Un panopticon siciliano

 


  Recensione di_Luciano_Nicastro_-_co022_big

Attanasio, Calaciura, Camarrone, Piazzese, Savatteri, Zaouali, Il sogno e l’approdo. Racconti di stranieri in Sicilia, Palermo, Sellerio, 2009, pp. 216, € 12


  

Luciano Nicastro(12 marzo 2011) - Ormai la Sicilia non è più il giardino di un grande mare di mezzo, il mare nostrum, da visitare, da ricordare e da amare, ma una via per realizzare un sogno. Il libro di Maria Attanasio ed altri è a riguardo una preziosa silloge di sogni e di proiezioni dell’animo contemporaneo in Sicilia, che inaugura un nuovo sguardo, un nuovo punto di osservazione sull’immagine e l’identità della Sicilia e dei siciliani accoglienti e generosi amanti della vita e dell’avventura.

Si viene in Sicilia però non solo per la posizione geografica e la vicinanza di navigazione, ma perché il viaggio attraverso il Mediterraneo geopolitico annuncia nel cuore un’alternativa mediterranea all’egemonia occidentale (cfr. L’alternativa mediterranea, a cura di F. Cassano e D. Zolo, Milano, Feltrinelli, 2007), soprattutto per la convinzione diffusa che qui si è accolti e perché vi esiste un cuore e una lingua di speranza e di prossimità, un luogo di mixité di antico meticciamento di sangue e di culture dove si può trovare sempre una mano che aiuta e un lavoro che fa progredire. La Sicilia è cambiata, è la terra delle quattro stagioni, del desiderio autenticamente umano dell’istinto vitale e della riproduzione, della creatività e del lavoro. È la terra dove la sicilianità è diventata filosofia della sicilitudine, familismo di sostegno e di rifugio, weltanschauung dei siciliani come messaggio identitario dei giovani e di una aristocrazia dello spirito. In Sicilia ormai trovi di tutto, non solo il sogno e l’approdo, ma voci di famiglie immigrate, strade piene di folle solitarie, uomini e ragazzi seduti sugli scalini, etnie di tutti i colori. Il mondo globale è venuto anche in Sicilia!

In questo libro della Sellerio si cerca di spiegare il visibile con l’essenziale invisibile e sotterraneo implicito. I racconti parlano di un passaggio e di un cammino dalla Sicilia nostalgica degli emigranti come terra di ritorno e di ricordi al sogno della “fontana della vergine” come nuova sorgente e viatico vicino della riscossa individuale delle famiglie povere del Sud del mondo. L’urbanizzazione dei nuovi immigrati non è però solo un fatto geografico e sociale, ma anticipa un meticciato di sangue e di vita, una condivisione di risorse e una compatibilità dei bisogni comuni unitamente ai sogni di un miglioramento civile ed economico anche dei siciliani e degli stessi intellettuali. Si è allargata la corda pazza di cui parlava Pirandello; prima si è allargata la paura e la diffidenza, poi si è allungata la via della speranza comune verso il Nord dell’Europa attraverso un sentiero povero colorato di speranza.

La Sicilia è stata sempre un luogo di pensiero umano “naturale”, un ambiente di forte riflessione esistenziale, dove il bisogno ha ispirato il sogno e ha saputo parlare al cuore di tutti e in tutte le lingue generando umanità e poesia universale e contemporanea. Dalla Sicilia si passa per diventare diversi, ma si resta per assumere uno spirito e una sensibilità. Mentre prima era un luogo di radici profonde e maieutiche di martellanti e dionisiache civiltà che avevano segnato questa terra di mezzo con il loro humus di dialogo e di acculturazione, ora in modo paradigmatico si sta ricapitolando la tenda dell’umanità mediterranea, avvicina a questa isola continente il Sud del mondo. Come una volta è stato il cristianesimo a realizzare l’incontro di mediazione e di fusione di popoli e di culture, ora cerca di gettare un ponte ideale e possibile tra l’Oriente e l’Occidente, tra le religioni monoteistiche e le religioni dei popoli dell’Africa e dell’Asia, facendo anche riscoprire i mille volti degli uomini e il luccichio del loro sentimento in crescita della libertà, della dignità, della giustizia sociale con un nuovo e bollente desiderio di democrazia giovane e promettente.

La Sicilia ha avuto la sua bella e antica rappresentazione nel mito esaltante di Cola di Pesce che si immola per il futuro della sua isola e cerca di tenerla in vita con la forza delle sue braccia ma questa immagine è stata bagnata e sporcata di sangue nei fatti e nei racconti di mafia e nelle vicende mitiche di antichi banditi, reali e di fantasia, di ribellioni popolari come una sorta di continuum storico ed etico sino alla II guerra mondiale, ai fatti di Avola degli anni Sessanta, alla delocalizzazione delle industrie di oggi a Termini Imerese. In quest’isola tutto quello che nasce sboccia per morire e ritorna come in un ciclo eterno del destino spegnendo i desideri e deludendo le speranze. Anche gli scrittori finiscono oggi per parlare d’altro, non più del realismo drammatico ma del verosimile e cercano, come nel commissario Montalbano di Andrea Camilleri, di sondare le prigioni del cuore e le vicissitudini drammatiche di una città allusiva. La silloge della Sellerio riunisce il passato e il presente nella cornice antica della bellezza e nel bisogno della purezza come ricerca dell’assoluto attraversando il piacere e le passioni e indicando una via di riposo per il corpo affamato e martoriato e per l’anima sofferente e disperata. A Lampedusa sono arrivati come Cola di Pesce immigrati dal mare e sono diventati sopravvissuti e clandestini, cittadini di un mondo siciliano per qualche approdo. Di questa non terra d’arrivo ricorderanno l’approdo e il luogo di transito.

La piccola e grande editrice Sellerio con questo libro aggiunge una perla preziosa alla lettura dell’animo post moderno della sicilitudine dei siciliani che cercano di vedere nei nuovi segni dei tempi dell’immigrazione anche una risorsa e non solo una fonte di creatività poetica, una occasione civile e culturale di mutamento destinato a segnare profondamente il raccordo tra la vecchia ed endogena emigrazione con la nuova e dolorosa immigrazione non solo di braccia ma anche di intelletti e di capitale umano siciliano e africano.

La singolare e geniale eredità dei grandi spiriti siciliani del passato continua ancora a far parlare mediante un linguaggio verace e comprensibile, misto di idiomi diversi un universale e solidale pessimismo cupo di sapore antico di una vita drammatica di sudore che è condita anche di gradazioni comiche e farsesche e di arguzie della quotidianità. In questi racconti è centrale la mediazione del sogno e l’approdo in sogno più che le foto della realtà. Sono di più le luci delle narrazioni che le descrizioni del mutamento come la figura del boss del racconto di Santo Piazzese nel suo Il viaggio segreto di Niels Bohr a Palermo (pp. 117-140). Tutto il libro andrebbe colorato e intenzionato alla maniera di Giosuè Calaciura come il quadro di una malinconica speranza dello spirito dei siciliani che, come una volta, dalla profondità dei loro sogni fanno emergere in forza di vita i loro desideri dionisiaci e apollinei e scoprono… la luna.


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