“Me lo devo permettere”: Caparezza al Castello a Mare di Palermo

 

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(10 agosto 2014) – Ei fu Miki Mix, al secolo Michele Salvemini: senza barba né capelli – irriconoscibile se si vanno a spulciare vecchi suoi video – e dalle canzoni dai toni semplicistici, forse banali. Poi crebbero i capelli, il pizzetto (così, testualmente, si legge nella biografia sul suo sito ufficiale) e Miki Mix divenne Caparezza, ossia “testa scombinata”.

Di questi capelli così scombinati, l’artista natio di Molfetta, in Puglia, ne ha fatto il marchio di fabbrica, la sua prerogativa, la sua identità, la base della sua presunta diversità; in un testo di parecchi anni fa, La fitta sassaiola dell’ingiuria, risalente al suo primo album, scrive infatti così: «Mi piace sapermi diverso, piacere perverso che riverso in versi su fogli sparsi, nei capoversi dei giorni persi nei miei rimorsi. […] Ciocca dopo ciocca mi son fatto sta capigliatura, come un tiranno tra le mura non ho paura». E in Nessuna razza, testo risalente al suo secondo album, datato 2003, così si etichetta: «mi piaccio scapigliato come Boito», frase con cui gioca sulla triplice valenza del termine ‘scapigliato’, ossia di ‘spettinato’, anticonformista, così come anticonformista era la corrente letteraria della Scapigliatura di cui Arrigo Boito, nella seconda metà dell’800, fu esponente.

Così, a distanza di dodici anni dai suoi esordi, quella capigliatura e quel suo essere controcorrente sono rimasti nello spirito dell’artista pugliese, che dopo i successi degli ultimi album (Le dimensioni del mio caos e Il sogno eretico), nell’aprile di quest’anno va in radio con il nuovo disco, Museica, presentato in concerto al Castello a Mare di Palermo sabato 9 agosto 2014.

Un album che parte da opere pittoriche, perché, esordisce Caparezza al concerto, l’arte può far politica, l’arte può e deve smuovere le coscienze, ma può farlo, a volte con ironia, leggerezza: è questo il senso di uno dei testi forse più belli di Museica, Teste di Modì, in cui Caparezza rievoca un episodio degli anni ’80, allorché tre studenti realizzarono delle imitazioni delle opere di Amedeo Modigliani, ritenute, in un primo momento, autentiche; il ritornello della canzone, infatti, così recita: «Io voglio essere così, come i ragazzi delle teste di Modì, prendermi gioco di ogni tua certezza, ma con leggerezza, come un colibrì».

Dall’ironia e dalla “leggerezza” viene fuori uno dei testi più apprezzati del nuovo lavoro discografico, Mica Van Gogh, in cui si attua un paragone tra i giovani dell’età contemporanea e l’artista olandese, ritenuto pazzo; eppure, scrive Caparezza nel suo brano, gli adolescenti di oggi sono lontani dal giovane Van Gogh, per aspirazioni, forza del desiderio: «Lui ha talento e lo sai, tu è un po’ che non l'hai, lui scommette su di sé, tu poker online; lui assenzio e poesia, tu senza poesia, lui ha fede, tu ti senti il messia. Van Gogh, una lama e si taglia l'orecchio, io ti sento parlare, e sto per fare lo stesso».

Con l’ironia che lo contraddistingue e che è una delle sue prerogative essenziali, il cantautore di Molfetta ha presentato diversi brani del suo repertorio, testi in cui gli argomenti trattati sono tanti e vari, come le morti sul lavoro in Vieni a ballare in Puglia, la fuga dei cervelli in Goodbye Malinconia, il razzismo nel celebre Vengo dalla luna con i molteplici riferimenti storici, politici, letterari, cinematografici (dal caffè che uccise Michele Sindona all’invettiva dantesca contro Pisa, da Toro scatenato di De Niro a Girolamo Savonarola, Giovanna D’Arco e Giordano Bruno).

Si conclude il concerto con quello che è probabilmente il tormentone dell’album, il cui titolo ricalca, forse, il tormentone di questo periodo storico: Non me lo posso permettere.

È un affondo tagliente, pervasivo sulla crisi attuale, crisi che non è soltanto economica, ma evidentemente culturale. Il testo fa riferimento a diverse situazioni, con frasi secche cui risponde una voce seconda, interna al testo, con lo “slogan”: “Non me lo posso permettere”. Ma non è soltanto la cena al ristorante, la bici nuova a essere fuori dalla portata dell’uomo medio attuale, ma anche la capacità di buttarsi in una nuova impresa, la forza immaginativa, un’idea: «vorrei buttarmi in un’impresa come un opossum nel nettare, ma poi finisce che mi butto di sotto ed è meglio di no».

Un concerto che ha fatto divertire e fatto riflettere, ma con leggerezza (ricordiamo come per Italo Calvino la leggerezza è una delle prerogative essenziali di un testo), ironia profonda e affilata, che fa scandagliare con la mente i diversi ambiti della nostra società e che fa dire a chi ha speso i suoi soldi in questo spettacolo che ne è valsa la pena, che, almeno questo, “Me lo devo permettere”.

 


 

 

Spettacoli - "Me lo devo permettere": Caparezza al Castello a Mare di Palermo

(ph. glr)


 

 

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