«Non ho dubbi: il mio posto è tra la mia gente», l’Arcivescovo di Aleppo Jean-Clément Jeanbart racconta a Monreale il dramma della Siria

 

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(26 gennaio 2015) – “Quando è scoppiata la guerra, – lo dico con franchezza – ho avuto la tentazione di andar via dalla Siria, perché la situazione che si è presentata era molto grave e a rischio. Ma il Signore mi ha poi concesso all’età di 71 anni l’entusiasmo di una nuova giovinezza. E così sono rimasto e rimango con più ardore e voglia di aiutare più di prima la mia gente. Certo le condizioni di vita quotidiana non sono migliorate, anzi…, ma proprio per questo desidero continuare a dare speranza ad un popolo che sta vivendo in condizioni assolutamente drammatiche”.

Questa la testimonianza più toccante di S.E. Mons. Jean-Clément Jeanbart, Arcivescovo di Aleppo invitato dall’Arcivescovo di Monreale, mons. Michele Pennisi a tenere una conferenza in occasione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.

Nell’occasione gli sono state conferite il titolo e le insegne di accademico ordinario dell'Accademia teutonica. Ha anche ritirato analoga onorificenza per il Patriarca Melchita di Antiochia, Sua Beatitudine Gregorio III.

La Siria è oggi una terra insanguinata, in cui i cristiani e altre minoranze religiose sono perseguitati a causa della loro fede dal fondamentalismo del sedicente Stato Islamico dell’Iraq e della Grande Siria (ISIS).

Ma prima di descrivere le condizioni in cui vivono da anni milioni di siriani Mons. Jean-Clément Jeanbart, ha voluto descrivere, seppur sommariamente come si viveva prima.

“La Siria – ha detto – è sempre stata un mosaico di riti e di religioni, una quindicina circa che convivevano pacificamente. Fino a che non è arrivata la rivoluzione o quella che viene chiamata la Primavera araba, che ha fatto un danno enorme, ha distrutto un Paese che cominciava ad evolversi, che si dirigeva lentamente verso la democrazia”.

Ha descritto il suo paese come un luogo in cui certamente esistevano ricchi e poveri, nel quale tuttavia nessuno viveva in miseria. L’insegnamento era pubblico e gratuito, così come la sanità, ed era relativamente facile acquistare una casa con i contributi statali. Ad Aleppo, per esempio, c’era l’università statale con 150 mila studenti, mentre un milione e mezzo di ragazzi di ogni età frequentava le scuole pubbliche. Circa 15 mila studenti universitari provenienti dalle campagne, dalle zone meno centrali, vivevano nella cittadella universitaria con appena un euro al mese e, grazie a questa istruzione, sono riusciti a ricoprire anche posti importanti della società. Poi sono arrivati altri interessi geopolitici, economici, finanziari, il fanatismo religioso, aiutati dai Paesi meno democratici con l’obiettivo di dominare tutta la zona, ed è finito tutto.

Poi con grande passione ha parlato della storia e delle tradizioni della Siria e della sua città. “Aleppo – ha proseguito – è la più antica città del mondo e Damasco la più antica capitale del mondo. Per secoli vi hanno pacificamente convissuto non solo gli appartenenti alle tre religioni monoteiste, ma anche culture, etnie e popoli diversi. Il governo riusciva a garantire a tutti una discreta libertà di espressione e delle condizioni economiche accettabili. La Siria ed Aleppo sono state da sempre la porta di scambio tra oriente ed occidente e questo ne ha fatto uno Stato aperto agli scambi commerciali e allo sviluppo economico. L’interscambio economico con l’occidente affonda le sue radici storiche nei secoli scorsi, già ai tempi della Via della seta. Vi erano ottimi rapporti economici anche con l’Italia, perché vi esportava gran parte della sua produzione di olio d’oliva”.

Passando a descrivere le condizioni odierne il suo dire si è fatto accorato. “Oggi molto, forse tutto è cambiato. La guerra ha portato miseria per tutti, oltre che moltissimi morti tra la popolazione civile. Mancano le condizioni minime per vivere, sia per la sussistenza quotidiana (acqua, gas, energia elettrica, cibo a sufficienza) sia per i necessari scambi con gli altri popoli (infrastrutture, mezzi di trasporto, ecc.). La posizione della Siria in Medio Oriente è strategica. Dalla Sira passano tantissimi interessi economici. Per questo in Siria si sono concentrati molti, tanti interessi sia delle potenze occidentali (Francia, Inghilterra, America, ecc.) che orientali, quelle legate all’Islam, o almeno ad un modo particolare di concepire l’Islam. Vi sono poi gli interessi di Israele, della Turchia, che vagheggia un ritorno all’impero Ottomano, seppur in chiave moderna, degli Emirati arabi, per via del gasdotto che la dovrebbe attraversare, ecc. Una situazione complessa in cui i cristiani rappresentano una sorta di spina nel fianco”.

