La notizia è stata comunicata dalle fonti ufficiali dell’Unesco alla fine del mese scorso e merita d’essere posta nella rubrica dell’attualità siciliana senza dimenticarne l’insieme di significati e prospettive che a vario titolo ne fanno parte. Ed è un fatto le cui caratteristiche attengono direttamente al patrimonio culturale siciliano e mediterraneo colto nel vissuto storico del lungo periodo. Si tratta di un riconoscimento prestigioso e d’eccellenza che premia il valore di tradizioni e umanità operanti ancora oggi. Proprio qui è uno tra i punti più interessanti e significativi di un riconoscimento che possiede potenzialità economiche, sociali e turistiche innumerevoli e, va da sé, l’una intrecciata a filo doppio all’altra in quanto opportunità di progresso e sviluppo.
Lo zibibbo di Pantelleria è stato inserito nella lista dei patrimoni culturali dell’umanità con la recente decisione giunta a novembre attraverso i lavori a Parigi della “Ninth session of the Intergovernmental Committee for the Safeguarding of the Intangible Cultural Heritage”. 161 Paesi all’unanimità hanno ritenuto degna della massima attenzione e salvaguardia la tradizione conservata e tramandata da una generazione all’altra in quest’isola al centro del Mediterraneo.
L’Unesco, quindi, ha siglato con questa determinazione il rilievo storico e culturale straordinario del vitigno coltivato nel corso di molti secoli a Pantelleria. “Traditional agricultural practice of cultivating the ‘vite ad alberello’ (head-trained bush vines) of the community of Pantelleria” è la didascalia con cui la specifica procedura è stata portata avanti e catalogata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura.
Non mancano buone ragioni per soffermarsi su alcuni aspetti di questa notizia, la cui importanza per la Sicilia è di tutta evidenza e arriva, è bene ricordarlo, come bis al riconoscimento attribuito nel 2008 dall’Unesco all’Opera dei Pupi Siciliani nell’ambito della stessa lista dei patrimoni orali e immateriali dell'umanità. La tipica coltivazione pantesca della vite ad alberello tiene insieme agricoltura e comunità di persone, indicando senza mezze misure quanto sia forte e decisivo il legame di un popolo con la propria terra, cioè con la storia di vita e umanità che ne ha forgiato identità, usi e costumi.
Questo vitigno nasce dall’incontro di popoli che a Pantelleria hanno lasciato un segno attraverso il lavoro degli agricoltori nei campi. L’uva zibibbo, coltivata nel periodo moderno con il metodo del “cordone speronato” e introdotta dai Fenici, ha nome di matrice araba e origini in Egitto. Da quest’intreccio di storie, popoli e pratiche agricole deriva il vino dal sapore dolce conosciuto anche come Moscato di Pantelleria o di Alessandria. E ciò dimostra, ancora una volta, che cultura ed economia sono collegate strettamente alla terra e portano frutti di bene quando la tradizione resta nel tempo come fattore vivo.