L’incontro dei giovani con il Papa che si è svolto a Roma l’11 e il 12 agosto scorsi, è stato preceduto in tante diocesi italiane da pellegrinaggi di avvicinamento alla sede di Pietro, occasione di riflessione, preghiera e convivenza per migliaia di giovani. In Sicilia ben sei diocesi, quella di Agrigento, Mazzara, Monreale, Piana degli Albanesi, Trapani e Palermo hanno dato vita ad un pellegrinaggio alquanto particolare: cinque giorni a piedi dal Santuario di Santo Stefano alla Quisquina in provincia di Agrigento alla Cattedrale di Palermo, sulle orme di Santa Rosalia e del percorso che ella fece prima di rifugiarsi su Monte Pellegrino.
Il cammino si è snodato per circa 150 km ripercorrendo parte di quello già a suo tempo tracciato dalla Regione Siciliana denominato “Itinerarium Rosaliae”, che passa anche attraverso tre riserve naturali (Ficuzza, Serre della Pizzuta e Monte Pellegrino), il Parco dei Monti Sicani e più di 10 comuni e l’altro denominato “Via Francigena” detto la “Magna via”. Via hanno preso parte talvolta per tutto il tempo, talvolta per alcune tappe i Vescovi e i seminaristi delle diocesi coinvolte, i giovani, che poi hanno proseguito in autobus per Roma, e numerosi fedeli desiderosi di fare una esperienza religiosa in un contesto del tutto diverso dal tradizionale.
“Si è trattata di una esperienza molto interessante – ha spiegato l’Arcivescovo di Monreale, mons. Michele Pennisi – che, promossa dalla Pastorale giovanile delle diocesi interessate, ha coinvolto giovani e meno giovani desiderosi di fare una esperienza religiosa in un contesto del tutto diverso dal tradizionale. Possiamo chiamarlo un pellegrinaggio verso la santità, così come il Papa ha indicato con la sua Esortazione Apostolica “Gaudete et Exsultate”.
Ogni tappa oltre alle sei o sette ore di cammino, prevedeva la sosta in alcuni luoghi e paesi particolarmente significativi e si concludeva con iniziative pubbliche su vari temi, nonché l’accoglienza e l’ospitalità da parte degli abitanti del luogo.
Alla partenza dal Santuario di Santo Stefano il Cardinale di Agrigento Francesco Montenegro ha spiegato il senso dell’iniziativa dicendo ai giovani che: “il bastone e il vincastro vi diano sicurezza, forza e gioia” durante il cammino e ha dato a tutti appuntamento alla Cattedrale di Palermo ove si è concluso il gesto.
A Prizzi si è trattato il tema “Giovani e lavoro” presentando le esperienze del progetto “Policoro” in atto nelle diocesi di Agrigento e Monreale. L’ospitalità per dormire è stata offerta da una scuola, mentre il vitto è stato preparato dalle famiglie del luogo.
A Corleone vi è stato il momento più interessante che ha colpito particolarmente tutti. Nella chiesa Madre gremita in ogni ordine di posto c’è stato un interessante dibattito su “Giovani e legalità” cui hanno partecipato esponenti del CIDMA, cioè del Centro Internazionale Documentazione su Mafia e Antimafia, che hanno fatto conoscere l’altra Corleone, quella positiva impegnata nella lotta contro la mafia. “Durante l’omelia della Messa – aggiunge Pennisi – ho affermato che Corleone non merita di essere ricordata soltanto per le tristi vicende di alcuni malavitosi dei nostri tempi, ma per le figure di santità che ha saputo esprimere negli anni. Dopo averle richiamate, ho ricordato come il mio predecessore mons. Cataldo Naro si adoperò perché i santi fossero il vero contraltare della mafia. Ho concluso invitando i giovani a coltivare la speranza di una santità sempre possibile per tutti”.
In questa tappa l’ospitalità, anche per dormire, è stata offerta da 70 famiglie, ed anzi l’offerta è stata superiore alle necessità del numero dei partecipanti. I giovani sono rimasti particolarmente colpiti dal clima di accoglienza ricevuta proprio in un paese così tristemente noto ed hanno commentato alla fine che quella si è rivelata l’esperienza più dirompente e inattesa dell’intero viaggio.
Una giovane scout alla fine della giornata ha commentato: “Abbiamo capito che nel nostro piccolo possiamo combattere la mafia: se lo hanno fatto gli abitanti di Corleone possiamo farlo anche noi. Vivere nella legalità deve essere la normalità della vita”.
