La cucina della tradizione siciliana è percorsa dal ciavuru d’intrecciate dominazioni. In questa terra assolata nel mezzo di tre mari, greci, saraceni, normanni, spagnoli, borboni e francesi ficiru, a loro agio, li comodi so’. Il titolo, curiusu per una rubrica di cucina, anela alla raffinatezza dei francesi, mutuato dalla sostanza dei siciliani. Scorza d’arancia è un foodblog e un libro di ricette scritto, curato e fotografato da Claudia Magistro, architetto paesaggista che in cucina ha ritrovato il suo giardino, tra erbe aromatiche e spezie che solleticano il naso. Questa rubrica sarà percorsa da profumi, evocazioni e racconti in uno stile di vaga “camilleriana” memoria, fra tradizione, innovazione e l’amore per la buona cucina.
"Scorza d'arancia" è ogni domenica online su sicilypresent.it
(23 novembre 2014) – Il risotto non è esattamente quel che si dice un piatto della tradizione siciliana, anche se si narra che sia stato inventato da una palermitana in territorio meneghino a causa di uno 'sbaglio' in cucina; ma sono leggende, la forma di cottura che fa cantare il riso durante la tostatura è tipica milanese e non lo dico io.
Quasi certa è l'esportazione dello zafferano ma non mi addentro nelle sabbie mobili, mi scantu quando non ho la certezza della verità. Certissimo è che il riso lo si vede nelle nostre tavole, praticamente da sempre, sotto forma di arancine o arancini che dir si voglia, timballi, sformati, sfinci e chi più ne ha più ne metta. I 'soliti 'arabi lo portarono nell'Isola prima che in Europa, ci venìa di strada passare di ccà;pigghiaru, rittu rittu.
Insomma, il riso si coltivava in Sicilia nella piana di Catania e in tutte le zone paludose dell'agrigentino, poi la storia racconta che Camillo Benso conte di Cavour con fare, un 'filino' autocratico, vietò la coltivazione del riso in Sicilia perché la risaia del Regno d'Italia doveva essere in Piemonte, non c'erano discorsi, da buon proprietario terriero sapeva bene far di conto. La parola fine la mise quel Mussolini che bonificò tutte quello che era bonificabile, e va beh!
Oggi però in Sicilia c'è chi ci scommette un'altra volta. L'azienda Agrirape possiede 40 ettari, dieci dei quali li ha dedicati alla coltivazione del riso in quel di Leonforte in provincia di Enna. Ebbene, il riso tornò in Sicilia e di questo ringrazio infinitamente il signor Giuseppe Manna e suo figlio Angelo, che con tenacia e lo stimolo efficace dello chef siciliano Carmelo Floridia hanno prodotto il Riso di Sicilia, l'Arborio siciliano.
Io questa la chiamo Bellezza e voi?
Risotto pere, robiola e timo
per 6 cristiani:
500 g di riso per risotti
un litro di brodo vegetale
100 g di robiola
due pere Williams rosse e sode piccole o una grande da disidratare
tre pere Williams sode piccole o due grandi da sbucciare e tagliare a dadini
una cipolla rossa piccola
due centimetri di zenzero da grattugiare
50 g di speck in una sola fetta
150 ml di vino bianco secco
foglioline di timo
100 g di parmigiano grattugiato
olio extra vergine d'oliva
sale e pepe
Lavate le pere da disidratare, senza sbucciarle, affettatele con una mandolina; disponetele sulla griglia e poi in forno a 160°C per circa 15-20 minuti. Controllatele spesso per evitare che si brucino. Lavate, sbucciate e tagliate a cubetti le altre pere e mettetele da parte.
In un tegame mettete un giro d'olio e la cipolla tritata, soffriggete pochi minuti, aggiungete il riso e tostatelo, sfumate con il vino e fate evaporare; unite le pere tagliate a cubetti, lo speck tagliato a listarelle e cominciate a portare a cottura aggiungendo il brodo bollente, unite anche alcune foglioline di timo e lo zenzero grattugiato. A fine cottura mantecate con la robiola ridotta a pezzetti, il parmigiano, ancora qualche fogliolina di timo, un filo d'olio crudo e una macinata di pepe. Impiattate, decorate con foglioline di timo e le pere disidratate.
Copyright © 2014 - Testo e foto CLAUDIA MAGISTRO - scorzadarancia.it