Enzo Maiorca è scomparso il 13 novembre 2016 a Siracusa, dove era nato il 21 giugno 1931. Le sue imprese in mare hanno lasciato un segno indelebile nel Novecento e resteranno nella storia. Non sono chiamati soltanto i siracusani a conservarne la memoria ed essere grati a questo illustre figlio della loro terra. La sua vita ha mostrato mille buone ragioni perché le sue prodezze siano ricordate e considerate da tutti come un patrimonio di umanità.
Record d’immersione in apnea e battaglie civili per la salvaguardia dell’ambiente costituiscono le principali direttrici del suo impegno sportivo e pubblico. In questi giorni ne abbiamo ripercorso le tappe, rivisto immagini delle sue discese subacquee e rammentato le sfide ingaggiate con altri sportivi tra cui alcune sono rimaste negli annali. Con Amerigo Santarelli e Jacques Mayol, in particolare, è stato un reciproco rincorrersi per cercare lo spunto di un’immersione più profonda. Eppure, come per tutti i veri atleti, anche per lui dentro ogni impresa non c’era soltanto un vecchio limite da superare e un nuovo record da conquistare.
Siracusa è città di fondazione greca e fin dai tempi remoti della sua storia ha maturato un’attenzione precisa ai valori agonistici. Lo sport, quando è praticato con il carattere della lealtà ed è vissuto con il metodo della serietà, è esempio positivo che vale senza alcuna distinzione di luoghi ed epoche e si tramanda generazione dopo generazione. Ogni sfida sportiva, prima di tutto, è intanto un’avventura intrapresa con sé stessi per puntare al meglio del proprio talento e andare oltre un traguardo già raggiunto. Ecco perché se ne può parlare, allora, come di un lavoro che non ha mai fine e che ogni giorno riparte messo in moto dalla forza indivisibile della libertà e della volontà. Questa è stata la tempra dell’ideale con cui Maiorca ha vissuto le sue esperienze subacquee, che le due figlie Patrizia e Rossana hanno fatto proprio conseguendo anche loro eccellenti risultati e record di livello mondiale.
“Come è profondo il mare” di Lucio Dalla è una canzone del 1977 il cui testo evoca scenari e scelte dell’avventura umana. E non deve essere un caso se l’artista di Bologna, straordinario autore di brani capaci di toccare le corde decisive della vita raccontando i sogni e le speranze che accompagnano il singolo tragitto di ogni persona, fa del mare un baluardo di libertà e descrive i pesci come silenziosi protagonisti del riscatto di tutti. Il mare, visto pure nella vastità del suo diventare oceano, è da lui posto a paragone antitetico con i tentativi di dominio e sopraffazione verso cui si oppongono il pensiero e la libertà in quanto punti di ripartenza della storia dentro un progresso di bene condiviso. Queste sono le strofe con cui si conclude la canzone: «Chi comanda non è disposto a fare distinzioni poetiche / Il pensiero come l’oceano non lo puoi bloccare, non lo puoi recintare / Così stanno bruciando il mare / Così stanno uccidendo il mare / Così stanno umiliando il mare / Così stanno piegando il mare».
Gesti sportivi e azioni pubbliche di Enzo Maiorca nascono e si tengono insieme nell’orizzonte di un’origine comune. Se ne ritrova traccia nel suo scendere da campione in apnea verso il blu sempre più profondo del mare in cerca di record, lo si è definito infatti “signore degli abissi”, o nel suo porsi deciso da politico a difesa dell’ambiente a partire dal territorio a lui più vicino e caro, cioè costa e area marina del Plemmirio a Siracusa. C’è un momento sorgivo da cui muove ogni avventura umana nel mondo, che agisce come spinta ad andare oltre e portare avanti la linea della storia. Ed è la libertà. Senza di essa non ci sarebbero record sportivi d’immersione in apnea e cambiamenti in meglio del mondo.