Luciano Troja.Da Messina a San Francisco

 

 

luctroja320x240(23 luglio 2012) - Raggiungiamo Luciano Troja a Messina. Abbiamo pensato a questa conversazione per conoscere le dimensioni culturali e musicali più profonde e suggestive della sua espressione artistica. Troja nasce in Sicilia, precisamente a Messina dove studia da avvocato e ne svolge la professione. Il jazz è la sua grande passione, che sviluppa da autodidatta e perfeziona con Salvatore Bonafede, pianista e compositore palermitano, e con Richie Beirach, pianista americano. Ha, quindi, conseguito la laurea specialistica in jazz con la lode e il massimo dei voti al Conservatorio Corelli di Messina. Le sue note biografiche raccontano di un’applicazione al pianoforte perseguita per coglierne tutte le intense sfumature che solo il jazz, del resto, può dare. Ed è per questo che viaggia in Europa e in America, cioè per cercare sempre nuove occasioni di studio finalizzate ad approfondire un’arte che vive dell’improvvisazione improntata alla seria metodologia del lavoro e forgiata dall’impegno costante al pianoforte. I risultati sono descritti nel suo ricco curriculum di concerti tenuti in città d’Italia e, all’estero, tra Europa e Stati Uniti. I riconoscimenti della critica e del pubblico sono netti e tra l’altro, sono giunti per i cd registrati con il Mahanada Quartet (Taranta’s Circles, SplascH Records, 2004; Mannahatta, SplascH Records, 2005), con il chitarrista Giancarlo Mazzù (Seven Tales about Standards, SplascH Records, 2006; Seven Tales about Standards vol. II, SplascH Records, 2009), con la Double Piano Orchestra (Double Rainbow, Wide Sound, 2006; My Funny Valentine, Wide Lab, 2008).

Nel 2010 pubblica il cd At Home with Zindars, anch’esso accolto dalla critica internazionale con lodevoli riconoscimenti, che nasce come omaggio al compositore di Chicago Earl Zindars. Le tracce del cd sono musiche composte dallo stesso Zindars, a parte una che è dedicata da Troja a Earl Zindars e Bill Evans. In ognuna di queste “songs” si colgono l’intensità profonda delle armonie e le suggestioni melodiche che il pianoforte offre nelle sfumature date al jazz. In questa nostra conversazione comprenderemo come il jazz arriva in Sicilia, a Messina, e come diventa una dimensione di amicizia e cultura che supera le frontiere.

 

La nostra conversazione non può che partire da questo tuo ultimo album At Home with Zindars. Tutto di questo cd dice del tuo legame con le musiche di Earl Zindars. Il libro che è incluso nella confezione del cd racconta l’origine dei brani e ci fa conoscere la famiglia, i luoghi dello stesso Zindars.

cd luctrojaCon At Home with Zindars ho cercato di raccontare una storia: la storia della scoperta di un compositore che ho conosciuto dapprima attraverso le interpretazioni di Bill Evans, e poi approfondito attraverso una ricerca personale sulla sua musica, che mi ha portato anche a incontrarmi con la sua famiglia a San Francisco e a conoscere da vicino il suo mondo. Sin dal primo ascolto le composizioni di Zindars le sentivo particolarmente “familiari”, forse per un certo tipo di scelte armoniche, per una apparente semplicità, trattandosi di musica molto complessa anche nella forma, e per la dimensione piuttosto intima di cui questa musica è permeata. Il mio è stato un lavoro per certi versi autobiografico, realizzato inizialmente solo attraverso delle percezioni. Infatti, fino a pochi anni fa per me – ma forse anche per gran parte di studiosi e appassionati – Earl Zindars rimaneva un personaggio piuttosto misterioso.

Di lui si sapeva, come dicevo, solo attraverso le interpretazioni di Bill Evans, il quale inserì molti dei suoi brani nel suo repertorio, eseguendoli nell’intero corso della sua carriera. Nel tempo, con la pubblicazione di alcune biografie su Bill Evans, e con l’avvento di internet, sono riuscito ad avere qualche notizia in più. Nel 2005, qualche mese dopo la morte del compositore, scopro dell’esistenza di un website di Earl Zindars, messo in rete dalla sua famiglia. Riesco, quindi, a mettermi in contatto via email con Anne, la sua amata moglie, sua compagna per 42 anni, pianista, cantante, e coautrice di alcuni brani (peraltro lei ha dato i titoli a quasi tutte le canzoni del marito). Molto semplicemente, quindi, provvedo ad acquistare una copia del songbook in vendita sul website, e mi dedico per quasi un anno alla lettura/rilettura delle composizioni.