E passato, quindi, a descrivere la condizione e il ruolo storico dei cristiani. “I cristiani sono gli unici che hanno un certo tipo di rapporto con l’Occidente. Penso ci sia un complotto per eliminarli dal Medio Oriente, perché i loro lamenti e le loro sofferenze sono in grado di giungere in Occidente, svelando così il grande imbroglio che sta sotto a questa guerra e i tanti interessi che si vogliono tutelare.

A chi gli ha chiesto come vive oggi a Aleppo ha risposto: “Mi hanno saccheggiata la Curia in cui vivevo ed abitavo. Adesso di notte sto in un luogo più sicuro e di giorno torno nel vecchio palazzo arcivescovile che si trova proprio sulla linea del confine. Ma non ho paura e finora è andato tutto bene. Anche per prendere l’aereo a Beirut e venire in Italia ho dovuto fare sette ore di auto per evitare l’autostrada che è in mano ai cecchini. Ma non ho dubbi: il mio posto è tra la mia gente”.

Nel suo appassionato intervento si è poi soffermato a descrivere le iniziative concrete messe in atto per sostenere la popolazione di Aleppo. “Abbiamo istituito quella che chiamiamo cassa d’urgenza per sostenere alcune iniziative “umanitarie” per i bisogni primari. Aiutiamo gli abitanti a pagare l’elevato costo dell’energia, soprattutto del gasolio; distribuiamo più di 1.500 cesti di viveri al mese; abbiamo fatto di tutto per non far chiudere le scuole cattoliche che esistevano e abbiamo istituito specifiche borse di studio per i più bisognosi. Io mi tengo in contatto con il popolo attraverso lettere periodiche che spedisco per sostenerne la speranza e l’impegno a resistere”. Inevitabile il riferimento alla presunta guerra di religione in atto e allo scontro con l’Islam.

“In questa storia – ha spiegato - la religione c’entra. C’entra il fatto che alcuni hanno tentato di coprire gli interessi economici con quelli presunti religiosi. Questo non corrisponde alla realtà. Io ho rapporti con tantissimi esponenti religiosi, anche autorevoli, dell’Islam. Nessuno è convinto che in nome di Dio si possa uccidere. E’ la violenza di pochi che prevale sulla volontà alla pace di molti. Abbiamo scoperto solo ora che già da vent’anni c’era una infiltrazione di esponenti dell’Islam che volevano condurre la Siria sotto il controllo di quello che oggi è l’Isis. Hanno approfittato della contingenza della guerra per manifestare pienamente il loro progetto ed ora la Siria è in una guerra dal futuro incerto”

La parte conclusiva del suo intervento è stata rivolta al futuro. “Attendiamo con speranza che finisca la guerra e ci stiamo preparando a questo momento, creando le risorse umane necessarie per la ricostruzione. Ad esempio, abbiamo aperto delle scuole professionali legate all’edilizia perché sarà certamente il settore economico che ripartirà per primo. La Sira può e deve tornare ad essere quella di prima: un mosaico di popoli e religioni in grado di vivere e convivere in pace. Dio non vuole la guerra, ma ci ha fatto talmente liberi da essere in grado di farla. Ha consentito anche a Giuda di tradirlo; anche a Pietro è stata data questa possibilità, ma l’ha usata meglio. Dobbiamo saper mettere a frutto questa libertà anche noi oggi”.

L’ultimo appello è stato rivolto all’Occidente, all’Italia e alla Sicilia. “Sono venuto fino qui – ha concluso - in Sicilia perché qui per secoli hanno pacificamente vissuto cristiani, ebrei e islamici. Vi chiedo di sostenere il nostro sforzo; intendo contribuire con la mia testimonianza alla affermazione della pace anche in occidente, ove i recenti fatti di Parigi insegnano che vivete anche voi rischi significativi”.

Mons. Pennisi e Mons Jeanbart si sono subito intesi per stabilire un gemellaggio tra Monreale ed Aleppo, tra le due culle del cristianesimo e della presenza araba e bizantina sui versanti opposti del Mediterraneo.

 

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