Le reliquie di Pina Suriano per quattro giorni nella parrocchia di Sant’Ernesto. Intervista a don Carmelo Vicari

 

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(19 ottobre 2015) – Dall’8 all’11 ottobre 2015 le reliquie della Beata Pina Suriano, la giovane partinicese morta nel 1950 e proclamata Beata da San Giovanni Paolo II nel 2004 sono state esposte al culto dei fedeli nella parrocchia di Sant’Ernesto a Palermo. Quattro giorni di incontri e di opportunità per conoscere la vita della Beata, oltre che di cerimonie liturgiche che hanno visto la presenza di mons. Michele Pennisi, Arcivescovo di Monreale, di mons. Raffaele Mangano, assistente diocesano dell’A. C., di don Carmelo Vicari, parroco di sant’Ernesto e del cardinale Arcivescovo di Palermo mons. Paolo Romeo. Quattro giorni di sollecitazioni per la comunità parrocchiale, che ha risposto con grande dedizione e generosità alla “chiamata” che Pina ha rivolto a tutti.

Proviamo a trarre qualche valutazione conclusiva con il Parroco don Carmelo Vicari il quale ha fortemente voluto questa “modalità di inizio dell’anno pastorale parrocchiale” come l’ha voluta definire, quando già nel mese di giugno ne parlò ai parrocchiani.

Gli chiediamo per prima cosa di dirci da dove è nata questa idea.

Innanzitutto parto da me. Io sono figlio di emigranti. Ho trascorso la mia giovinezza in Lombardia e sono tornato a Palermo all’inizio degli anni ottanta per concludere il percorso seminarile che mi ha poi condotto al sacerdozio. Quindi non conoscevo né mai avevo sentito parlare di Pina Suriano fino a quel momento. Ma da quegli anni fino ad oggi è come se la sua persona avesse cercato in tanti modi, prima molto discreti e poi via via sempre più chiari, di richiamare la mia attenzione alla sua vita.

E come è accaduto?

Soprattutto attraverso incontri con persone che l’hanno conosciuta e frequentata direttamente e poi anche con altre che ne conservavano un ricordo vivo per svariati motivi. All’inizio si è trattato solo di semplice curiosità, poi di desiderio di una più precisa conoscenza, ma poi è come se mi avesse voluto dire di intraprendere con lei un rapporto più concreto e stringente.

E questo cosa c’entra con la sua responsabilità parrocchiale?

A Sant’Ernesto c’è una significativa presenza dell’Azione Cattolica, soprattutto di adulti che ben conoscono la figura della Beata ed anzi alcuni erano presenti a Montorso nel 2004 il giorno della sua beatificazione. Come dire che Pina Suriano mi ha fatto una ulteriore ed esplicita richiesta attraverso queste persone.

Quale?

Potrei definirla così: “Ti chiedo di diventare più amici e fare insieme un pezzo di strada verso la santità”. Mi sono sentito di rispondere positivamente e di cercare quindi una modalità concreta per stringere questa amicizia.

E qual è stata questa modalità?

Il pellegrinaggio parrocchiale che abbiamo fatto sulla sua tomba il 28 giugno dell'anno scorso. Quel giorno abbiamo potuto conoscere meglio, direi quasi più da vicino, la figura di questa giovane che nella sua breve vita ha indicato una strada per seguire il Signore che può dire molto a ciascuno di noi. E quel giorno è venuta l’idea di “invitare” Pina a casa nostra. Da lì la richiesta al rettore del Santuario di chiedere le sue reliquie e la risposta positiva e cordiale. Il resto è attualità.

E allora veniamo all’oggi. Cosa si può dire in sintesi di questi quattro giorni?

Tanto, per quello che abbiamo potuto vedere e toccare con le nostre mani. Moltissimo, per quello che non vedremo mai con gli occhi, ma che Pina ha suscitato nei cuori di tutti.

Ma non pensa che così dicendo si scivoli nel sentimentalismo o nel devozionismo?

E allora rispondo con fatti che posso documentare. Il programma era fitto di incontri e iniziative, ma le mattine erano lasciate libere per il culto dei fedeli. Proprio quanto accaduto di mattina mi ha particolarmente colpito. Posso dire che c’è stata una processione ininterrotta di persone, provenienti da tutta la città, che hanno liberamente e spontaneamente deciso di arrivare a sant’Ernesto per pregare davanti alla teca. Questo avvenimento potrebbe essere spiegato come naturale negli anni di vita di Pina, quelli in cui la religione era soprattutto espressione di preghiere, processioni e gesti liturgici. Ma oggi non solo non è più così, ma aggiungo che chi fa questo deve in un certo modo sfidare i giudizi di quanti ritengono questo aspetto poco utile e solo intimistico. Per maggiore completezza aggiungo che non si trattava solo di “pie donne”, ma sono venuti tanti giovani e tanti adulti certamente mossi da Pina e non da una qualsivoglia pur lodevole iniziativa.

