(30 luglio 2013) – Andare ad un concerto di musica classica significa esercitare l’arte dell’ascolto: significa esser disposti a tenere conto, fare caso, avere in gran considerazione anche gli attimi di pausa, di silenzio. Significa ascoltare una nota sussurrata, sfiorata dall’archetto e poi sparita. Significa nutrire grande attesa e saper accogliere.
Non sono che poche banali considerazioni, si potrebbe obiettare. Già, è vero. Ma non è un caso che le si inserisca a capo della recensione del concerto tenutosi sabato 27 luglio presso il chiostro del Complesso Monumentale di Sant’Anna a Palermo, oggi sede della Galleria d’arte moderna.
Sono nate in quel luogo, un tempo di preghiera, oggi di arte. Saranno state quelle tenui note malinconiche del Chant du menestrel di Glazunov o la nostalgia spirata dalle Variazioni su Tema Rococò per violoncello e orchestra op. 33 di Tchaikovsky. Certe volte nei concerti è come nei libri, si perde il numero della pagina per l’immedesimazione con il soggetto. Ma cerchiamo di ricostruire.
Il pubblico in platea – all’interno del chiostro – aveva preso buona parte dei posti a sedere disponibili. Nel cuore del chiostro si stava freschi, ma le colonne e il porticato restituivano ancora il calore dei raggi solari patiti nel pomeriggio. Il direttore, come di consueto, è entrato in scena un quarto d’ora dopo l’orario indicato in locandina, ed ha dato l’avvio del primo pezzo: Ouverture del “Principe Igor” di Borodin. Il programma del concerto era interamente dedicato a compositori di quella miniera d’arte che è la Russia del XIX secolo.
Il canto del menestrello di Glazunov ha richiesto l’entrata in orchestra del pezzo forte della serata: la violoncellista croata Monika Leskovar, insieme al suo Vincenzo Postiglione del 1884. Non è stata che una breve incursione, quella della trentaduenne di Kreutzal, ma ampiamente gratificata dal pubblico palermitano. Scroscianti applausi dalla platea alla fine di ciascun brano da lei eseguito.
Sono state le Variazioni di Tchaikovsky a esaltare il virtuosismo della Leskovar, in contrappunto con le risposte dell’orchestra. Momenti in cui l’operoso abbraccio del violoncello, trapuntava le note come fossero ricamo su macchina da cucire. La mano sinistra a fermare con cura e decisione le corde, il tessuto da ricamare, e il braccio destro a modulare l’arcata per rendere più preciso l’appoggio dell’archetto, la trama delle note. E poi lavorare ai fianchi il violoncello, passando agilmente dalla prima all’ultima corda, come a voler far convergere due parallele, per forza di gomito.
Breve intervallo, per tirare il fiato, e poi ritornano in scena orchestra e direttore, Peter Tilling. Era il turno dei tre movimenti della Sinfonia n.1 (op.25) di Prokofiev. La “gavotta” e il “finale”, in cui si potevano scorgere le influenze della musica popolare e del folklore russo, offrivano le premesse del brano più atteso della serata: le celeberrime “Danze Polovtsiane”, tratte dal “Principe Igor” di Borodin.
Sono stati proprio gli accenti tipici del popolo russo e le note che richiamano le sconfinate steppe di quel paese grande come un continente, a concludere la serata. Per eseguire l’ammaliante melodia delle danze e i toni irruenti di certi loro passaggi, l’orchestra si è avvalsa della collaborazione del coro lirico Philarmonia. Un coro nato all’interno dell’omonima associazione musicale palermitana e seguito dal maestro Giuseppe Messina. Molti volti giovani e freschezza degli inizi.
Conclusa l’esecuzione, il pubblico a suon d’applausi ha ottenuto il bis.
Spettacoli – Musiche dei compositori russi del XIX secolo alla GAM di Palermo
– Sicily Present (ph. gl)