(9 agosto 2014) – Mercoledì 6 agosto a Palermo, nello splendido scenario del palco all’aperto di Villa Filippina, si è esibito Neri Marcorè insieme alla sua band. Ha proposto una lunga scaletta di “canzoni altrui” (rimanendo fedele al titolo del concerto) con un’interpretazione più che convincente.
In tempi in cui molti spacciano per propria qualsiasi buona idea annusata nel villaggio mediatico globalizzato in cui ci troviamo, assistere ad un concerto di un uomo che decide di riproporre “canzoni altrui” merita un’attenzione particolare. Sì, perché forse anche per la voglia di rincorrere il nuovo a tutti i costi il panorama musicale non spicca per una epocale felicità degli esiti artistici.
Invece la scelta di Neri Marcorè è più defilata, di quelle che non vogliono fare troppo rumore. Di quelle che finiscono per fare il tutto esaurito di una platea di più di millecinquecento posti. Certo, mai come di questi tempi è evidente quanto possa contare l’esposizione mediatica di un comico. E sì che molti saranno stati anche richiamati dall’insolita combinazione dell’attore televisivo che si mette a cantare musiche d’autore. Ma c’erano anche persone, e non poche, che avevano sentito le recensioni positive che riceve puntualmente il concerto dell’attore marchigiano.
Lungo la performance, durata più di due ore, Marcorè regala leggerezza alla scaletta introducendo e chiosando i pezzi con battute, enigmi o pensieri. Ma al centro rimane sempre la scelta delle canzoni che forse fa tornare alla mente più l’attore posato che abbiamo rivisto recentemente sugli schermi della Rai che il comico. Si tratta di canzoni d’autore che partono dalla tematica d’amore per attraversare poi diverse questioni.
Si parte dal “Fiume Sand Creek” di Fabrizio De Andrè, interpretazione fedele con voce nasale e tono basso, impastato quel che basta. Si passa poi dal “Tu non mi basti mai” di Dalla a “Ho messo via” di Ligabue, dalle “Belle speranze” della Mannoia all’“Illogica allegria” di Gaber, per attraversare Edoardo De Angelis. Quest’ultimo è stato colui che ha incoraggiato il cammino musicale di Marcorè and Band, il cuore del concerto l’ha anche vissuto sul palco a cantare le proprie canzoni insieme all’intero gruppo.
Durante le due ore di buona musica, Marcorè ha lanciato una chiave per leggere la sua scelta: si tratta di canzoni che gli piacciono di autori che predilige, ma tendenzialmente di canzoni non troppo conosciute, usando le sue parole “della seconda linea”. Ripescare canzoni magari ormai quasi obliate, come la “canzone senza inganni” di Ron, Graziani e Kuzminak, per rigustarne il valore. E scatta quella strana molla della fiducia tra il pubblico e il palco: dopo aver apprezzato le prime scelte, si arriva ad ascoltare il resto dei pezzi ammettendo l’ipotesi preventiva che si tratterà molto probabilmente di qualcosa di buono. E questa molla non sarebbe mai scattata se la prova degli elementi sul palco non fosse stata più che convincente.
È vero che all’inizio dello spettacolo il pubblico era piuttosto infastidito da un’organizzazione che non ha certo offerto il proprio meglio, ma l’epilogo è stato proprio a lieto fine.