La notizia è recente ed è nota. Lo scorso 31 gennaio Palermo è stata proclamata Capitale Italiana della Cultura per l’anno 2018. Ne ha dato comunicazione ufficiale il ministro Dario Franceschini nella sala Spadolini del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo a Roma. Ci sono elementi di sicuro interesse che convergono verso questo riconoscimento e lo colmano di significati. Occorre tenerne presenti i mille motivi che lo rendono il momento di un passaggio decisivo nella lunga storia di questa città. Ed è quanto si trova sinteticamente descritto nella motivazione che ne è stata fornita con chiarezza e precisione.
La scelta della Commissione è stata compiuta tenendo conto di un ventaglio ampio di ragioni che aprono la cultura alla concreta dimensione della vita quotidiana. Questo è di certo un ulteriore punto decisivo di giudizio e lavoro, perché affranca la cultura da un’esclusiva percezione astratta o estetizzante senza altre vitali caratterizzazioni. Nella candidatura del capoluogo siciliano si è individuata la stringente coerenza di un progetto che unisce un «elevato valore culturale» intrecciandolo a filo doppio a un «grande respiro umanitario». Ed è da tale premessa che si originano molteplici occasioni di bene comune e di sviluppo per l’intero territorio in quanto a opportunità di «inclusione alla formazione permanente» e «creazione di capacità e di cittadinanza». Tutelare e valorizzare il patrimonio significa allora anche questo, con tutte le conseguenze positive in termini economici e di rapporto virtuoso che si pone in essere tra soggetti pubblici e privati.
Palermo conserva un patrimonio di arte e bellezza la cui entità appare perfino superfluo ribadire. La sua storia descrive in vari modi e con diversi accenti il passaggio di molti popoli all’ombra del Monte Pellegrino, cioè «il più bel promontorio del mondo» come da giudizio incontestabile rimasto per sempre a celebrarne l’incanto del paesaggio con le parole immortali di Goethe. Le mille bellezze del territorio, insieme alle mirabili architetture che vi sono state via via edificate nel corso dei secoli, sono un dono dato a tutti e permangono come richiamo a vivere la propria parte di responsabilità: la città diventa migliore con il contributo di ognuno, non ci sono altre soluzioni preferibili a questa. E del resto, come ha precisato il sindaco Leoluca Orlando a margine della proclamazione, la «cultura dell’accoglienza» è la cifra adeguata per definire il senso della candidatura di Palermo e interpretarne al meglio il percorso di fronte alle sfide di questo nostro tempo.
Cultura è accoglienza ed è genesi continua di nuova umanità in forme molteplici, dunque. Uno spunto di conoscenza in cerca di verità non può non essere aperto all’altro e, così, perlustrare ogni via possibile per costruire nel qui e ora del proprio tempo punti di incontro a partire dal desiderio innato di ciascuno ad essere felici. Eventi e momenti di questo percorso palermitano come capitale culturale d’Italia saranno volta per volta opportunità per stimare e rinnovare l’eccellenza del patrimonio di questa città, per fare di essa una comunità in grado di accogliere e vivere una tensione condivisa verso il bene e la bellezza. Essere una capitale della cultura ha a che fare con questo più profondo significato e ciò vuol dire, allora, che fin da adesso occorre testimoniarne e verificarne il valore in prima persona nell’esperienza di tutti i giorni.