Una lezione peripatetica tra le sale di Palazzo Abatellis

 

 

Nel XV secolo la Sicilia e in particolare la città di Palermo divengono meta di intensi traffici commerciali, affermando il proprio ruolo chiave nella compagine economica del Mediterraneo; a causa di ciò le zone più prossime all’area portuale del capoluogo siciliano si arricchiscono di loggiati, di piazze dedicate allo scambio di merci, di nuove strade atte a favorirne il trasporto, di cappelle e di edifici religiosi gestiti da confraternite legate alle popolazioni delle città marinare, in particolare ai pisani, agli amalfitani e ai genovesi.

Importanti Chiese cominciano a sorgere ai bordi delle nuove piazze cinquecentesche, come sontuosi palazzi vedono la luce ai margini delle strade appena tracciate o rettificate in funzione delle nuove necessità mercantili.

Ancora oggi sono visibili delle tracce della Palermo cinquecentesca proprio nell’area sud-orientale della città: fra gli esemplari dell’ edilizia civile che ci testimoniano l’architettura siciliana del tardo quattrocento emerge Palazzo Abatellis. Il Palazzo fu commissionato da Francesco Patella, maestro portulano del Regno che, data la sua aristocratica origine, affidò nel 1495 a Matteo Carnilivari, architetto siciliano, il compito di progettare e costruire una domus sontuosa ed imponente, a testimonianza della nobiltà del committente.

Lo spirito di questo progetto lo si nota sin dal portale esterno, ricco di fregi ornamentali siti ai bordi del portone d’ingresso e sopra di esso; ciò che si nota osservando le bifore e le trifore del fronte principale e di tutta la struttura muraria è una astuta unione degli stili architettonici precedenti e contemporanei al progettista, quasi a voler ripercorrere la storia del passato sintetizzandola nel presente proprio nell’abitazione del ricco Francesco Patella, rinominato Abatellis appunto per enfatizzarne il carattere nobiliare, la cui potenza viene ulteriormente segnalata dalla presenza di una torre smerlata a fianco del grande portone che consente l’accesso.

Nel corso degli anni il Palazzo con i suoi cortili e i celebri archi policentrici, diviene simbolo dell’architettura gotico-catalana, viene ingrandito e dotato di una cappella, nel 1527, dopo la morte del nobile proprietario, diventa convento delle benedettine e successivamente monastero di clausura delle domenicane.

Nel 1943 viene bombardato e, dopo una sapiente opera di restauro, viene aperto al pubblico il 23 giugno 1954 come nuova sede della Galleria Nazionale della Sicilia. A curare l’allestimento museografico è il celebre architetto veneziano Carlo Scarpa, il quale plasma gli ambienti in funzione delle opere esposte, mantenendo intatte, con argute intuizioni, le strutture del Palazzo stesso.

Oggi la Galleria Regionale della Sicilia consta di altri due edifici: l’ala settecentesca delle benedettine della Chiesa della Pietà e l’Oratorio dei Bianchi, componendo di fatto una galleria interdisciplinare fra le più prestigiose.

Con lo scopo di riscoprire i segreti legati alle strutture di Palazzo Abatellis e con la voglia di ammirarne il patrimonio artistico esposto nelle sale, il 12 ottobre scorso il Prof. Avv. Antonino Giglia ha schedulato una lezione peripatetica proprio all’interno dei cortili e dei saloni del Palazzo di via Alloro 4.

La lezione ha avuto luogo proprio in quella calda domenica di metà ottobre proclamata “Giornata nazionale delle famiglie al museo – F@mu 2014”, manifestazione di divulgazione culturale che vede protagonisti i bambini all’interno dei musei italiani, con lo scopo di far conoscere ai più piccoli i tesori custoditi presso gli spazi espositivi di tutto il territorio nazionale. Il Prof. Giglia accompagna così i visitatori per le sale del Museo, spiegando la ragione di essere di ogni opera esposta, sia essa pittorica, scultorea, lignea o lapidea. La prima parte della visita è dominata dall’imponente mole dell’affresco “Il trionfo della morte”, all’interno del quale è possibile decifrare decine di messaggi celati fra le cupe e grottesche immagini dell’affresco staccato dal cortile dell’antica sede dell’Ospedale del trecentesco Palazzo Sclafani.

Attraverso un corridoio laterale si giunge alla sala dedicata a Francesco Laurana e successivamente a quella dedicata ai Gagini, Domenico ed Antonello, tutti noti scultori che tanto contributo hanno fornito al mondo dell’arte rinascimentale; fra le opere celeberrime troviamo il “Busto di Eleonora d’Aragona” e la “Madonna del latte” del Laurana e “Annunciazione” e “Ritratto di giovinetto” di Antonello Gagini.

La dettagliata presentazione di Antonino Giglia affascina i visitatori che, attraverso le dotte citazioni del docente, hanno modo di “leggere” in maniera profonda le opere d’arte esposte dando l’inusuale opportunità di “riflettere e riflettersi”, come ha sottolineato il professore, nel bello ivi contenuto. Attraversate le ricche sale dedicate all’arte trecentesca e quattrocentesca e il salone dei Crocifissi si giunge finalmente dinanzi allo splendore ed alla perfezione dell’ “Annunziata”, opera magna di Antonello da Messina, pittore nato nel capoluogo peloritano nel 1429 e morto, sempre a Messina, nel 1479.

Il volto e il corpo raffigurati nel dipinto vengono così analizzati in ogni minimo dettaglio: dalla ciocca di capelli che timidamente appare sotto il velo ai microscopici dettagli dell’iride e della pupilla; dai segni scritti nelle pagine del libro alla prospettiva bidimensionale che si fonde con quella tridimensionale del leggio posto innanzi a sé.

Quest’opera, olio su tavola, viene realizzata dal maestro siciliano intorno al 1476 ed appare in tutta la sua geometrica perfezione e in tutta la sua magnetica ambiguità, in un apparente ma perfetto contrasto fra staticità e compostezza della figura femminile da una parte e accennato dinamismo dall’altra, tutto racchiuso in quella mano destra che diviene la reale protagonista dell’enigmatico dipinto, fonte ancora oggi di studi e di tesi molto diverse tra loro.

Molte sono le tele descritte con dovizia di particolari e tante sono le sale ricche di quadri, statue, arredi e preziosa oggettistica ed al termine della visita, una volta varcata la soglia del grande portale che conduce all’uscita, il sentimento forte che rimane dentro è quello di una maggiore consapevolezza della nostra storia, ed una voglia di ritornare ancora una volta per “rileggere” le opere coinvolgendo un amico, un parente o ancor meglio un bambino, affinché il nostro essere contenuto nelle sale di un museo possa essere a sua volta condiviso, tornando così nuovamente vivo.


 

 

ARTE - Una lezione peripatetica tra le sale di Palazzo Abatellis

Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis, Palermo

(ph. Carlo Guidotti)


 

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