(28 luglio 2014) – "Odissea - Un racconto mediterraneo" è il nome di un ciclo di spettacoli, per la regia di Sergio Maifredi, che ha lo scopo di riportare il celeberrimo poema omerico allo stadio di una parola da dire ad alta voce, da tramandare raccontandola e ascoltandola, proprio alla maniera delle prime narrazioni epiche.
Questa rassegna ha fatto tappa venerdì 25 luglio a Tindari, cittàfondata nel 396 a.C. che prende il nome da Tindaro, re di Sparta e padre, coincidenza tutt'altro che casuale, di Elena. La location che ha accolto l'evento è stato il teatro greco, il Teatro dei Due Mari. Un legame, dunque, fra la città siciliana e le vicende del ciclo troiano che sembra scritto nel DNA del mito e che non è sfuggito alla sensibilitàartistica del regista e dei suoi collaboratori.
Apre l'evento la lettura del XXIII canto, quello in cui Penelope riconosce Odisseo dopo che questi ha perpetrato la strage dei Proci, ma non si è ancora fatto riconoscere dalla sua donna. Sulla scena una grandissima Maddalena Crippa che, con una lettura appassionata e drammatica, curata nel dettaglio ed esigente, tiene il pubblico attento per quarantacinque minuti, rendendo vivide le scene lette nella mente di ogni spettatore. Una grandissima performance, un'interpretazione eccellente che sembra soffermarsi volutamente ogni volta che si pronunciano parole come 'giudizio', 'giudiziosamente' o tutti quegli epiteti omerici che afferiscono alla sfera semantica della ragione e dell'ingegno, valori largamente professati nell'opera.
Se l'uomo ingegnoso per eccellenza è Odisseo, lo stesso deve dirsi per Penelope, suo valido contraltare femminile. E' lei che escogita prima l'espediente della tela, quindi quello della gara con l'arco, infine la prova del letto. Proprio su quest'ultimo stratagemma si concentra e si sviluppa prevalentemente il canto: Penelope, reduce da molti dolori, stenta a credere che quello che ha di fronte sia Odisseo e per metterlo alla prova lo porta a parlare del loro talamo che egli stesso aveva costruito ottenendolo da un robusto albero d'ulivo.
Nell'ascoltare la ricostruzione precisa e perfetta in ogni minimo dettaglio di quel letto, elemento di comunione e di intimitàdei due sposi, luogo insondabile a tutti ma non all'amore o coniugale, Penelope non ha più dubbi: è davvero lui, quell'Odisseo che ha tanto desiderato rivedere. Ginocchia e cuore le si sciolgono - scrive proprio così l'autore - e i due si ritrovano in un abbraccio e in un pianto comune, frutto di tanti dolori e di una nuova bellissima gioia.
Da sottolineare, poi, la finezza e la delicatezza dell'autore che immagina che quella notte Atena rallenti il sorgere dell'Aurora perché i due sposi abbiano il tempo necessario per godere del loro amore ritrovato e per raccontarsi a vicenda le vicissitudini che ne hanno segnato le rispettive vite.