Nella primavera del 2006, mentre mi trovavo a New York per alcuni concerti e per la registrazione di un cd con il quartetto siciliano Mahanada, durante un giorno di pausa, vado in studio a registrare per piano solo alcuni brani di Zindars, secondo una mia personale lettura. Provvedo quindi a spedire la registrazione alla moglie Anne, la quale mi risponde, entusiasta, mi dice che mai nessuno aveva affrontato con tanta libertà e con tali risultati il repertorio del marito, incoraggiandomi fortemente a concretizzare il progetto. Fantastico…ma, nonostante avessi ricevuto la sua “benedizione”, sentivo che ancora mancava qualcosa per completare la mia ricerca. Volevo conoscere la gente e i luoghi che ispiravano quella musica, quel “lirismo domestico” che era la cifra stilistica che mi affascinava di più.

Inizialmente pensavo fosse solo il frutto di una mia costruzione mentale, poi pian piano scoprii che questa musica effettivamente nasceva in casa, praticamente in famiglia.

Quando andai a trovare la famiglia Zindars a San Francisco, fu davvero molto emozionante e sorprendente, tanto per me quanto per mia moglie Valentina, che mi accompagnava, scoprire che la nostra visita era per loro qualcosa che attendevano “davvero”. Sulla porta c’erano la moglie Anne e la figlia Helene, nota soprano lirico.

Dopo averci abbracciato con tanto affetto, immediatamente scoperchiarono il grande pianoforte di Earl e mi chiesero di suonare per loro. Ricordo che, emozionatissimo, suonai Lullaby for Helene, una ninna nanna che scrisse per la figlia Helene nel 1963, e che conoscevo bene nella versione di Bill Evans, e ora io suonavo al pianoforte di Earl Zindars questa canzone per Helene. Non credevo ai miei occhi…. Quando finii di eseguire il brano Anne mi disse che era la prima volta che il piano veniva aperto dal giorno della scomparsa del marito, avvenuta due anni prima.

Da quel breve soggiorno a San Francisco, a contatto con casa Zindars, ho cercato di carpire qualcosa che andasse al di là del significato esclusivamente musicale, e che ho cercato di spiegare nel piccolo libro allegato al cd, e, naturalmente, di trasferire nella musica.

Si è trattato di un lavoro durato materialmente cinque anni, tra New York, dove ho registrato il disco, San Francisco (a casa Zindars), e Messina, la mia città, dove si è svolta l’intera fase di post-produzione con il supporto determinante di uno staff di grandi professionisti, tutti rigorosamente messinesi: Francesco Mento, Alessandra Ciraolo e Cristina Fatato, i quali hanno curato la grafica, la tipografia Trischitta, che ha sviluppato la stampa, Francesco Paolo Maimone, il missaggio definitivo, Antonella Santoro, che ha collaborato alla traduzione del testo, e con il continuo e competente lavoro di Monica Mazza, che mi ha assistito in ogni singolo passaggio produttivo. Qualche tempo dopo la pubblicazione dell’album, il video-maker Valerio Vella, ha realizzato un videoclip molto esplicativo , attraverso le corde della sua grande sensibilità.

Insomma, a Messina ho trovato quanto di meglio potessi sperare per l’assemblaggio di sei sedute di registrazione, e la realizzazione di un libro di 42 pagine, in totale autoproduzione. Infatti i produttori unici di questo lavoro siamo stati io e mia moglie Valentina.  

Per cui ha fatto un certo effetto – per noi più che indipendenti, anzi direi casalinghi – avere avuto dei riconoscimenti negli USA, fra cui essere stati indicati fra i migliori album di sempre, in graduatorie di importanti riviste musicali americane accanto a produzioni leggendarie ( http://www.stereophile.com/content/2011-records-die-page-3 ) o l’essere stati inseriti quale importante tassello della biografia ufficiale del grande compositore, nella “sua” discografia.

