(30 dicembre 2013) – Venerdì 27 Dicembre l'associazione culturale Paideia ha offerto un incontro sul Timeo platonico alla presenza del professore Giuseppe Girgenti, docente presso il S. Raffaele di Milano. L’incontro si è tenuto nella stessa sede dell'associazione, in via Filangieri, presso piazza Magione a Palermo.
La forma dell'incontro ha ricordato quella aperta del cenacolo più che quella chiusa della conferenza: il professore, pur molto esaustivo nel poco tempo utilizzato, ha preferito non dilungarsi e lasciare più tempo alle domande, alle opinioni altrui, alla libera circolazione delle idee e delle analogie. Il tutto all'interno di un pubblico non esteso, ma certamente curioso. Quello che ne è venuto fuori è una costellazione di nodi concettuali stretti tutti attorno al punto focale dell'opera platonica: presenza di elementi della tradizione, di elementi della speculazione precedente, rapporti col creazionismo biblico, contemporaneità dell'opera a livello speculativo ed “esistenziale”.
Se il semicreazionismo demiurgico è un'idea prettamente platonica, nondimeno essa è un eikos miutos, un racconto approssimativo, che pur non perdendo la sua originalità presenta punti di contatto con un repertorio mitologico precedente che spazia da quello esiodeo a quello egizio. Ma soprattutto, è un racconto approssimativo ricco della grande filosofia greca antica. La costruzione dell'universo matematica e geometrica prima ancora che fisica è un'idea di evidente discendenza pitagorica, ripresa e applicata opportunamente all'idea di un dio che non deve creare dal nulla ma mettere ordine al Caos. Analogamente l'idea della scomponibilità degli elementi deriva in parte da Empedocle. Più particolare è il rapporto con Ippocrate: se da lui Platone riprende la divisione delle funzioni corporee, Ippocrate prima di lui aveva spiegato determinate funzioni di interiora e liquidi umani ricorrendo agli elementi.
Assistiamo dunque – come ha sottolineato con particolare attenzione Giuseppe Girgenti (nella foto)– ad un circuito organico, osmotico, di medicina e fisica, carne ed elementi, l'uomo verso il Cosmo, il Cosmo verso l'uomo. Quasi un'epica della filosofia antica allora, questo Timeo dove confluisce, in una cornice mitologico-divina, un sapere filosofico e scientifico di cui Platone è solo l'ultimo arrivato. E se si è fatto ricorso all'aggettivo scientifico, è perché realmente in Platone abbiamo sprazzi di modernità scientifica a livello nozionistico (si pensi ad un primo abbozzo delle funzioni vitali dei vari organi) ma soprattutto a livello di appello metodico. Riscontriamo, infatti, non tanto leggi e nozioni, quanto soprattutto prospettive a cui non saremo più messi di fronte per secoli, tra cui innanzitutto l'appello alla misurazione matematica e geometrica dell'universo: e non a caso nel citarla il professore non avrà altro esempio più antico dopo Platone, da mostrare al pubblico, delle illustrazioni di Pacioli, a cavallo tra il Medioevo ed il Rinascimento. E, ancora più importante, l'appello estremamente moderno all'approssimazione: non solo il miutos, il racconto, ma anche il logos, il ragionamento che se ne trae, è eikos, approssimativo. Se la base di partenza è infatti un Caos plasmato poi dal Demiurgo, ne consegue che questo Caos non è solo “materia”, ma un principio della materia stessa, che tale resta anche quando la materia viene ordinata, pronto a riemergere alla distrazione di colui che lo tiene tra le sue pastoie.
Questo fa sì che la filosofia, la scienza, la tecnica umana abbiano a che fare con un perpetuo e silenzioso mutamento, e che di fronte ad esso debbano agire sempre con prudenza e con la consapevolezza di un eikos logos. Da questa parte della riflessione si aprono le opinioni, le interpretazioni, la chiave della modernità di Platone ad un livello d'esperienza e vita vissuta.
Cosa dice all'uomo di oggi il Timeo? Che non possiamo far finta di non vedere il “disordine”, l'apparente insensatezza delle cose con cui giornalmente dobbiamo fare i conti; e che nemmeno dobbiamo guardare ad essa rassegnati. Se l'idea di un ospite silenzioso ed eterno chiamato Caos nella natura, nella storia, nella società, e soprattutto nell'animo umano ha preoccupato o semplicemente stimolato scrittori e filosofi di ieri e di oggi, nondimeno è un ospite con cui perennemente dobbiamo fare i conti: «guai a chiudervi dalla caoticità dell’esistenza, a diventare dogmatici, ma camminateci sempre dentro col costante desiderio di portare l’ordine», affermava appena due mesi fa il teologo Vito Mancuso per il primo incontro della Settimana degli Studi Danteschi. Tutti abbiamo dunque un compito demiurgico, dallo scienziato alla casalinga che, come si è espressa una voce in mezzo al pubblico, ogni mattina si alza e trova tutta una casa da riordinare. E questo compito richiede consapevolezza della presenza del Caos ed insieme fiducia nella possibilità di edificare cose grandi e belle, partendo proprio da esso e dal suo infrangibile divenire.