Padre Ibrahim Alsabagh, parroco della Chiesa di San Francesco d'Assisi della comunità latina ad Aleppo è stato in questi giorni a Palermo per ricevere il premio padre Pino Puglisi che viene assegnato da alcuni anni nella nostra città a persone che a livello internazionale si sono distinte nell’ambito della solidarietà. Il sacerdote francescano dell’Ordine dei frati minori durante la visita in Sicilia è stato invitato in diverse città a raccontare della sua esperienza nella martoriata Siria. L'incontro nella parrocchia di Sant’Ernesto a Palermo, voluto dal parroco padre Carmelo Vicari, è stato veramente un momento di grande interesse e commozione per quanti hanno partecipato.
Il parroco di Aleppo, originario di Damasco, da diversi anni opera nella città distrutta dalla guerra e la sua parrocchia è punto di riferimento per tutti, cristiani e musulmani che hanno bisogno di ogni cosa. La città oggi è distrutta al 70%, la vita quotidiana è difficile in tutti i suoi aspetti, manca il lavoro, l’erogazione di acqua e luce è difficoltosa, il cibo scarseggia e l’alimentazione carente porta malattie e morte. Molti hanno abbandonato le loro case e hanno lasciato la Siria e solo negli ultimi tempi stanno cominciando a fare ritorno e la Chiesa è là a sostenere la gente nei suoi bisogni materiali.
Eppure Aleppo era una città ricca e fiorente nelle sue attività industriali e commerciali e la Siria un paese che godeva di ricchezze naturali, come il petrolio, ma proprio queste ricchezze, ne hanno fatto terreno di scontro perché, come testimonia padre Ibrahim, quello che è accaduto in questa terra, in questa posizione geopolitica particolarmente importante, è soprattutto una guerra economica più che religiosa che ha sottoposto la popolazione siriana a una tragedia che non ha fine ancora oggi; e la ripresa non è e non sarà cosa semplice.
La Chiesa fin dall’inizio della guerra ha avuto un ruolo importante nel portare il soccorso materiale, ma anche nel sostenere la speranza di un popolo duramente piegato e che costantemente vive con la paura dei missili. Tanti sono i progetti avviati in tutto il paese e ad Aleppo, proprio nella parrocchia di padre Ibrahim, sono progetti educativi, di aiuto nella ricerca del lavoro, di ricostruzione, ma anche di sostegno alle emergenze con la distribuzione alle famiglie di pacchi alimentari. Le necessità economiche sono di diverso genere e padre Ibrahim e i suoi collaboratori si sono ritrovati anche a venire in aiuto per un matrimonio o per un funerale quando le famiglie non sono in grado di sostenerne le spese.
La tragedia della guerra siriana padre Ibrahim l’ha raccontata in due libri- testimonianza Un istante prima dell’alba e Viene il mattino, pubblicato quest’ultimo recentemente, utili per capire di più di questa situazione così complessa. Ma sicuramente ascoltare dal vivo i racconti di momenti drammatici in cui lui stesso insieme alle famiglie, assistite nella sua parrocchia, hanno corso il rischio di perdere la vita sotto i missili, fa riflettere maggiormente perché fa immedesimare.
Il 25 ottobre 2015 un missile ha colpito la cupola della Chiesa proprio nel momento in cui padre Ibrahim stava consacrando l’eucaristia; questo è il racconto di un miracolo perché il missile pur sfondando la cupola non è penetrato all’interno della chiesa che in quel momento era gremita di gente. Nelle settimane precedenti le famiglie erano state incontrate e invitate e molti erano venuti dopo tanto tempo che si erano allontanati; se il missile fosse entrato nella chiesa sarebbe stata una tragedia, sono stati momenti di paura, i vetri sono andati in frantumi nell’arco di 6 km e dentro la Chiesa si sono trasformati in lance proiettate sui fedeli; eppure ci sono stati solo feriti e la strage è stata risparmiata. “Abbiamo sentito che la Madonna ha preso la chiesa sotto il suo manto e l’ha protetta” - ha raccontato padre Ibrahim - ma vedere la sofferenza della gente lascia il segno, ferite profonde che non potranno essere cancellate”.
La consapevolezza del missionario è chiara: “Questa è la nostra missione: accogliere, ascoltare e cercare di essere, con la forza e la grazia del Signore, la mano tenera di Dio come sempre dice Papa Francesco”. Padre Ibrahim è là, in quel paese lacerato dove ogni giorno ancora si rischia la vita, senza nessuna pretesa ma “libero nel dire che il mio cibo è fare la volontà del padre mio, questa è la gioia più grande, questa la felicità: poter dire ad Aleppo sotto i missili, nella fame e nel freddo: questa è la volontà di Dio”.
Di fronte agli enormi bisogni materiali la Provvidenza non è mai mancata e la parrocchia è divenuto un luogo non solo dove si sperimenta l’accoglienza, ma anche dove si viene educati alla carità e la gente, anche quando non ha le possibilità, è solidale con chi ha più bisogno e sperimenta anche il perdono. Da tutto il male che si è abbattuto in questo paese e che difficilmente si riesce a immaginare ne è derivato un gran bene e tanti cristiani, proprio nel momento della prova, si sono come risvegliati e danno una grande testimonianza anche nei confronti dei musulmani.
La testimonianza di padre Ibrahim è stata importante per capire cosa sta accadendo in Siria e per scuotere anche le nostre coscienze; i Siriani hanno bisogno del nostro aiuto, la loro sofferenza ci interpella e può essere sostenuta dalla nostra vicinanza perché la Provvidenza può avere il nostro cuore.
È stato proprio in Siria ad Antiochia che la comunità cristiana ha preso per la prima volta proprio questo nome e nella situazione di oggi i cristiani di Aleppo stanno vivendo l’esperienza delle prime comunità in cui si condivideva tutto perché si condivideva la fede e danno testimonianza della speranza e di una possibilità di vita nuova anche nelle macerie.