(9 luglio 2013) – Popolo danzante, anzi ballante, di piccoli di 5 anni e nonni, di aerei di carta a volare per aria e birra, d’accenti e cadenze d’ogni provincia della Sicilia: da Siracusa a Trapani. Non mancava nessuno per l’unica tappa sicula del “Backup tour” di Jovanotti.
Il calendario segnava sabato 6 luglio e si respirava aria di festa per strada, nelle macchine in cerca di posteggio e davanti i cancelli già prima dell’apertura. Sole sulla pelle e tanto sudore, ma la vendita di sciarpette colorate e di magliette “Lorenzo” non ne risentiva minimamente. Tutti pronti.
Alle 18 si aprono i cancelli: scatta la corsa al posto più vicino al palco e si tirano fuori panini, acque, vino e tutto il resto. Il primo colpo d’occhio: un megaschermo cinemascope di ben 500 metri quadrati e una passerella-palco quasi il doppio del cerchio di centrocampo regolamentare.
La folla non smette di rifluire all’interno dello stadio e nel frattempo inizia a suonare Radio “Soleluna”, made in Cherubini, e lì c’è già il preludio di quel mescolamento cui ci ha abituato in questi anni: dal rap al reggae, dai Clash a Pavarotti, da Strummer alla Disco, e country e Manu Chao e via dicendo. Il ruolo di band di apertura non poteva che farlo un rapper: è stato Clementino a riscaldare il pubblico e una botta di musica da far vibrare i seggiolini del Velodromo è stata fatta girare dai dj Daddy’s Groove.
Alle 21 inizia lo show. Sì perché più che un concerto, è stato uno spettacolo e non tanto perché alla fine siano spuntati i titoli di coda, ma perché c’era un intento preciso e una forma ben pensata. Luci e schermo in 3D a giocare con l’immagine Jovanotti. E in certi momenti lui cede la parola alle immagini, altre volte le immagini lo rincorrono e ritraggono la festa del pubblico. E poi parte il delirio dei 600 punti luce e ci si ritrova ribaltati in chissà quale pianeta dance o in quale videogame. Si vuole fare “una fotografia in movimento, la radiografia di quanta vita c’è in ognuno di noi”, per riproporre le stesse parole del cantante rilasciate prima del tour.
Partenza veloce con vecchi pezzi straconosciuti ma riarrangiati ed altri d’elettronica degli ultimi anni: si accelera poi con tensione evolutiva, safari e mezzogiorno. Lorenzo corre come un matto per tutto il palco, e sembra che neanche basti; il prato salta; la tribuna canta. Adesso non entra nemmeno più uno spillo. Il faccione del cantante sullo schermo e il pubblico a ballare a braccia tese come papille attorno la lunga lingua-palcoscenico.
Stop. Prima sosta, Mi fido di te: la canta inchiodato all’asta del microfono, al centro del palco. Occhi fissi sulla distesa di persone che gli si presenta davanti e cuore dentro al microfono per ritentare la vertiginosa sfida di fidarsi. “Mi fido di voi, perché possiamo farcela” conclude. Prima di attaccare di nuovo si abbassano le luci, se ne va con la chitarra in spalla sull’ala sinistra e parla: la vita è “unire i puntini” e si può ricominciare in ogni momento, “a noi non hanno dato l’ordine, i numeretti, ma alla fine si mettono insieme tutti”.
Si riparte in crescendo, ma ci si mette poco a carburare: due pezzi e siamo nel cuore dello show. Il prato non la smette più e in tribuna ci si dimentica di cosa significhi la parola “seggiolino”. Considerando che l’amore non ha prezzo sono disposto a tutto per averne un po’. Considerando che l’amore non ha prezzo, lo pagherò con tutto l’amore che ho. Qui si perde la voce, ma a causa dell’impianto audio da 450mila watts (così precisa il comunicato stampa) non ci si rende conto. Lorenzo insiste e butta dentro il tormentone: quello che inesorabilmente tutti abbiamo risentito il giorno successivo. Una cascata di bassi che fanno vibrare la spina dorsale/Una manciata di ore da metterci dentro il delirio totale… Ti porto via con me. Qui si perdono anche i residui di voce rimasti ai più nerboruti.
Base, colonne, capitello e architrave: si passa da un pezzo cardine, che fa storia a sé. Ora. E si vola verso la seconda sosta, la più intensa forse. Lorenzo si prende il cuore del palco, la sporgenza tonda. E canta, come fosse solo. Come se fosse andata via la compagnia, la folla. Sotto ai miei piedi c’è un baratro, sulla mia testa c’ho gli angeli e qui siamo proprio nel mezzo: nella terra degli uomini. Dove suona la musica, l’amicizia si genera, dove tutto è possibile... e la forza si amplifica, e il sangue si mescola… e ti sembra che tutta la vita non è solamente retorica, ma sostanza purissima, che ti nutre le cellule, e ti fa venir voglia di vivere fino all’ultimo attimo. Qui, chi c’era, sa che sono state lacrime. Ma la musica non è poesia: non è riproponibile se non su un pentagramma. E al momento mancano le linee e gli spazi.
Qui un normale concerto si sarebbe fermato: per limiti raggiunti di bellezza, per intensità, per compassione nei confronti delle corde vocali. Ma si chiama “backup tour” in onore dei 25 anni di carriera. Cambio di giacca e si va avanti. Si ritorna a correre: 4 pezzi per il momento più sconsiderato, dove le casse hanno raggiunto il limite e il pubblico non ne aveva quasi più, di limiti.
“Una cavalcata sulle montagne russe della mia musica” ha detto Jovanotti: altri 4 pezzi d’amore. Da andare a ballare con la moglie e con la figlia davanti tutta la Sicilia. E poi il gran finale da squarciagola, viste le condizioni laringoiatriche ormai irreparabili. Penso positivo perché son vivo, perché son vivo.
“È un lavoro realizzato da un gruppo di persone che non si rassegna all'aria che tira, ma che come sempre e più di sempre, prova a ribaltarla attraverso quello che sa fare: uno spettacolo di cuore, tecnologia, innovazione, divertimento, allegria, ritmo, energia”, sono le parole di Jovanotti sul suo spettacolo. Non ho nulla da aggiungere se non “goduria”.
SPETTACOLI - Da portare via con sé. Jovanotti a Palermo. Le immagini documentano alcuni momenti del concerto tenuto da Jovanotti al Velodromo di Palermo il 6 luglio 2013, unica tappa in Sicilia del "Backup Tour".– Sicily Present
(ph. Giuseppe Lupo, Daniela Romano)