 

 

luctroja320x240(23 luglio 2012) - Raggiungiamo Luciano Troja a Messina. Abbiamo pensato a questa conversazione per conoscere le dimensioni culturali e musicali più profonde e suggestive della sua espressione artistica. Troja nasce in Sicilia, precisamente a Messina dove studia da avvocato e ne svolge la professione. Il jazz è la sua grande passione, che sviluppa da autodidatta e perfeziona con Salvatore Bonafede, pianista e compositore palermitano, e con Richie Beirach, pianista americano. Ha, quindi, conseguito la laurea specialistica in jazz con la lode e il massimo dei voti al Conservatorio Corelli di Messina. Le sue note biografiche raccontano di un’applicazione al pianoforte perseguita per coglierne tutte le intense sfumature che solo il jazz, del resto, può dare. Ed è per questo che viaggia in Europa e in America, cioè per cercare sempre nuove occasioni di studio finalizzate ad approfondire un’arte che vive dell’improvvisazione improntata alla seria metodologia del lavoro e forgiata dall’impegno costante al pianoforte. I risultati sono descritti nel suo ricco curriculum di concerti tenuti in città d’Italia e, all’estero, tra Europa e Stati Uniti. I riconoscimenti della critica e del pubblico sono netti e tra l’altro, sono giunti per i cd registrati con il Mahanada Quartet (Taranta’s Circles, SplascH Records, 2004; Mannahatta, SplascH Records, 2005), con il chitarrista Giancarlo Mazzù (Seven Tales about Standards, SplascH Records, 2006; Seven Tales about Standards vol. II, SplascH Records, 2009), con la Double Piano Orchestra (Double Rainbow, Wide Sound, 2006; My Funny Valentine, Wide Lab, 2008).

Nel 2010 pubblica il cd At Home with Zindars, anch’esso accolto dalla critica internazionale con lodevoli riconoscimenti, che nasce come omaggio al compositore di Chicago Earl Zindars. Le tracce del cd sono musiche composte dallo stesso Zindars, a parte una che è dedicata da Troja a Earl Zindars e Bill Evans. In ognuna di queste “songs” si colgono l’intensità profonda delle armonie e le suggestioni melodiche che il pianoforte offre nelle sfumature date al jazz. In questa nostra conversazione comprenderemo come il jazz arriva in Sicilia, a Messina, e come diventa una dimensione di amicizia e cultura che supera le frontiere.

 

La nostra conversazione non può che partire da questo tuo ultimo album At Home with Zindars. Tutto di questo cd dice del tuo legame con le musiche di Earl Zindars. Il libro che è incluso nella confezione del cd racconta l’origine dei brani e ci fa conoscere la famiglia, i luoghi dello stesso Zindars.

cd luctrojaCon At Home with Zindars ho cercato di raccontare una storia: la storia della scoperta di un compositore che ho conosciuto dapprima attraverso le interpretazioni di Bill Evans, e poi approfondito attraverso una ricerca personale sulla sua musica, che mi ha portato anche a incontrarmi con la sua famiglia a San Francisco e a conoscere da vicino il suo mondo. Sin dal primo ascolto le composizioni di Zindars le sentivo particolarmente “familiari”, forse per un certo tipo di scelte armoniche, per una apparente semplicità, trattandosi di musica molto complessa anche nella forma, e per la dimensione piuttosto intima di cui questa musica è permeata. Il mio è stato un lavoro per certi versi autobiografico, realizzato inizialmente solo attraverso delle percezioni. Infatti, fino a pochi anni fa per me – ma forse anche per gran parte di studiosi e appassionati – Earl Zindars rimaneva un personaggio piuttosto misterioso.

Di lui si sapeva, come dicevo, solo attraverso le interpretazioni di Bill Evans, il quale inserì molti dei suoi brani nel suo repertorio, eseguendoli nell’intero corso della sua carriera. Nel tempo, con la pubblicazione di alcune biografie su Bill Evans, e con l’avvento di internet, sono riuscito ad avere qualche notizia in più. Nel 2005, qualche mese dopo la morte del compositore, scopro dell’esistenza di un website di Earl Zindars, messo in rete dalla sua famiglia. Riesco, quindi, a mettermi in contatto via email con Anne, la sua amata moglie, sua compagna per 42 anni, pianista, cantante, e coautrice di alcuni brani (peraltro lei ha dato i titoli a quasi tutte le canzoni del marito). Molto semplicemente, quindi, provvedo ad acquistare una copia del songbook in vendita sul website, e mi dedico per quasi un anno alla lettura/rilettura delle composizioni.

