Domenica 11 giugno alle 20.00 nella Sala Lanza dell'Orto Botanico di Palermo, nell'ambito della manifestazione Una marina di libri, si è tenuta la presentazione del libro di Mario Tamburino La scuola nel romanzo di formazione del ventesimo secolo. Musil, Joyce, Salinger, pubblicato dalla casa editrice People & Humanities.
All'incontro dal titolo La conoscenza come avvenimento tra visioni culturali ed esperienze didattiche sono intervenuti Vito Lo Scrudato - Dirigente Scolastico Liceo Classico Statale Umberto I di Palermo, Rosalia Pipia - Presidente Centro Culturale Il Sentiero, Giulia Rondello - Docente di Lettere Istituto Gonzaga di Palermo, ha moderato Mauro Buscemi - Direttore Edizioni People & Humanities, è stato presente l'autore.
Mauro Buscemi, nell'introdurre i relatori e l'argomento dell'incontro, ha voluto evidenziare come il tema dell'educazione e della figura del maestro si intreccia con quello della bellezza e la scuola è proprio il luogo dove la conoscenza e la passione per la verità e la bellezza sono al centro.
Il romanzo di formazione di cui il libro tratta, come ha ricordato il preside Vito Lo Scrudato, è un genere letterario che molti autori dell'Ottocento e Novecento hanno affrontato e nasce nel periodo in cui la scuola si trasforma diventando un'istituzione di massa. L'autore Mario Tamburino, saggista ma soprattutto educatore, si confronta con i processi di formazione dei giovani protagonisti di tre romanzi: I turbamenti del giovane Törless di Musil, Ritratto dell'artista da giovane di Joyce e Il giovane Holden di Salinger e lo fa esprimendo la questione diventata drammatica dell'assenza o liquidazione di un'identità culturale, riguardo anche alla nostra origine culturale ebraico-cristiana, che sta dando frutti "avvelenati".
Il professore Lo Scrudato in riferimento allo stato attuale di crisi dei processi di formazione ha voluto riportare stralci della lettera indirizzata da un gruppo di studenti del Liceo Spedalieri di Catania ai loro insegnanti in occasione dell'uccisione dell'ispettore Raciti: "quei fatti ci interpellano, ... ci invitano a una riflessione riguardo alla coscienza che abbiamo della realtà..., ci sentiamo soffocati dal nulla che è intorno a noi. Abbiamo bisogno che qualcuno ci aiuti a trovare il senso del vivere e del morire. Abbiamo bisogno di qualcuno che non censuri le nostre domande di felicità e di verità, per questo chiediamo ai professori e alla scuola che prendano sul serio le nostre vere esigenze...".
Rispetto alla posizione della scuola pubblica, democratica e laica, in cui si è convinti di non poter proporre delle verità perché il farlo fa pensare ad un voler imporre e al rischio di integralismo come si legge nella risposta data dai docenti ai ragazzi, Vito Lo Scrudato pone degli interrogativi con cui confrontarsi: "Veramente i docenti possono riconoscere la libertà ai loro allievi rinunciando a identificarsi in una visione della vita? Affermare una precisa visione della vita non può, invece, essere premessa perché si riconosca in una identità diversa la libertà di professarla? Dove si afferma l'asettica prospettiva di maturare in modo spontaneistico privando i ragazzi del confronto con gli adulti e con precise visioni della vita non si perviene forse ad un vacuum, un vuoto?".
Giulia Rondello ha sottolineato quanto il rinnovamento della scuola e le nuove metodologie da mettere in atto possono generare confusione. E come afferma Mario Tamburino citando Musil "la definizione di spiegazioni giuste e irrilevanti denuncia un sapere teorico che lascia fuori l'esperienza concreta da quanto si insegna... senza la comunicazione di sé il contenuto di conoscenze, di competenze e di semplici nozioni offerte, rischia di rimanere astratto e distante". La sfida nella scuola di oggi, secondo la professoressa Rondello, sta proprio nella possibilità di un connubio fra la comunicazione di sé e le attività didattiche per non far fuori le domande di senso dei ragazzi. Altrimenti il rischio è lasciare i ragazzi soli come il protagonista del romanzo di Joyce Stephen Dedalus che vive l'inquietudine della sua adolescenza non comprendendo la portata dei suoi desideri perché non c'è un adulto che lo aiuti a comprenderli. Allora, come propone l'autore del saggio, "gli insegnanti hanno il compito di fornire un'ipotesi di significato da verificare insieme nel confronto obiettivo e onesto con i fatti". Inoltre la fatica dei ragazzi di oggi nello stare in rapporto con la realtà impone di proporre, attraverso i contenuti, lo stupore per la realtà e di tenere aperta la domanda sul senso del vivere e del morire.
Per Rosalia Pipia il saggio di Tamburino è un libro che va letto perché fa compagnia ed è per tutti perché tutti siamo coinvolti nell'educazione, non solo i docenti. In un mondo che cambia in fretta la scuola ha bisogno di cambiare ma non possono bastare agli studenti le sole competenze cognitive perché i ragazzi hanno bisogno di essere guardati, studiano se sono amati, se incontrano qualcuno che permette di non censurare l'esperienza che fanno.
Così come Torless, nel romanzo di Musil, che "all'improvviso si accorse di quanto alto fosse il cielo", tutti noi siamo fatti per vedere quanto è alto il cielo e allora gli educatori devono aiutare i ragazzi a rimanere all'altezza di questo desiderio.
Secondo Mario Tamburino la scuola può essere il luogo dove ci si interroga sul significato delle cose e ci si appassiona oppure dove questa domanda di senso viene annullata, invece, la questione del significato è il bello della vita, riguarda la possibilità di appassionarsi alla realtà. E ai ragazzi occorre una presenza che sappia stare di fronte a tutti i fatti della vita e capace di una compagnia che offra alla libertà dell'altro il proprio percorso di certezza e speranza.
Foto di Giovanni Caronia.