(15 marzo 2013) – Nel 1962 aveva inizio un evento epocale nella storia della Chiesa e del mondo: il Concilio Vaticano II. Sotto la guida di Giovanni XXIII i vescovi si riunivano per affrontare le grandi questioni della Chiesa e le sfide lanciate dal mondo in mutamento. Cosa fu in gioco in questa grande assemblea della Chiesa? E soprattutto: quali domande e quali sfidevengono poste al pensare da questo evento?
Queste le domande all’origine del Laboratorio Filosofia e religioni. Concilio Vaticano II ed ermeneutica della continuità, promosso dalla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Palermo in collaborazione con l’associazione Identità giovane, il Collegio Universitario ARCES e la Parrocchia di S. Basilio e coordinato dal prof. Giuseppe Roccaro, docente della stessa Università. Giovedì 14 marzo il primo appuntamento, ad apertura del quale è stata data la traccia del lavoro (labor) che il Laboratorio intende favorire in ciascuno dei partecipanti (nella foto di Francesco Mascellino un momento dell’incontro allo Steri).
“Dio si è scelto un popolo”: così si esprimeva Giacomo al Concilio di Gerusalemme. Il prof. Roccaro ha rintracciato in queste parole la fondazione dell’aspetto laico del pensare; un inizio che si pone dialetticamente, perché si tratta di un inizio dato: è Dio stesso che dà apertura alla laicità. In questo inizio si innesta il fatto, che è anche il problema, della tradizione. Tradizione necessita infatti il plurale per essere profondamente se stessa; il logos è chiamato, per sua natura, ad essere e farsi dialogo (dia-logos). Questa la sfida del pensare, sfida che non è rivolta a pochi eletti ma riguarda tutti, ognuno dall’interno della propria situazione e posizione nel mondo. Questa la sfida lanciata ai partecipanti al Laboratorio, sfida che viene ora implicitamente lanciata ad ogni lettore.
Il primo a incarnarla è stato Roberto de Mattei, il quale ha svolto una lezione dal titolo Il Concilio Vaticano II e il pontificato nuovo. Il professore, attualmente docente di Storia Moderna e Storia del Cristianesimo presso l’Università Europea di Roma, oltre alle numerosissime collaborazioni scientifiche, ha all’attivo anche un testo su questo tema, Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta, nel quale svolge un’analisi storica attenta, articolata e certamente non scontata di questo grande evento della Chiesa. La sua lezione, come è sinteticamente esposto nel titolo del libro, ha mirato a tratteggiare un profilo storico del Concilio, che non ne ignorasse l’aspetto teologico ma lo tenesse insieme a quello evenemenziale. Compito dello storico è infatti, secondo de Mattei, elaborare uno sguardo sintetico sull’evento del quale tenta la ricostruzione; sforzo tanto più complesso per un evento, come il Concilio, nel quale all’evento reale si è sovrapposto, secondo il professore fino a comprometterne gli effetti, un poderoso evento virtuale.
Il Concilio comportò una discontinuità non dottrinale (in merito ai contenuti della fede), ma storica: un cambiamento epocale al livello psicologico, mentale, culturale. Innanzitutto una nuova fiducia nel proprio tempo, di cui si può avere un saggio, secondo il professore, già nei discorsi di apertura e chiusura del Concilio, rispettivamente ad opera di Giovanni XXIII e Paolo VI.
Si realizzò un profondo aggiornamento della pastorale della Chiesa; si potrebbe dire, con le parole di O’Manley, un grande “evento linguistico”. Ma cambiare linguaggio significa trasformare, in qualche modo, anche il significato. De Mattei ha condotto dunque i propri interlocutori a verificare questa ipotesi attraverso l’analisi del peso che hanno avuto due grandi omissioni del discorso conciliare: quella sull’inferno e quella sul fenomeno del comunismo. Nel primo caso il silenzio del Concilio preparò, secondo il professore, le successive negazioni di alcuni teologi (come Küng); nel secondo caso, fu legato ad un giudizio storico infondato e sicuramente non profetico (la necessità di fronteggiare una realtà, il comunismo, con cui bisognava fare i conti e che sarebbe durata ancora molto a lungo).
Il Concilio rappresentò di fatto la scelta per la modernità e fautrice principale di questo mutamento storico fu la minoranza progressista dei padri conciliari. L’eredità più importante fu costituita dalla perdita dello spirito militante che, secondo de Mattei, è stato uno dei tratti fondamentali della Chiesa nella storia. Urgente, secondo il professore, recuperare questo spirito, all’interno di un più generale rinnovamento che si inserisca, stavolta, con autenticità dentro la tradizione.
Si apre sull’onda di queste parole un lavoro personale di riflessione e di ricerca. Il Laboratorio, infatti, per sua stessa natura, pretende di promuovere e raccogliere i movimenti del pensare, attività che può essere fatto solo in proprio. Certo, però, non in solitario. Per questo, per chi lo desiderasse, il percorso continua giovedì 21 marzo.