Nella primavera del 2006, mentre mi trovavo a New York per alcuni concerti e per la registrazione di un cd con il quartetto siciliano Mahanada, durante un giorno di pausa, vado in studio a registrare per piano solo alcuni brani di Zindars, secondo una mia personale lettura. Provvedo quindi a spedire la registrazione alla moglie Anne, la quale mi risponde, entusiasta, mi dice che mai nessuno aveva affrontato con tanta libertà e con tali risultati il repertorio del marito, incoraggiandomi fortemente a concretizzare il progetto. Fantastico…ma, nonostante avessi ricevuto la sua “benedizione”, sentivo che ancora mancava qualcosa per completare la mia ricerca. Volevo conoscere la gente e i luoghi che ispiravano quella musica, quel “lirismo domestico” che era la cifra stilistica che mi affascinava di più.

Inizialmente pensavo fosse solo il frutto di una mia costruzione mentale, poi pian piano scoprii che questa musica effettivamente nasceva in casa, praticamente in famiglia.

Quando andai a trovare la famiglia Zindars a San Francisco, fu davvero molto emozionante e sorprendente, tanto per me quanto per mia moglie Valentina, che mi accompagnava, scoprire che la nostra visita era per loro qualcosa che attendevano “davvero”. Sulla porta c’erano la moglie Anne e la figlia Helene, nota soprano lirico.

Dopo averci abbracciato con tanto affetto, immediatamente scoperchiarono il grande pianoforte di Earl e mi chiesero di suonare per loro. Ricordo che, emozionatissimo, suonai Lullaby for Helene, una ninna nanna che scrisse per la figlia Helene nel 1963, e che conoscevo bene nella versione di Bill Evans, e ora io suonavo al pianoforte di Earl Zindars questa canzone per Helene. Non credevo ai miei occhi…. Quando finii di eseguire il brano Anne mi disse che era la prima volta che il piano veniva aperto dal giorno della scomparsa del marito, avvenuta due anni prima.

Da quel breve soggiorno a San Francisco, a contatto con casa Zindars, ho cercato di carpire qualcosa che andasse al di là del significato esclusivamente musicale, e che ho cercato di spiegare nel piccolo libro allegato al cd, e, naturalmente, di trasferire nella musica.

Si è trattato di un lavoro durato materialmente cinque anni, tra New York, dove ho registrato il disco, San Francisco (a casa Zindars), e Messina, la mia città, dove si è svolta l’intera fase di post-produzione con il supporto determinante di uno staff di grandi professionisti, tutti rigorosamente messinesi: Francesco Mento, Alessandra Ciraolo e Cristina Fatato, i quali hanno curato la grafica, la tipografia Trischitta, che ha sviluppato la stampa, Francesco Paolo Maimone, il missaggio definitivo, Antonella Santoro, che ha collaborato alla traduzione del testo, e con il continuo e competente lavoro di Monica Mazza, che mi ha assistito in ogni singolo passaggio produttivo. Qualche tempo dopo la pubblicazione dell’album, il video-maker Valerio Vella, ha realizzato un videoclip molto esplicativo , attraverso le corde della sua grande sensibilità.

Insomma, a Messina ho trovato quanto di meglio potessi sperare per l’assemblaggio di sei sedute di registrazione, e la realizzazione di un libro di 42 pagine, in totale autoproduzione. Infatti i produttori unici di questo lavoro siamo stati io e mia moglie Valentina.  

Per cui ha fatto un certo effetto – per noi più che indipendenti, anzi direi casalinghi – avere avuto dei riconoscimenti negli USA, fra cui essere stati indicati fra i migliori album di sempre, in graduatorie di importanti riviste musicali americane accanto a produzioni leggendarie ( http://www.stereophile.com/content/2011-records-die-page-3 ) o l’essere stati inseriti quale importante tassello della biografia ufficiale del grande compositore, nella “sua” discografia.

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È dunque chiaro che tra i brani sembrano scorgersi le tracce di una musicalità, di un’ispirazione che portano anche a Bill Evans. È così?

