Il 14 e 15 maggio si vota nelle università italiane per rinnovare il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari

 
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Un tempo il mese di maggio era ricordato perché dedicato alla Madonna; oggi è ricordato perché è dedicato alle elezioni. Il 26 voteremo per il Parlamento Europeo, domenica 28 aprile in Sicilia si è votato per rinnovare molti consigli comunali. Il 14 e 15 maggio saranno chiamati alle urne più di un milione e mezzo di iscritti alle università italiane.

Dovranno eleggere i 28 rappresentanti al C.N.S.U. il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari. È un organismo consultivo che assume una grande importanza nella definizione delle politiche in favore dell’Università, perché il suo parere è obbligatorio e soprattutto perché rappresenta la voce di tutti gli studenti degli atenei italiani. Il sistema elettorale prevede che l’Italia sia divisa in quattro macro aree (Nord est, Nord ovest, Centro e Sud) ove si eleggono col sistema proporzionale sei rappresentati in base alle liste presentate.

Di questo e di molto di più parliamo con Gianpiero Di Cristofalo che si candida nella circoscrizione del Sud che comprende Campania, Puglia, Calabra, Sicilia e Sardegna nella lista denominata: “Obiettivo studenti – Ateneo Studenti”.

Gianpiero, partiamo un po’ da lontano. Com’è cambiata l’università italiana, com’è oggi?

È molto cambiata, non solo da quella dei nostri nonni, quella per intenderci della contestazione del ’68, ormai ricordata solo nei libri di scuola e di cui nei nostri atenei non c’è alcun ricordo, se non per gli ultimi docenti che stanno andando in pensione, ma anche da quella dei nostri genitori, quella dagli anni del 1990 in avanti.

Perché?

Perché oggi è un luogo prevalentemente dedito alla acquisizione delle conoscenze (didattica ed esami conseguenti) e allo studio (individuale o con qualche collega). È molto bassa la vita collettiva e associativa e gli studenti che frequentano sono sempre in diminuzione.

E a cosa si deve questo fenomeno?

Al fatto che la vita normale dello studente universitario, soprattutto le sue passioni e i suoi interessi, si svolge fuori. Si va in facoltà il minimo indispensabile: le lezioni, gli esami e lo studio in biblioteca, finché sono aperte; ma non dimentichiamo che molte chiudono a metà pomeriggio, quindi anche per studiare bisogna trovare altri luoghi. E poi molto si può fare via internet senza muoversi da casa.

E il rapporto umano con i colleghi e i docenti viene meno?

Non viene meno, ma si è molto ridotto. I docenti non potrebbero seguire tutti gli studenti iscritti, soprattutto quelli dei primi anni e gli studenti vivono la loro vita sociale in altri luoghi: i pub, le comitive, le associazioni di vario tipo e comunque anche la vita sociale universitaria si è assottigliata.

E i vecchi e atavici problemi degli universitari: i pendolari, gli appartamenti per i fuori sede, la carenza di locali, il calendario degli esami, le strutture sportive, ecc. esistono ancora?

Si, ma in parte. Parte si risolvono con iniziative individuali o di piccoli gruppi, parte attraverso le strutture associative di studenti che ancora sono presenti, e a parte ci si rassegna, come la carenza di spazi sufficienti.

E a proposito di associazionismo, esistono ancora i gruppi politici che cercano di affrontare questi problemi?

Quelli ideologici dei decenni scorsi non ci sono più, tranne sparute realtà che incidono poco. Le associazioni presenti svolgono un compito di servizio agli studenti, forniscono cioè informazioni e servizi, che altrimenti richiederebbero più fatica per trovare risposte.

Quali sono questi tipi di servizi?

Tutti quelli che dovrebbe offrire l’università e che talora sono di difficile accesso: calendario degli esami, problemi di didattica (libri di testo, tesine, ecc.) servisti esterni collaterali (trasporti, mense, ecc.) e soprattutto il servizio alle matricole.

In che modo?

Per le matricole, ieri come oggi, l’ingresso all’università è sempre molto duro. Trovare all'inizio colleghi di qualche anno più grandi che ti aiutano nel primo impatto è sempre utile e importante. Questo processo di incontro iniziale poi viene fidelizzato dalle associazioni che in tal modo hanno un “pubblico” più stabile cui riferirsi negli anni successivi.

Quindi si avvicinano alla figura dei corpi sociali rispetto alla società?

Si, ma con funzioni ben ristrette; si possono assimilare più ai patronati che non ai partiti.

Allora l’università non è più una fucina di giovani che poi vogliono fare politica?

I giovani dei partiti tradizionali ancora esistenti non vengono reclutati all’università, ma attraverso altri canali.

Quindi all’università non si fa più politica?

Con le debite proporzioni c’è lo stesso poco interesse che esiste nella società. Prevale più la protesta che la proposta.

E il rapporto con il mondo esterno, quello col mondo del lavoro, come funziona?