Anche Giovanni Marino, seminarista della Diocesi di Mazzara, è rimasto particolarmente impressionato della giornata di Corleone e in particolare di quanto accaduto a tre compagni di viaggio che sono stati ospitati in una famiglia, nella quale a sera, dopo la cena sono stati accompagnati nella camera da letto, convinti che si trattasse della stanza degli ospiti. “Solo la mattina alle 4, - racconta a tutti - al momento della sveglia hanno scoperto che i tre membri della famiglia avevano ceduto la loro camera da letto agli ospiti e si erano accomodati alla ben meglio nel salotto di casa. Un gesto di accoglienza che ha commosso tutti i partecipanti”. Poi racconta un altro episodio particole. “Ad ogni tappa le famiglie ci davano anche dei panini per il pranzo che consumavamo durante il cammino. Ad alcuni di noi una volta ne hanno consegnato ben tre per ciascuno con due fette di carne. Ci sembrò un gesto di eccessiva generosità. Ma solo al momento della consumazione comune capimmo come ogni famiglia si fosse fatto carico in un certo modo di tutte le altre, perché i panini contenevano la qualità del cibo che ciascuna famiglia poteva offrire, in base alle proprie condizioni economiche, C’è n’erano con la frittata, con le verdure, con il formaggio. Poche contenevano carne e chi lo poteva fare pensava anche per quelle che non potevano. Alla fine dividevamo tutto insieme, anche il cibo che ciascuno riceveva”.
Al Santuario della Madonna di Tagliavia e poi nell’azienda Solidale che si sviluppa sui terreni dati in comodato d’uso dalla Diocesi di Monreale alla Missione di Speranza e carità si è svolto un dibattito sulla difesa dell’ambiente e del creato, cui è seguito un incontro con Biagio Conte e don Pino Vitrano. All’appuntamento successivo a Piana degli Albanesi la Messa è stata celebrata dal Vescovo di Mazzara, mons. Domenico Mogavero. Il giorno dopo a Villa Ciambra i pellegrini sono stati ospiti dei parrocchiani che hanno organizzato il pranzo per tutti e lì sono stati raggiunti dall’ Arcivescovo di Palermo mons. Corrado Lorefice.
Il pellegrinaggio si è concluso a Palermo ove i giovani pellegrini hanno svolto degli incontri in alcune associazioni e strutture caritative e di accoglienza e poi tutti insieme si sono recati a pregare sulla tomba del Beato Pino Puglisi in Cattedrale, prima di partecipare all’ultima celebrazione eucaristica, con l’Arcivescovo di Agrigento, il Vescovo di Trapani, l’Arcivescovo di Palermo e quello di Monreale. Alle 18 sono poi saliti sui pullman che li hanno portati a Roma per l’incontro con il Papa.
Don Francesco Baldassano, Rettore del Seminario di Agrigento, ha definito l’iniziativa “un’opportunità di crescita vocazionale e un cammino di riflessione in cui i giovani, aiutati anche dalla bellezza della natura circostante, hanno potuto sperimentare il creato come luogo teologico, dove contemplare e leggere la bellezza dell’incontro con Dio, rientrare in sé stessi e intuire che il cammino a piedi è metafora di quello verso il sacerdozio”.
“Il viaggio – ha commentato in conclusione don Francesco Di Maggio della Diocesi di Monreale – è stato molto impegnativo, anche perché le condizioni climatiche non ci hanno aiutato. Ha piovuto ogni giorno e i sentieri erano sempre pieni di fango. Tuttavia la chiarezza e la bellezza della meta da raggiungere, cioè l’incontro con il Vicario di Cristo che sta a Roma, ha fatto superare ogni fatica, con gioia e convinzione. Questo mi è parso già un piccolo miracolo”.
“Siamo stanchi ma soddisfatti – ha dichiarato prima di partire per Roma, don Gero Manganello, Direttore Diocesano del Centro per i Giovani della Diocesi di Agrigento – perché durante il cammino sono nate relazioni, si sono vissute emozioni, abbiamo intessuto rapporti non solo tra noi, ma anche con quanti abbiamo incontrato nei vari paesi. Ciascuno era partito con un suo progetto e un suo programma, ma quando questi sono sostituiti da quelli fatti da Dio ecco che accadono grandi soprese.
“A conclusione del viaggio – ha commentato Giovanni Marino – ho compreso di più non solo il valore della preghiera e del silenzio, ma anche della Chiesa, perché quei trecento pellegrini rappresentavamo tutta la Chiesa, fatta di giovani e meno giovani, di religiosi e di laici, in cammino nei sentieri fangosi e sulle strade asfaltate, in cui a tutti può accadere di cadere e in cui tutti possiamo risollevarci, solo che la mano di un amico ci giunga in soccorso; una Chiesa in cammino per le vie del mondo e non chiusa nelle sicurezze delle sacrestie”.