Per quanto mi riguarda, tutto è partito da Bill Evans. Sin dal momento in cui lo vidi dal vivo a Londra, al Ronnie’s Scott, nell’agosto 1980, da quel giorno, come tanti musicisti che si sono imbattuti in un modo o nell’altro in lui, ho convissuto con la sua musica. Nel tempo, fra i vari brani che eseguiva mi colpirono, ancor più degli altri, i brani di Earl Zindars, che si distinguevano soprattutto per le scelte armoniche, per la struttura e il tempo, che per la prima volta nel jazz prevedeva l’alternanza all’interno dello stesso brano fra sezioni in 3/4 e in 4/4. Ma in realtà era quello che comunicava questa musica che mi affascinava, a prescindere da qualsivoglia analisi musicale.

Scoprire Zindars è stato un po’ come imbattersi in qualcuno musicalmente molto vicino a Evans. Ma di Bill Evans già si sapeva tanto. Avevo avuto l’opportunità di studiarlo, ascoltarlo, assorbirlo anche inconsciamente, per oltre venti anni. Zindars, invece, è stata la scoperta di un rapporto di empatia che mi ha permesso di estendere la visione d’insieme.

Il rapporto fra Zindars e Evans è stato molto più forte di quello che può sembrare a prima vista. Earl Zindars conobbe Evans sotto le armi. Terminato il servizio militare, e tornato nella sua natia Chicago, il giovane Earl riesce a essere assunto come percussionista della Chicago Symphony Orchestra (Zindars è principalmente un percussionista), il posto più prestigioso che mai potesse immaginare. Ma erano gli anni 50, e Bill Evans, il suo caro amico e compagno d’armi, si trovava a New York, catapultato negli anni migliori per il jazz e per la sperimentazione. Sicché, come mi ha riferito la figlia Helene, Evans lo chiamò a New York. Il giovane Earl non se lo fece dire due volte, abbandonò il posto sicuro in orchestra, per inseguire la nuova musica. Poi i due saranno artefici di destini personali completamente diversi, anche se continueranno a rimanere sempre in stretto contatto.

Sotto il profilo compositivo e, in generale, estetico sono chiare le reciproche influenze stilistiche. Forse l’analogia più evidente è che sia in Zindars che in Evans convivono il jazz e la matrice colta europea. Entrambi sono sì votati alla musica classica (Zindars è soprattutto un compositore classico), ma l’obiettivo e il risultato sono squisitamente jazzistici.

 

Il jazz affonda le proprie radici nella cultura e nella società americana d’inizio Novecento e si precisa quale dimensione musicale in cui si legano melodie di origine africana ed europea. Eppure, non mancano i legami con la stessa musicalità mediterranea; il jazz del siciliano di New Orleans Nick La Rocca e dell’Original Dixieland Jazz Band si può ritenere l’avanguardia stessa delle ritmiche di questo genere.

Il jazz, secondo me, non è musica di generi, ma è musica “generata”. Sono le persone che la fanno, ciascuno in modo diverso, per cui ciascuno si fa una propria idea di come va affrontata. Questa secondo me è la sua unicità rispetto a tutte le altre musiche. Certamente, si possono anche avere delle situazioni di “empatia”, come quella descritta (Zindars/Evans), contribuendo anche allo sviluppo collettivo di una estetica. Ma il jazz nasce da un personale modo di sentire, diverso da quello di tutti gli altri. In questo senso direi che si tratta di una musica “soggettiva”.

Nei primi del Novecento le influenze e le confluenze erano proprio tante in America, soprattutto a New Orleans che fu una specie di porto dove approdavano persone di tutte le razze, specie dal Mediterraneo, e dalla Sicilia, in particolare da Palermo e da Trapani. Quindi le “soggettività” e le “empatie “musicali si intersecavano, si modellavano, creando un modo nuovo di “sentire” la musica, e il miscuglio razziale generava attraverso la musica, forse per la prima volta nella storia, il rispetto per “l’altro”, perché portatore di qualcosa di nuovo, e di utile.

Succedeva quindi che il siciliano Nick La Rocca, forse memore inconscio anche delle sue origini, generasse qualcosa di veramente nuovo, e all’avanguardia. Ma egli era soprattutto il talentuoso, lucido prodotto del momento storico e del crocevia multiculturale che viveva. Forse un Nick La Rocca può uscire sempre fuori, in qualunque momento, ma solo se le condizioni sono favorevoli, e se la società possiede i mezzi per individuare il nuovo: in tempo reale (ma non mi sembra la nostra epoca), o anche in un momento successivo.  

