(22 marzo 2012) - Il barocco siciliano è famoso in tutto il mondo per la ricchezza decorativa profusa nei sontuosi rivestimenti di marmi mischi, nella sovrabbondanza degli stucchi e nella vitalità delle sculture. È stato oggetto di indagini storiografiche, iconografiche, fotografiche, ma forse mai è stato ripreso con un occhio attento e amoroso come quello del pittore Girolamo Di Cara.
Il maestro Di Cara, infatti, ha scelto i monumenti della Sicilia barocca come soggetti della sua ricerca figurativa, scoprendo in essi – a dispetto dei (pre)giudizi negativi di stampo illuminista e crociano che hanno bollato il barocco come un’arte vuota, esteriore e pletorica – l’armonia delle forme e la bellezza profonda dei più minuti particolari. Al di là del revisionismo storico, comunque, l’operazione di riscoperta di Di Cara non è astrattamente intellettuale o nostalgica, bensì frutto di un amore profondo per le pietre, le modanature, i marmi, gli stucchi appartenenti sia a monumenti famosi che a edifici meno noti.
L’artista dichiara nelle sue opere una consonanza e una corrispondenza intima con lo spirito più vero e profondo dell’arte barocca e con le sue forme immaginifiche. Sullo sfondo solo apparentemente neutro del cartoncino ocra il maestro Di Cara, utilizzando china, biacca e colori ad olio, traccia dei segni talora essenziali e monocromi, talora ricchi di minuziosi particolari e di cromie raffinate. I giochi di luci, ombre e colori ricreano le opere gloriose del barocco siciliano, che spiccando sullo sfondo ocra, sembrano rivivere davanti ai nostri occhi illuminate dall’abbacinante luce mediterranea.
Attenzione però a non farsi trarre in inganno attribuendo a queste opere un’intenzione documentaria che limiti la rappresentazione a una fredda oggettività. L’occhio del pittore infatti guarda e sceglie i particolari più rappresentativi o gli scorci inusuali, cogliendo in ciascuno di essi lo spirito di un’epoca insieme fastosa e ricca di contraddizioni, e facendole dialogare con la modernità. L’attenzione al dettaglio che connota queste opere sembra nascere, come nell’arte medievale, dal giudizio che la realtà è degna di essere osservata e vissuta in tutti i suoi aspetti, anche i più infinitesimali e apparentemente inutili.
È pur vero che, come scrive Mauro Buscemi nell’editoriale di presentazione di questo giornale, «alla Sicilia non mancano le interpretazioni del suo passato e le rappresentazioni del suo paesaggio sotto le luci dell’iperbole e della metafora». L’originalità e la preziosità dell’opera di Di Cara sta allora nello sguardo con cui il maestro esalta il particolare che diviene filtro dell’universale, in un gioco di specchi in cui un oggetto rimanda continuamente a un altro e l’occhio dell’osservatore viene rimandato dall’infinitamente piccolo alla totalità dell’insieme e viceversa. Le descrizioni minuziose delle tarsie, dei fregi scultorei e degli intagli si associano nei disegni alla visione dell’insieme dei monumenti, legando il particolare con il tutto in uno straordinario effetto che coniuga realismo e visionarietà fantastica.
Ciò che veramente sorprende è la capacità di rendere vive le pietre, tanto che i puttini sembrano svolazzare, i drappi e tendaggi ondeggiare mossi dal vento, le statue venirci incontro. Le pietre calcinate dal sole dei portali, delle cupole, delle finestre e dei balconi di Palermo, Monreale, Noto, Ragusa, ricreano il colore dorato del tufo e fanno percepire il silenzio dell’ora meridiana; il turbinio dei putti, delle figurine sulle colonne tortili del Carmine, la visione degli stucchi abbaglianti degli oratori del Serpotta incarna lo spirito festoso del barocco siciliano; le statue della Fontana Pretoria, dei Quattro Canti o di Porta Nuova delineano la solennità spagnoleggiante della città viceregia e insieme documentano il trascorrere dei secoli nelle tracce lasciate dal tempo che tutto corrode.
L’occasione per riscoprire l’opera di Girolamo Di Cara è la mostra Itinerari barocchi palermitani e di Sicilia, ancora in corso (è aperta sino al 25 marzo) a Palermo nelle sale di Palazzo Sant’Elia, che raccoglie circa 120 dipinti e disegni. «Opere realizzate nell’arco di un trentennio, – dice Di Cara – molte delle quali ancora inedite, che hanno contribuito a far conoscere in Italia e all’estero il barocco siciliano». Il pittore, la cui attività è iniziata con una prima mostra personale nel 1959, ha realizzato ben 24 mostre sul barocco siciliano in Italia e all’estero, riscuotendo sempre riconoscimenti e consensi e divenendo quasi una sorta di ambasciatore degli aspetti più affascinanti e coinvolgenti della nostra isola.
La visita della mostra a palazzo Sant’Elia è anche l’occasione per incontrare una persona straordinaria. Grande affabulatore, affascina e trascina adulti e ragazzi, che rimangono incantati ad ascoltarlo mentre racconta cosa è per lui il barocco e cosa lo muove a rappresentarlo con questa poliedrica varietà di forme; descrive le sue opere e gli originali a cui si è ispirato, intrecciando le analisi storico-artistiche e gli aneddoti personali, con tanta passione da renderle attuali e interessanti – come può testimoniare chi scrive – proprio perché diventano comunicazione di un’esperienza.
Una rassegna di immagini che documentano la mostra: Itinerari barocchi palermitani e di Sicilia/A Baroque Journey trough Palermo and Sicily di Girolamo Di Cara presso gli spazi espositivi di Palazzo Sant'Elia di Palermo. La mostra è stata promossa dalla Provincia Regionale di Palermo, con il patrocinio di: Presidenza del Consiglio dei Ministri; Università degli Studi di Palermo; Provveditorato agli Studi di Palermo.
Copyright © 2012 - Ph. SICILY PRESENT