Che giudizio trae allora da questo racconto?

Ribadisco quanto ho detto nell’omelia dell’ultima messa celebrata prima del suo ritorno a Partinico. Non abbiamo venerato un osso né abbiamo pregato una immagine, ma abbiamo riconosciuto una presenza, quella della Beata Pina Suriano, che tale è rimasta ben oltre la sua morte. Senza questa consapevolezza tutti i gesti di quei quattro giorni sarebbero ben poca cosa, belli e interessanti, come la vista di un quadro o la partecipazione ad un concerto. Certo in grado di muovere e commuovere il sentimento, ma non in grado di muovere la coscienza.

Ma allora perché tutte le iniziative che erano in programma?

Perché c’è innanzitutto un problema di conoscenza che va colmato. Così come io non la conoscevo fino quasi ai miei trent’anni, lo stesso vale per i tanti che in parrocchia non ne avevano mai sentito parlare. Questo aspetto è stato egregiamente raggiunto con quanti sono venuti a dir Messa in quei giorni e con i due eventi programmati in tal senso: la testimonianza di Giovanna Parrino e la conferenza di Salvatore Falzone. Ma anche la mostra sulla sua vita ha costituito un significativo contributo. Insomma il primo modo di venerare i santi e i beati è quello di conoscerne la vita.

E poi?

E poi c’è la fase più lunga e decisiva: quella dell’immedesimazione.

Che vuol dire? Ci spieghi meglio.

La Chiesa ci indica e ci fa venerare i Beati e i Santi, non per copiarne le gesta, altrimenti si trasformerebbero in eroi, ma per identificarci, meglio immedesimarci, con lo spirito della loro vita. Insomma per imitare non quello che hanno fatto ma le ragione del perché l’hanno fatto. E questo nella storia di Pina Suriano è tanto lampante, quanto difficile da accettare.

Perché?

Perché Pina ha dovuto superare la tentazione più forte per noi cristiani: quella di accettare che il nostro pur buon progetto sulla nostra vita non debba necessariamente coincide con quello di Dio. Pina era convinta che il suo progetto “buono”, divenire cioè suora, fosse quello giusto. Ed invece il Signore la chiamava per quello che era, non per quello che faceva. Solo quando poté presentarsi dinnanzi a Lui nuda, senza vergogna e libera, divenendo ostia e sacrificio la sua vita ebbe pieno compimento.

E questo cosa può insegnare oggi a noi, soprattutto ai giovani?

Che bisogna innanzitutto amare Gesù e comprendere le Sue ragioni, prima ancora di incaponirsi nella attuazione di pur lodevoli iniziative, siano anche caritatevoli o missionarie. Un po’ come gli Apostoli. Quando incontrarono Gesù e chiesero cosa dovessero fare, fu loro risposto: venite e vedete. Videro per ben tre anni, ma non compresero fino in fondo perché preoccupati, come noi oggi, del fare. La discesa dello Spirito Santo e la evangelizzazione in tutto il mondo conosciuto fecero fare loro il salto di qualità. Furono così anche missionari e in grado di generare un popolo. Ma lo fecero perché riuscirono finalmente, dopo tanti anni, ad immedesimarsi con le ragioni del Salvatore, non perché avessero trovato la ricetta della evangelizzazione di massa.

E questo come si collega a Pina?

In modo semplice: tentando di ripercorrere la logica della sua strada, ma attuata nella nostra, quella che ci è stata indicata e tracciata. Siamo chiamati tutti alla santità e solo alcuni al martirio. Ci vuole anche umiltà ad accettare modalità e tempi che non sono i nostri. Ma noi invece vorremmo dettare modalità e tempi perché spesso ci sentiamo più intelligenti anche di Dio. La strada di Pina è stata una strada semplice, priva di grandi o esaltanti avvenimenti, in cui la misericordia di Dio si è manifestata attraverso segni e scelte particolari, alle quali lei ha saputo dar seguito, senza che le fossero evitate incomprensioni, anche con la famiglia, e sofferenze, anche attraverso la malattia. Un modo di obbedire alle circostanze, molto concrete ed esigenti, come l'amore di Dio richiede a ciascuno di noi.

In conclusione: quali frutti si attende per la vita della parrocchia e dei parrocchiani?

L’anno sociale che è appena iniziato è denso di importanti e significativi avvenimenti per la vita della Chiesa e di noi fedeli: il Sinodo Straordinario per la Famiglia, il Convegno della Chiesa italiana di Firenze su “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”, e l’anno Giubilare della Misericordia che avrà inizio l’8 dicembre. Come ho scritto nella lettera con cui ho invitato la comunità a partecipare a questo gesto: «Incontrare la figura della Beata Pina Suriano che viene a visitarci “a casa nostra” è un modo semplice e concreto per chiedere al Signore la stessa misericordia che ha offerto a Pina in cambio della stessa obbedienza». 

 


 

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(ph. fi)


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