Maurice Aymard, Gangi e il valore della storia

 

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(7 gennaio 2013) – Il pomeriggio di sabato 5 gennaio ha visto gremita l’aula consiliare di Gangi, ospitata all’interno del Palazzo Bongiorno (nella foto). Era in atto la presentazione dell’agile volume di Maurice Aymard: Un borgo di Sicilia tra il XVI e il XVII secolo: Gangi – Congiuntura economica e strutture sociali, a cura di Nicolò Seminara.

In realtà, lo storico francese aveva già pubblicato lo studio nel 1974 e adesso, grazie al professor Seminara, qualunque studioso potrà usufruire della traduzione, oltre che del buon lavoro svolto sia nella premessa che nelle note. Il libro tratta i dati ricavati dai “riveli” rinvenuti dai documenti dell’Archivio di Stato di Palermo. Sembra, appunto, che Aymard abbia scelto Gangi perché si presenta tra le pochissime cittadine di quel periodo di cui è possibile studiare i dati nella maniera più completa. I “Riveli” sono un incrocio tra il nostro odierno censimento e la dichiarazione dei redditi. Solo che venivano effettuati una volta ogni 15 anni. Allora, come oggi, c’era approssimazione nella veridicità e nella completezza della denuncia dei redditi e dei beni immobili. Ad esempio, basti pensare che dal “rivelo” del 1548 siamo in grado di stimare la popolazione del borgo intorno ai 1091 fuochi (focolari domestici) e considerando una media di 4 persone a famiglia per ogni fuoco, si può calcolare facilmente la popolazione totale di quell’anno e, continuando con i dati degli anni successivi, possiamo ricostruire una curva demografica. Ciò, fidandoci soltanto di quei dati che è poi possibile confrontare con quelli degli archivi parrocchiali così da verificare quale grado di coerenza ci sia. Il dato demografico non è che un esempio. Da un’analisi di questo tipo, che comprende rendite, donativi, lasciti, debiti, capiamo bene che è subito chiara uno spaccato della ripartizione sociale presente in quegli anni.

Espletati i dovuti ringraziamenti ed i saluti di rito all’Amministrazione Comunale, nonché ai rappresentanti della Banca di Credito Cooperativo, non solo per la presenza ma soprattutto per la sensibilità dimostrata per pubblicazioni del genere (pubblicate grazie al loro contributo), il moderatore, Roberto Franco, ha introdotto il professore Cataldo Sorrentino che ha illustrato, in un excursus, alcune sezioni del libro. Il professore Sorrentino si è soffermato su due citazioni che vale la pena riportare al lettore. Ha menzionato Alcott padre, il quale scrisse che un buon libro si apre con un’aspettativa e si chiude con un profitto. Per aggiungere asserzioni a questa tesi, ha anche citato Umberto Eco quando sostiene che un libro si deve usare. Qui si aprono scenari prospettici che sono posti in dono allo studioso del luogo, allo storico, al linguista, allo studioso di economia che – l’auspicio ricorrente era quello – ci si augura possa utilizzare al meglio quei dati.

Grazie al piacevole intermezzo del giovane flautista Francesco Nasello, la parola è stata affidata al curatore del libro. Il professore Seminara, reduce dalla redazione del recente Gangi e le sue tradizioni, conduce un intervento breve in cui invita alla lettura del volume e in cui rivolge un monito ai giovani compaesani, al fine di condurre degli studi, avvicinandosi e contribuendo alla valorizzazione del patrimonio culturale locale. Conclude invitando la platea a partecipare alla costituzione della Nuova Accademia degli Industriosi (erede di quella settecentesca voluta dai Bongiorno che illuminavano lo scenario culturale del tempo). L’appuntamento è fissato per il pomeriggio di domenica 13, sempre nella gradevole cornice del Palazzo Bongiorno.

Gesualdo Bufalino, ricordava il professore Sorrentino, dichiarò che la fatica non è scrivere un libro, ma leggerlo. E noi vogliamo aggiungere un ultimo pensiero. L’iniziativa è lodevole non per il campanilismo o per gli studi che provincialmente possono essere lontani dalla deontologia scientifica in quanto non constatati o dimostrati per l’assenza del riscontro. È doverosa per non perdere le nostre radici, la nostra identità, per imparare dagli errori per non commetterli. Così possiamo dare il giusto onore a chi ci ha preceduto; possiamo dare memoria a noi, ricordando chi sono stati i nostri avi e cosa hanno fatto; e, per ultimo, dare un’eredità e una speranza a chi verrà dopo di noi. Il grande compito della Storia.


 

 

 

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