi che frequentano le scuole cattoliche sono impegnati da anni in una battaglia che sembra non avere una fine. Voi Vescovi come li sostenete?

La presenza di molte scuole cattoliche e paritarie nel panorama della scuola pubblica italiana, oltre a costituire un significativo risparmio per le finanze dello Stato, rappresenta un prezioso contributo d’idee e di esperienze sul piano organizzativo, didattico e gestionale per tutto il sistema educativo nazionale. Noi vescovi facciamo nostra la domanda di giustizia che sale da molti genitori per i quali il progetto di un’educazione scolastica libera e coerente con i valori vissuti e testimoniati in famiglia rimane un’aspirazione irrealizzabile.

Ma in concreto, come vedete voi la situazione di queste scuole?

È innegabile, e il rapporto lo evidenzia con dati inoppugnabili, che tutto questo porta al progressivo ridursi del numero delle scuole cattoliche, nonostante che si sforzano nei limiti del possibile di mantenere fede all’impegno di non escludere gli alunni più poveri. Ai cristiani in quanto cittadini sta a cuore tutta la realtà scolastica italiana nella costante ricerca di ciò che meglio possa contribuire al suo bene. Nel documento che ho citato viene auspicato il superamento del monopolio statale dell’educazione scolastica attraverso un sano pluralismo educativo che porti alla coesistenza cordiale di modelli educativi e gestionali tra loro diversi e complementari che migliori la qualità di tutto il sistema scolastico.

Ma non vi sembra che in fondo difendiate una posizione di parte?

Il nostro interesse è rivolto al bene di tutto il Paese e considera tutti gli alunni che in Italia frequentano la scuola italiana di qualsiasi ordine e grado e quale che ne sia il gestore, per il semplice fatto che la cura pastorale della Chiesa è per sua natura rivolta a tutti indistintamente i giovani, nei quali essa ravvisa il proprio futuro inscindibilmente legato a quello dell’Italia. Mi permetta di citare don Luigi Sturzo a tal riguardo.

Prego.

Finché gli italiani, scriveva con vigore profetico nel 1947 tornato dall’esilio, non vinceranno la battaglia delle libertà scolastiche in tutti i gradi e per tutte le forme, resteranno sempre servi: servi dello stato (sia democratico o fascista o comunista), servi del partito (quale ne sia il colore), servi di tutti, perché non avranno respirato la libertà, - la vera libertà che fa padroni di sé stessi e rispettosi e tolleranti degli altri, - fin dai banchi di scuola, di una scuola veramente libera. Don Sturzo chiedeva la libertà per le scuole non statali ma anche per la scuola statale sottraendola alla burocrazia centralizzatrice, consapevoli che solo la libertà costituiva il termometro di ogni democrazia. Ma don Sturzo aveva una analisi ancora più chiara e impietosa.

Quale?

Per don Luigi Sturzo il monopolio statale dell’insegnamento non è l’anticamera della democrazia, ma del totalitarismo; è il primo passo verso la graduale assuefazione all’idea dello Stato come detentore dei diritti delle persone. Per rendere più comprensibile l’assunto, Sturzo analizza le peculiarità dei totalitarismi esistenti in Europa nel secolo ventesimo: quello russo dei bolscevichi, quello italiano del fascismo, quello nazista della Germania, tre grandi Stati totalitari di carattere diverso, ma tutti e tre a tipo nazionale e fondati sulla centralizzazione amministrativa e politica, sul militarismo, sul monopolio dell’insegnamento e sull’economia chiusa.

Ciò non toglie che il contrasto rimane. O no?

La scuola statale non è certo un avversario, anzi le va riconosciuto il merito di aver alfabetizzato gli italiani negli ultimi decenni e di essere oggi impegnata a garantire a tutti gli alunni una formazione di qualità. Non è quindi in termini conflittuali che si deve impostare il rapporto e il confronto tra scuola statale e scuola paritaria ma, come si afferma nella presentazione del Rapporto, l’educazione non è un servizio qualsiasi che può essere assicurato da qualunque gestore perché il suo contenuto è indifferente. […] la scuola non è una qualsiasi agenzia di servizi ma il principale collaboratore della famiglia nell’educazione dei figli. In verità si tratta di superare qualche diffuso pregiudizio.

Quale?

La scuola cattolica o di ispirazione cristiana non è propriamente parlando un’istituzione educativa confessionale, poiché essa si pone per suo statuto al servizio di tutti e accoglie tutti, con l’obiettivo primario di curare l’educazione della persona e promuoverne la crescita libera e umanamente completa. L’adesione al progetto educativo della scuola cattolica, come previsto espressamente dalla legislazione statale, non potrà mai essere pertanto motivo di esclusione per alcuno o ostacolo all’accoglienza di chi guarda a essa con simpatia. Al contrario, dialogo e apertura saranno regola fondamentale dei rapporti tra e con gli alunni e tra e con le famiglie che vengono a farne parte, quali che siano le loro appartenenze culturali e religiose, se è vero– come è vero – che la Chiesa anche attraverso la scuola cattolica testimonia la propria capacità di accoglienza e servizio disinteressato. Forse se guardassimo di più fuori dall’Italia questo ragionamento sarebbe più chiaro.

Per esempio?

Cito l’esempio delle scuole della Chiesa cattolica nella Bosnia Erzegovina, che ho avuto modo di visitare come delegato della CEI. Nella diocesi di Sarajevo è stato intrapreso un audace progetto culturale ed ecumenico: le scuole multietniche e multi religiose. Il programma scolastico segue i principi del progetto “Le scuole per l’Europa”. Tale progetto, prevede l’insegnamento nel rispetto delle singole identità etnico - religiose puntando sull’integrazione e sull’accettazione reciproca tra studenti delle varie provenienze. Oggi queste scuole “cattoliche” hanno studenti musulmani, ortodossi e cattolici e formano i ragazzi al reciproco rispetto, nel segno del vicendevole arricchimento culturale e religioso. Esse sono diventate un modello per tutte le scuole bosniache statali. In queste scuole gli insegnanti, scelti dalla Chiesa, sono pagati dallo Stato con una maggioranza di popolazione mussulmana, che rimborsa anche la bolletta energetica. Il rapporto cita tante altre buone prassi cui si potrebbe far riferimento.

E per concludere, in Sicilia?

La libertà di educazione incontra ancora nel suo concreto esercizio soprattutto in Sicilia una gran quantità di ostacoli che in vario modo ne rende pressoché astratta l’affermazione. È fondamentale che anche in Sicilia sia data attuazione piena alla legislazione sulla parità scolastica e sulla libertà educativa già contenuta nella legge n.59 del 15-3-1997 e soprattutto dalla legge n.62 del 10-03- 2000 che interessa non solo le scuole cattoliche ma tutte le scuole paritarie e che venga approvata dalla prossima Assemblea Regionale una legge sul diritto allo studio che ancora manca. Mi auguro che questo Rapporto serva a diffondere una cultura della libertà e del pluralismo scolastico e della parità che in Italia è ancora mancante non solo nel mondo laico ma anche in quello cattolico.

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