Due Papi, una decisione e il respiro lungo della storia


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mb(18 febbraio 2013) – La notizia che dallo scorso lunedì 11 febbraio si è inoltrata in ogni angolo del pianeta ha un rilievo epocale e convoca ognuno a comprenderne significati umani e prospettive storiche. Benedetto XVI ha scelto di rinunciare al ministero petrino, al quale era stato chiamato il 19 aprile 2005. Si tratta di un evento che ha pochi precedenti storici; nel corso della settimana i secoli sono stati sondati per cercare nel passato analogie e similitudini con quanto stiamo vivendo oggi. In questo senso l’episodio più richiamato giunge da alcuni tra i giorni politicamente ed ecclesiasticamente più difficili del Medievo ed ha a che fare con il pontificato di Celestino V, cioè con il papa del “gran rifiuto”, come si è soliti giudicarlo per il tramite delle parole di Dante Alighieri. Naturalmente, ogni vicenda ha cause e dinamiche che vanno situate nell’ambito del proprio contesto storico; la comprensione dei fatti passa attraverso il vaglio approfondito di documenti e momenti che ne sono il sottofondo e l’origine, pena l’incorrere nel genere delle interpretazioni storiche viziate dall’anacronismo di cui parla Giambattista Vico. Senza adeguata profondità storica non si possono cogliere con chiarezza i particolari problemi e insegnamenti del breve pontificato di Celestino V, il papa che resterà sul Soglio di Pietro soltanto tra agosto e dicembre 1294. Ma, posta questa premessa, appare senz’altro interessante ricordare la vicenda di questo pontefice richiamandone in breve i riferimenti che conducono alla storia siciliana.

La Sicilia, sul finire del XIII secolo, era al centro di controversie e macchinazioni diplomatiche generate dal conflitto tra Angioini e Aragonesi per il controllo dell’isola. Il Papato è tirato dentro le questioni che agitano le due principali parti in causa per consentire agli Angioini una qualche fonte di legittimità alla propria aspirazione al ritorno nell’isola dopo la cacciata avvenuta in seguito ai Vespri siciliani del 1282. Guerre, alleanze e trattati del tempo sono indicativi di un periodo di grave confusione politica e istituzionale. La Sicilia e il Papato ne subiranno senz’altro effetti che peseranno sullo svolgimento del successivo secolo. È appena il caso di ricordare che le diverse fasi della guerra fiaccarono l’economia dell’isola e lasciarono in grande affanno la gente siciliana e che lo spostamento per un settantennio ad Avignone della sede pontificia pose l’urgenza di dirimere secondo criteri migliori il rapporto tra chiesa e stato. Non mancano i volumi con cui approfondire questa stagione della storia medievale, discuterla secondo i diversi punti di vista storiografici, valutarne gli esiti sul piano lungo della linea del tempo.

A distanza di poco più di sette secoli, una distanza storica che senza dubbio rende impraticabili i paragoni ecclesiastici e politici tra due epoche che sono lontane nel tempo, queste due rinunce segnalano però un possibile accostamento nel quadro di una verità semplice. Ne ha parlato Benedetto XVI nell’Angelus di ieri, domenica 17 febbraio, quando ha toccato il tema dell’uso di Dio per fini di potere, denunciandone il rischio sempre ricorrente e mai eluso di vederne una riproposizione anche ai nostri giorni. Certo, questo è un tema per sua natura complesso, ma che merita attenzione per tratteggiare le proporzioni storiche e l’orizzonte ideale delle scelte. Nelle due rinunce, che nel caso di Celestino V ci portano diritto al passato difficile del posizionamento della Sicilia nell’ambito degli equilibri politici di quel frangente storico e che talvolta è riletto cercando spunti estremi d’attualità, troviamo l’approccio verso questioni che chiamano in causa ogni persona perché dicono del valore di decisioni, azioni, opere.

Ecco perché queste due scelte costituiscono un richiamo potente per tutti; esse pongono infatti il tema della libertà come punto di avvio di un’esistenza vissuta nella ricerca del bene vero come forza della coscienza di fronte alle lusinghe del potere. Lungo questo tracciato si trovano le chiavi di lettura per affrontare il complesso e vasto ambito tematico di quanto attiene alla riforma della Chiesa nel fluire della storia in generale e della modernità in particolare. Massimo Naro ne ha trattato in un recente articolo pubblicato sul quotidiano «La Sicilia» (Anche il Papa vive l’avventura di povero cristiano, «La Sicilia», 12 febbraio 2013, p. 1) ponendo tali aspetti nel cerchio virtuoso di un ragionamento limpido la cui quadratura è posta intorno ai significati storici e antropologici che sono presenti nell’avventura umana del cristianesimo. Le decisioni di Celestino V e Benedetto XVI pongono questioni, interrogano le coscienze e ci ricordano che la storia non è ancora conclusa. Ogni giorno la libertà muove la ricerca di un bene vero per tutti.

 

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