(17 settembre 2012) - La cittadina marinara di Menfi è stata per una sera, sabato 15 settembre, il punto di ritrovo della poesia siciliana. Lo spettacolo “La bellezza e la rovina - Poeti a Menfi” è stato accolto dal giardino di Villa Ravidà: un edificio privato concesso alla platea per l’occasione, la cui entrata neoclassica riproduce la facciata di un tempio greco, forse il tempio di Hera della vicina Selinunte.
A condurre lo spettacolo Beatrice Agnello, direttrice del “Circolo dei lettori di Sabir” attivo a Palermo. Sul palco sei autori siciliani di poesia intervallati dai violoncelli di Giovanni Sollima e del suo allievo Mauro Cottone, entrambi in scena rigorosamente a piedi nudi. Lo spettacolo nasce dalla volontà di offrire la poesia attraverso la voce dei poeti, per coglierne gli accenti e l’intensità, per avvertirne la presenza. Così sono stati chiamati autori differenti tra loro per generazione, orizzonti e linguaggio; ma capaci di portare il pubblico con sé attraverso i loro componimenti, verso i loro mondi.
Il primo poeta a calcare la scena è anche un teorico della letteratura. Roberto Deidier è infatti docente di letterature comparate presso l’Università di Palermo e per l’occasione ha scelto di leggere le proprie traduzioni di dieci poesie di Anne Sexton; una voce delicata e spudorata, capace di aprire abissi parlando di silenzio. La poesia è universale, così dai componimenti della scrittrice statunitense si è passati al finalista del “Premio Viareggio” 2012 per la poesia, Nino De Vita. Il quale, come egli stesso ha raccontato prima di leggere le proprie poesie, ha maturato la propria vocazione poetica nel momento in cui si è reso conto di come stesse morendo la propria lingua madre, il dialetto marsalese. La scelta di dare la parola all’autore in questo caso è quasi obbligata per non perdere inclinazioni e accenti, ma la cosa più stupefacente è scoprire di essere in grado di seguire la danza delle parole pur non conoscendo il significato di ogni lessema; un po’ come Martino, il cieco che in una poesia di De Vita avendo intuito e scoperto la luna “è bedda, rissi, à luna!”.
La terza a salire sul palco è stata Josephine Pace, poetessa e animatrice del festival poetico internazionale di Caltagirone, che ha offerto la lettura di alcune sue poesie, del loro rincorrersi di suoni e susseguirsi di pensieri. L’entrata in scena di Sebastiano Burgaretta è stata preceduta dall’esecuzione di un suo testo: una canzone della catanese Etta Scollo, interpretata dalla splendida voce di Eleonora Tabbì e accompagnata dall’ottimo violoncello di Cottone. Il prendere la parola del poeta originario di Avola ha aggiunto alla serata menfitana un sapore orientale e una mescolanza di idiomi,un incrociarsi di orizzonti che non è altro che un riflesso della storia e della geografia della nostra isola, crocevia del mediterraneo. E ci sono versi che prendono il loro spazio nella mente senza chiedere il permesso. “Allah ar-rahím ha perso il nome mio,/ se tutto qui si scioglie nell’arsura”.
Si è imposta per presenza e tono la voce di Nicola Romano, poeta palermitano capace di portare sul palco la melanconia di “un gatto che annusa i bordi della sera” e poco dopo i “carciofi bolliti” della moglie. Romano esibisce l’ironia ma non solo; nei suoi componimenti c’è attesa di “parole ancora salde ed impetuose/ con cui squarciare il ventre ai temporali” e disincanto nei confronti della bella Sicilia, quando parla “dell’eterno brusìo siciliastro/ che spegne le cicche nel cuore/ aspettando in caverne di sabbia/ un espresso dal nord”. L’ultimo poeta della serata è stato il catanese Biagio Guerrera, che ha iniziato le sue letture cantando. La cifra di Guerrera è quella della performance orale in dialetto: anche gli altri componimenti, seppure non cantati, si sono avvalsi di un incedere avvolgente e musicale, fatto di parole e di sintagmi ripetuti, fatto di paradossi e affondi, fatto di concretezza e idee.“Parole com’ù pani/ cà nnì spartemu tutti pari, anzi/ parole com’ù lievitu/ ppì ffari ù pani, anzi/ parole com’ù grano/ ppì ffari à farina, anzi/ parole com’ì vrazza/ ppì travagghiari ù campu./ Parole cà ni rununu a manciare./ Paroli cà ni rununu a pinsari”.
Lo spettacolo però non è stato solo voce e poesia, ma una commistione di arti. È stato proiettato il video La parola fotografata, realizzato da Francesco Francaviglia, giovane siciliano che ha studiato alla Scuola Internazionale di Fotografia di Firenze. Il video conteneva le fotografie di molti poeti siciliani e si avvaleva della collaborazione musicale di Giovanni Sollima. Il blitz musicale di quest’ultimo è stato il dulcis in fundo della serata. L’eclettismo del violoncellista palermitano non è certo nuovo, ma riapprezzarlo all’opera è stato davvero gustoso: per il confronto/commistione con Angel di Jimi Hendrix, per il tornare ostinato e incessante della bacchetta sulle corde, per l’utilizzo di ogni centimetro disponibile della tastiera, per il vibrare le corde quasi sulla cordiera, per il battere delle mani sulla tavola o per l’accompagnare il suono con la voce. Ma ciò che forse più ha stupito il pubblico è stato il pezzo suonato con una penna Bic, sfruttando il violoncello quasi fosse uno strumento a percussione con la strana qualità di poter modulare le note con le dita sulla tastiera. Battimani continuo e piccolo bis concesso: così piccolo da far morire ironicamente Bella Ciao alla fine della seconda strofa.
Non è certo consueto trovare folla ad uno spettacolo di poesia; a Villa Ravidà si stava stretti per ascoltare in silenzio. Pubblico attento e di ogni postura: “fitto” in piedi a fine giardino, preoccupato per il presunto furto delle scarpe dei musicisti; seduto a terra, pur di ascoltare con calma; quasi sdraiato sulla sedia a mandar fumate di sigaretta in aria, per assaporare ogni parola dei poeti; a gambe incrociate sulla sedia, incuriosito dalla novità di quelle parole. Un pubblico generoso e caloroso, nonostante l’umidità, il vento e le preannunciate piogge.
Le ultime righe vanno dedicate a chi ha organizzato lo spettacolo di Menfi: in primis a chi ha voluto realizzarlo, mettendo tempo e testa, e qui va menzionato il nome del direttore artistico Patrizia Stagnitta e di tutti coloro che hanno collaborato per l’evento. Ma resta anche da sottolineare la risposta della comunità menfitana: dal sindaco e l’assessore alla cultura che hanno dato il loro appoggio istituzionale, agli esercizi commerciali che hanno sostenuto in qualità di sponsor l’evento, alludo a tabacchi, bar, pizzerie, ristoranti, supermercati e quant’altro.
Negli occhi rimane una grande testimonianza di gente desiderosa di bellezza, che non si arrende alla rovina.
Spettacoli - Poesia e bellezza a Menfi. Le immagini documentano lo svolgimento della serata di poesia e musica, "La bellezza e la rovina", che si è tenuta il 15 settembre a Menfi. La serata è stata condotta da Beatrice Agnello; la direzione artistica dell’evento è stata curata da Patrizia Stagnitta.- Sicily Present (photo gl).