Il «Cyrano de Bergerac» al Biondo


Cyrano Biondo



(1° marzo 2013) – Grande successo martedì 26 febbraio per la prima del “Cyrano de Bergerac” al Teatro Biondo Stabile di Palermo. La celebre commedia teatrale, pubblicata per la prima volta dal drammaturgo francese Edmond Rostand nel 1897 e da allora tradotta, adattata ed interpretata innumerevoli volte, si è rivestita martedì sera di una nuova luce sotto la regia artistica di Alessandro Preziosi. Una produzione Khora Teatro e Teatro Stabile di Abruzzo che vede lo stesso Preziosi impegnato anche come attore protagonista.

Ci si accosta alla rappresentazione chiedendosi come farà il “bello” di Elisa di Rivombrosa, reduce da successi televisivi e premi cinematografici, ad interpretare i panni del cadetto di Guascogna passato alla storia per la sua sfrontata abilità di spadaccino e di poeta, ma anche per la deformità del naso che lo fa sentire inadeguato a manifestare il suo amore alla giovane cugina Rossana.

Attore certamente di solida scuola teatrale, ma conosciuto al pubblico dei più per la partecipazione a fiction di successo e film per il piccolo e grande schermo, Preziosi non sembra, infatti, assolutamente mancare di avvenenza.

Ci si chiede, entrando tra eleganti pareti del Biondo, come farà lui, il “bello”, ad essere credibile in queste improbabili e difficili vesti di “brutto”.

Invece convince Preziosi.

Convince la sua scelta di liberare il personaggio dagli aspetti più caricaturali e convenzionali, rinunciando a nasi finti ed ad ogni trucco da teatrante, astenendosi dagli artifizi del maquillage e facendo sì che il naso, spogliato della sua natura fattuale, finisca per restare mero simbolo. Persuade quanto più l’aspetto cede il passo alla “parola” e alla mimica teatrale e mostra di saper difendere bene la causa del “fine parlare” del personaggio, facendone un tutt’uno con la versatilità vocale e la forza espressiva d’attore. Lo si vede già a poche battute dall’inizio del dramma quando Cyrano, in piedi sul un palco approntato sul palco, in una scena di spiccata meta-teatralità, risponde a chi deride la grandezza del suo naso sottolineando la bassa ricercatezza dell’ attacco verbale e dando vita a una dimostrazione immediata di tutte le offese che si sarebbero potute rivolgere a se stesso «se solo si avesse un po’ di spirto e di lettere»: un monologo concitato con repentini cambiamenti di timbro vocale, una vera e propria rassegna di registri, dal comico all’ironico, dal farsesco al tragico.

La carica drammatica del Preziosi cresce di pari passo con le vicende messe in scena, man mano che ci si addentra nel nucleo dell’opera, fino al punto che nella seconda parte ci si dimentica della sua bellezza e si inizia a vedere solo Cyrano, la sua irriverenza nei confronti dei più, il suo tremore dinnanzi alla donna amata: ora sfrontato e arrogante si muove da dominatore assoluto della scena, ora tormentato, timido e pieno di tic gioca con i capelli, cambia camminata e si asciuga il sudore sul volto.

Grande tributo anche ai giovani attori della Link Accademy di Roma che, muovendosi con grande libertà sulla scena e sostenendo in maniera magistrale il protagonista, riescono a dimostrare che “giovane” non è assolutamente sinonimo di “inesperto”: incroci di battute e di corpi, movenze che talvolta acquistano il sapore di una danza ben scandita, in cui si intravede il contributo di Nikolaj Karpov dichiarato in locandina.

Ottima scelta quella di affidare i panni di Cristiano al danese Benjamin Stender: il suo parlar italiano con qualche difetto di dizione e accentazione, invece di essere una pecca, finisce per rendere in maniera ancora più realistica l’afasia del cadetto, l’incapacità di dar voce al suo amore. Al lui, che invano poco prima di morire sotto fuoco nemico, tenta di convincere Cyrano a smascherare la farsa e rivelare tutto a Rossana, viene ceduta una delle battute più significative di tutto il dramma, che ne racchiude il profondo significato: “io voglio essere amato per me stesso”. È Cristiano, e non Cyrano, in questa novella rivisitazione dell’opera a dare voce in maniera palese al desiderio che alberga nel cuore di ogni uomo, in cui il pubblico si riconoscere: l’essere amato per quello che si è, con tutte le proprie virtù ed inadeguatezze.

Dispiace un po’ in una tanto ben riuscita prova di recitazione la scelta di ridurre la prosodicità del testo, la rarefazione delle assonanze e allitterazioni. Sebbene esito di una operazione voluta ed espressamente dichiarata – nelle note di regia si legge, infatti, che nell'adattamento del testo e nella rispettiva traduzione si è «cercato di far coesistere la prosa e la poesia relegando i versi alessandrini ad un gioco lezioso» – l’adeguamento ad un linguaggio più naturale e parlato priva il parlar di Cyrano di una fra le sue più note caratteristiche e lo spettatore giunge ben presto alla conclusione che qualche rima in più non avrebbe guastato.

Suona un po’ leziosa, poi, al pubblico in sala la scelta dei costumi. Alessandro Lai, che ne ha curato la preparazione, ha certamente voluto riproporre i vestimenti d’epoca dando grandezza e nobiltà al valore dei cadetti, ma i grandi cappelli col pennacchio, i sontuosi mantelli e le morbide casacche bianche da spadaccini, manierati e forse un po’ troppo artefatti, finiscono per cozzare con la scenografia ben architettata di Andrea Taddei, asciutta e geometricamente distribuita su due livelli, in cui il movimento è affidato solo a poche basse strutture d’ appoggio e scale praticabili.

Sono, queste ultime due, considerazioni assolutamente incapaci di ridurre la bellezza di una rappresentazione ben curata e di alto profilo artistico.

Si replica al Teatro Biondo Stabile di Palermo fino al 3 marzo 2013.

 

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