Questo è certamente il problema più grosso. Ma c’è ormai la rassegnata consapevolezza che malgrado tutti gli impegni e le buone intenzioni, l’università serva poco a trovare lavoro. Non dimentichiamo che comunque per vari motivi chi si laurea continua comunque a studiare attraverso master, scuole di specializzazione, corsi per insegnare o per prendere il titolo per esercitare la professione. Questo è uno dei motivi per cui si inizia a lavorare sempre più tardi.

Parliamo allora di queste elezioni. Quali sono le liste che si presentano e possono essere votate in Sicilia?

Per la circoscrizione del sud si presenteranno 7 liste: UDU, Obiettivo studenti-Ateneo studenti, Confederazione degli studenti, Link, Fronte della gioventù comunista, Azione universitaria, Studenti per la libertà.

Da una prima scorsa però emerge che le vecchie aggregazioni politiche, in collegamento con i partiti, esistono ancora. Oppure no?

Si, ma parzialmente. Molte delle liste si possono definire a politiche o con vaghi collegamenti con i partiti. Le liste dei socialisti, democristiani o cattolici di un tempo non esistono più.

E quindi lo studente universitario come è portato a fare la sua scelta? Quali criteri utilizza?

Innanzitutto la conoscenza personale, che vale sempre, ieri come oggi. Poi la partecipazione, magari parziale, alla vita delle associazioni presenti e che stanno dietro le liste che si presentano.

Quindi i punti delle liste tendono ad assomigliarsi tutte?

No, o solo in parte. La differenza deriva molto dal modo in cui affrontano le varie questioni. Faccio un esempio: il modo di affrontare il tema degli sbocchi professionali coinvolge tutti, ma può essere affrontato in molti modi e soprattutto utilizzando vari strumenti. I risultati e le metodologie utilizzate dalle varie liste negli anni scorsi può fare la differenza.

Tu sei l’unico siciliano in lista?

No. Ad esempio, nella nostra lista, si candida una mia amica di Catania Elena Antonia Ardita. È una ragazza molto intraprendente iscritta al primo anno di medicina a Catania e capace di mettersi in gioco in qualsiasi situazione, spero di poter essere, oltre che suo collega universitario, anche suo collega al CNSU.

Negli anni scorsi quali sono stati gli obiettivi più significativi raggiunti dalla vostra lista?

I nostri maggiori risultati sono stati ottenuti con le borse di studio. In tre anni, grazie alle nostre continue sollecitazioni il numero degli idonei non beneficiari è drasticamente diminuito. Se nel 2016 circa 46.000 studenti che avevano diritto ad una borsa di studio non la prendevano per mancanza di risorse, oggi gli idonei non beneficiari sono 7.500. Non da meno è il risultato che abbiamo ottenuto con le borse di specializzazione di medicina, anche grazie ad una nostra mozione in prossimità della legge di Bilancio, nell’ultimo mandato il CNSU ha ottenuto 900 borse di specializzazione in più ogni anno fino al 2023.

E come si svolge la campagna elettorale? La ricerca del voto di consenso?

In questo momento il luogo privilegiato della campagna elettorale è l’università, ovviamente. Lì si distribuiscono volantini e si cerca il consenso soprattutto nel rapporto personale. Ma non dimentichiamo che chi frequenta rappresenta una minoranza degli aventi diritto al voto. Preso atto poi che coloro che frequentano sono tendenzialmente già sensibilizzati, bisogna rivolgersi altrove. In università non si fanno più assemblea con centinaia di presenze, né feste per incontrare i colleghi. Molto può il web, purché non sia una mera comunicazione di volantini, ma una modalità nuova di tenere i rapporti; poi vale molto l’incontro nei luoghi della vita pubblica: bar, pub, discoteche, ecc. Poi conta molto il passa parola e i rapporti anche con coloro che non sono all’università, ma conoscono studenti universitari.

La vostra lista, che si richiama alla esperienza cattolica, può essere avvantaggiata in tal senso. Basta mettere in moto la macchina del consenso delle parrocchie e dei movimenti ed il gioco è fatto.

Non è né così semplice, né così automatico. Premesso che noi non pretendiamo ne siamo convinti di raccogliere ed esprimere il voto c. d. cattolico, e che molti nostri amici di parrocchie e movimenti votano per altri, certamente noi ci rivolgiamo anche ad un minimo di struttura più organizzata. Ma questo non risolve il problema della ricerca del consenso, che vale per qualunque tipo di incontro facciamo.

E quindi, per concludere?

Per concludere queste elezioni sono per noi una importante occasione per incontrare e per spiegare l’importanza che ha oggi l’università, la sua riforma e il suo miglioramento, pur con i suoi innegabili problemi. Ci rivolgiamo anche a chi non la frequenta, ma conosce studenti che la frequentano, perché riteniamo che essa sia patrimonio di tutti e il suo futuro dipende da tutti, anche da coloro che non ci vanno più.

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