 

Qual è la situazione attuale del jazz in Sicilia? Il tuo è il punto di vista di chi ne vive dall’interno di un’esperienza ormai lunga il movimento musicale e concertistico in questa regione. Visto dall’esterno, si può senz’altro affermare che il jazz non fa i numeri del pop; ma non si può non notare che festival e artisti non mancano, se pensiamo a quanto si genera a Taormina e San Vito Lo Capo, per ricordare due tra i più importanti eventi siciliani costruiti intorno al jazz. Che ne pensi?

Il jazz in Sicilia mi sembra che sia stato sempre molto vivo negli ultimi decenni. Pieno di grandissimi musicisti con grandi idee. Ma il jazz, in Sicilia, come nel resto del mondo, secondo me lo fanno anche gli organizzatori, chi si occupa di divulgarlo, coloro che per pura passione e, di conseguenza, per competenza, si dedicano alla realizzazione di eventi grandi e piccoli collegati con il jazz. Queste persone sono importanti almeno quanto i musicisti, se non di più. Hai citato due realtà San Vito Lo Capo, che sinceramente non conosco, ma di cui ho sentito parlare molto bene, e Taormina, in cui ho avuto l’onore di essere ospitato l’anno scorso (con Nello Toscano, al contrabbasso, e Pino Ninfa al videoproiettore, con le sue foto). Ecco, Taormina è secondo me un buon esempio di festival che riesce bene perché chi lo ha ideato, Nino Scandurra, è egli stesso il Festival, curando ogni cosa personalmente nel più piccolo dettaglio: un autentico appassionato e, quindi, una persona molto competente.

Un altro esempio che mi viene in mente, di estrema qualità nella progettazione e profondità di proposta musicale è l’Associazione Curva Minore di Palermo dell’instancabile e geniale contrabbassista Lelio Giannetto. Parlo di queste due realtà perché mi sono rimaste impresse per esperienza diretta, ma ne esistono tante altre di qualità legate al jazz e all’improvvisazione in Sicilia: tante quante sono gli organizzatori veramente appassionati e di buona volontà.

 

Prossimi impegni?

A settembre uscirà per la etichetta inglese SLAM un cd che porta come titolo il nome della formazione D’Istante3, con me al pianoforte, Giancarlo Mazzù alla chitarra, e il sassofonista americano Blaise Siwula. Si tratta di un disco che abbiamo registrato nel 2011 a New York, dopo alcuni concerti di musica improvvisata in alcuni club di Manhattan, Brooklyn e Harlem. Ci siamo trovati molto bene insieme e abbiamo deciso di mettere su disco la sinergia creatasi in quei giorni.

Siwula è un veterano della musica creativa newyorkese, avendo collaborato con i più grandi nomi del free, da Cecil Taylor a Borah Bergman, ed è il curatore della rassegna di musica improvvisata COMA @ABC No-Rio, che si svolge da oltre 15 anni a New York, ogni domenica.

Con Giancarlo Mazzù, grande chitarrista, collaboriamo assiduamente. Abbiamo suonato in Europa e negli Stati Uniti, e abbiamo condiviso anche una lunga esperienza di compositori/ esecutori di musica di scena per il teatro, oltre ad aver pubblicato insieme, con quello che uscirà a settembre, ben 6 dischi. Mi piace condividere la musica con Giancarlo, perché sento che entrambi abbiamo un approccio similare: rilassato, mai frenetico o competitivo.

In ottobre Blaise Siwula sarà in Europa e stiamo pianificando un piccolo tour promozionale per il nuovo cd.

Infine, finalmente vorrei cominciare a proporre la musica di At Home With Zindars in concerto per l’autunno e per il prossimo anno. Sarei felice di potere suonare in Sicilia la musica di Earl Zindars.

Grazie.




Luciano Troja. Da Messina a San Francisco. Nella rassegna di immagini sono documentati diversi momenti della carriera artistica del jazzista siciliano Luciano Troja.– Sicily Present


Copyright © Photo - FRANCESCO MENTO, VALERIO VELLA, DAVIDE CARROZZA, VALENTINA PRUDENTE


 

 

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