Un nuovo nome nel marmo: Giovanni Falcone

 

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(25 giugno 2015) – Ci sono storie di uomini che nascono nei meandri più segreti del lato ingrato del mondo. Ci sono uomini che lasciano, fin dal principio, promesse concrete di speranza per l’umanità. E ci sono uomini di cui vengono distrutte le vite, con la vana illusione di averli tolti di mezzo, poiché scomodi alla malvagità più codarda: quella senza nome. Ma un attimo di folle rumore, per chi è stato capace di farne molto di più in silenzio, è solo un attimo; perché il rumore, acceso dalla malignità umana, per devastare anime giuste, non è che un fiammifero a ridosso di una cascata.

E la vera prova che la giustizia sta al di sopra di tutte le nostre leggi, e che decide da sola i suoi eletti, è ora impressa per sempre sull’ultimo marmo della maestosa chiesa di San Domenico di Palermo, tempio di personalità illustri di Sicilia, che martedì 23 giugno ha innalzato Giovanni Falcone innanzi alla storia, degli antichi e dei posteri.

Alla Vigilia di San Giovanni Battista, la città di Palermo, abbracciata da Stato e Chiesa in eclissi, ha offerto un solenne tributo a uno dei magistrati più validi nella storia della Sicilia e della Repubblica Italiana.

Sotto la regia tenace della Fondazione Giovanni e Francesca Falcone, il Comune di Palermo, con partecipazione attiva del sindaco Leoluca Orlando e di Sua Eminenza R.ma il Cardinale Paolo Romeo, la Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Palermo, l’Ufficio del Genio Civile di Palermo, l’Ufficio Città Storica del Comune di Palermo, la Comunità dei Frati Domenicani di Palermo, la Provincia Domenicana San Tommaso D’Aquino e l’Associazione Coro Polifonico Regina Pacis di Altavilla Milicia (Pa), hanno unito tutte le forze per un evento civile e umano che ha inciso, sulle pietre della città, il nome di un uomo che, in vita e con la morte, ha dato prova di coraggio, un coraggio spazzato via dalla vigliacca grettezza di una malignità superba, che nella solennità di martedì pomeriggio ha sbattuto nuovamente contro il muro della sconfitta.

A coronare come una cupola di gentile sacralità l’evento, è stato il Coro Symposium, splendido protagonista nei suoi 154 coristi, magistralmente diretti dal M° Vincenzo Marino, tra i più grandi orgogli ormai della direzione corale siciliana, e, come a specchio, nella difficilissima e antica impresa dei cori battenti, anche il giovanissimo direttore Ignazio Catanzaro. Tra i soprani del coro di risposta, anche le voci bianche della Schola Cantorum Vox Anime, in prima linea nel rievocare i gregoriani della celebre Missa de Angelis, sigillo antico della sacralità corale e liturgica, rivisitata, in questa occasione, dalle splendide polifonie di Valeriano Tassani. All’organo della grande chiesa domenicana,un impeccabile e attento gioco di pedali e registri in tandem, per Alberto Maniaci e Gabriele Filippone.

A seguire, autori come Lutz, Elgar, Kodaly e Viadana, hanno saputo creare, attraverso la dolcezza del Coro Symposium e all’attento service per la fonica, sotto la supervisione di Carlo Gargano, una silenziosa presa di coscienza di un sacrificio affidato per sempre alla memoria.

E se qualcuno, nel silenzio di una chiesa in ascolto e forse ancora nel dubbio, si fosse interrogato sul confine tra martire e uomo giusto, su dove finisca l’uno e dove l’altro, avrebbe compreso, una volta per tutte, che ogni confine è posto solo dall’uomo, e che se un Dio esiste, non se ne cura.

“Il male non può essere subìto”, raccomanda Paolo Romeo ai presenti: perché la distanza tra un male e un altro, è la stessa che intercorre tra un martire e un uomo giusto. E se anche continueremo nei secoli a disegnare inutili confini tra santi e civili, la vera Giustizia continuerà a scegliere da sola i suoi giusti, e a posarsi con orgoglio tra un altare e un mausoleo. 

 


 

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(ph. Filippo Barocchieri)


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