Vittorio in volo, a cura di Vito Mauro, Edizioni Thule, Palermo 2012
(3 gennaio 2013) – Dentro e oltre i confini della vita di Vittorio Alesi. Toccare l’infinito, percorrere il Tempo, quello eterno e immutabile, librarsi al di sopra di esso: massima e vana aspirazione dell’uomo, nella cui irrealizzabilità si misura proprio l’essenza dell’essere mortale. Eppure, nel libro curato da Vito Mauro, Vittorio in volo, testimonianza della vita e della morte di Vittorio Alesi, amico del curatore, si ha l’impressione che è propria dell’uomo la possibilità di avvicinarsi, anche durante la vita terrena, all’Infinito, inteso sia in termini laici che cristiani, all’essenza ultima della nostra esistenza, se si riesce a trarre fuori da essa una risposta, LA risposta.
Il racconto di quest’uomo che sposa Cettina, donna che ha continuo bisogno di cure mediche, la sua passione per lo sport, per il deltaplano, la sua lotta contro la malattia che lo ha condotto alla morte hanno un unico minimo comun denominatore: l’Amore, quella forza cosmica con la ‘A’ maiuscola, quella potenza in grado, scriveva Dante, di scatenare il movimento del sole e delle stelle, quell’energia che ci ha creati, quel sentimento che l’uomo ha nel profondo e che sa e deve trasmettere, che gli dona, forse, la coscienza del senso della vita. Italo Calvino scrive una frase densissima a proposito: «L’umano arriva dove arriva l’amore; non ha confini se non quelli che gli diamo»; e la vita di Vittorio sembra davvero tutta tesa a valicarli quei confini, l’amore e la dedizione verso la moglie sono stati totali, la passione per il volo in deltaplano collimava perfettamente con la tensione verso l’infinito, l’ignoto, il cielo, verso ciò che confini non ne ha per natura, verso ciò che nell’immaginario umano è più vicino a Dio, quel Dio che è sempre stato presente nella vita di Vittorio e Cettina e che attraverso pensieri e azioni è stato sempre cercato, sentito, trovato.
Vittorio protagonista di questo libro? Sì, forse. Ma l’impressione è di un testo polifonico, non soltanto per le testimonianze di amici e parenti che contribuiscono in maniera decisiva all’atmosfera generale di ogni pagina, ma anche perché chi entra in gioco, nel racconto e nei racconti, non lo fa da comprimario, da semplice surrogato: ogni figura che compare nel libro, e che quindi è comparsa nella vita di Vittorio, è assolutamente funzionale al quadro, davvero si può parlare di un libro corale in cui ogni personaggio non ruota ‘attorno’ al protagonista, ma ruota insieme a lui, ne suggella ogni momento, ne potenzia ogni azione, dona bellezza e poesia ad ogni pagina.
Il libro, oltre ai racconti, le testimonianze, i ricordi, è corredato da una serie di foto scattate da Vittorio e con Vittorio, perché si sa, la fotografia è forse la più sincera custode di una storia, ti rivela senza alterazioni ciò che le chiedi, eterna un attimo con estrema fedeltà. E ogni foto è corredata da una citazione, da un pensiero: nella prima parte si tratta di citazioni di cantanti, poeti, professori (come ad esempio il professore Tommaso Romano che scrive la prefazione al libro); nella seconda, invece, le foto sono colorate da citazioni bibliche, quasi ad indicare l’approdo finale di Vittorio, il suo essere volato (da cui il titolo del libro) verso l’oggetto dei suoi desideri, delle sue preghiere, verso IL mondo che non ha confini, non conosce delimitazioni, né spaziali né temporali: perché la condizione umana si esplica proprio nella misurazione del tempo, nel cercare di cogliere l’istante, nel cercare un punto stabile e fermo in ciò che fermo non è: da qui le paure dell’uomo, da qui LA paura per eccellenza, quella della morte. Ma Vittorio, in vita, ha creato un ponte che dal suo presente lo ha lanciato a quello che adesso è e sarà sempre, in eterno, il suo futuro, perché in Dio ha misurato il suo tempo, lo ha fatto con la moglie Concetta, con l’aiuto di ogni suo amico, di ogni sua conoscenza, le cui testimonianze li rendono protagonisti, insieme a lui, del libro in questione. Ecco il quid di quelle foto che di quel ponte sono chiara e limpida documentazione, ecco perché ogni immagine è specchio di una condizione, è parola, è vita.
Così la vita di Vittorio, soprattutto negli anni della malattia e della coscienza della morte, ha avuto uno sguardo sempre pieno, sempre vigile, perché, come scriveva Kierkegaard, «A chi vive seriamente il pensiero della morte indica la giusta direzione nella vita e la giusta meta verso cui indirizzare il viaggio». La coscienza di una morte che a breve lo avrebbe potuto strappare all’affetto terreno, è stata per lui una lente di ingrandimento con cui osservare e vivere la quotidianità, una rinnovato sguardo che già di per sé Vittorio aveva mostrato grande, ma che da quel momento ha mostrato con estrema chiarezza le tappe da seguire e il punto d’arrivo di quel ponte che aveva lanciato tra presente e futuro, sin dai tempi in cui aveva deciso di sposare Concetta, donna che richiedeva e sempre ha richiesto cure mediche e dedizione totale.
Un’intera esistenza tesa a travalicare i confini dell’umano pur rimanendo uomo nella difficoltà e nella più concreta materialità, un’intera vita volta a cercare, come sant’Agostino scriveva, il senso del Tempo nel proprio spirito, pur avendo coscienza della propria, fragile, condizione umana.
Per questo la vita di Vittorio è stata presa in mano dall’Amore, a Lui si è consegnata, a Lui ha richiesto la strada, a quell’Amore che stravolge e «muove il sole e le altre stelle», a quella forza immensa, infinita, come l’attuale mondo in cui Vittorio vive, a quella potenza che non conosce confini, se non quelli che gli uomini le danno.