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(6 marzo 2013) – Il 24 e 25 febbraio si sono svolte le elezioni politiche per il rinnovo dei due rami del Parlamento dopo la chiusura anticipata della precedente legislatura. I risultati elettorali sono ampiamente noti; ciò che invece non si conosce sono i nomi di premier e partiti che governeranno il Paese. Non mancano ipotesi su cui ragionare, ma le previsioni si situano entro uno spazio che tende a restringersi ed è sotto molti profili incerto. Appare evidente a tutti, del resto, che il nuovo quadro politico composto attraverso i numeri di Camera dei Deputati e Senato della Repubblica non consentirà una facile via d’uscita e la composizione di un governo di coalizione che riceva e conservi la fiducia parlamentare. Ma già adesso si può affermare con certezza che anche il prossimo governo sarà distante dalle scelte depositate nell’urna: la riforma elettorale è un’urgenza improcrastinabile. Infatti, la volontà sovrana del popolo deve trovare una finalizzazione efficace nel funzionamento della democrazia rappresentativa attraverso relazioni tra elettorato attivo e passivo improntate alla coerenza e al rispetto di criteri etici cristallini. Cambi di casacca dopo il voto e ripetuti ribaltoni non accrescono la percezione della politica come dimensione in cui i partiti dialogano e lavorano per cercare le strade che portano al bene comune. E, in ogni caso, tali pratiche non sono pertinenti alle concezioni e logiche di una sana democrazia rappresentativa.
Le questioni poste in campo dalle recenti vicende politiche toccano le radici stesse della convivenza democratica. L’articolo 1 della Costituzione Repubblicana pone tra i principi fondamentali il valore del lavoro e subito dopo precisa che la sovranità appartiene al popolo ed è esercitata secondo forme e limiti indicati nella carta costituzionale. Ecco perché il dato relativo all’astensionismo non va sottostimato e archiviato come elemento fisiologico o portato specifico dell’antipolitica dei nostri giorni. Intorno al tema della sovranità convergono la vita delle persone e il valore del voto: il buon funzionamento dei partiti contribuisce all’affermazione di una democrazia rappresentativa matura e solida. Se ne era accorto Alexis de Tocqueville, che aveva messo in guardia sulla possibile degenerazione dei partiti in luoghi dove si persegue il tornaconto e si discute senza costrutto attraverso opinioni che non diventano azioni. La sua Democrazia in America (1835, 1840) è un’opera in due tomi scritta proprio quando la democrazia contemporanea, cioè il sistema fatto di istituzioni poste nell’ambito della tripartizione dei poteri fondamentali dello stato, muove i primi passi incerti in un’Europa che ne comincia a vedere esempi concreti in America. Qui prende forma contemporanea la democrazia. Ed è bene tenere a mente che essa nasce al mondo dopo la Dichiarazione d’Indipendenza del 1776 e cresce nei decenni successivi sulle basi della Costituzione Federale del 1787; due momenti e due documenti, questi, nei quali compaiono e si distinguono due parole: “people” ed “happiness”.
Vita: questa parola muove il senso da attribuire a ogni discorso fatto nell’orizzonte della politica e del voto. E ciò vale a ogni livello delle istituzioni repubblicane, perché la volontà delle persone è insieme fonte di legittimità del potere e mediazione essenziale nella scelta dei governi. Da tempo si discute di costi e riforme della politica e non mancano idee e proposte per ripensare i criteri del voto e rinnovare il sistema dei partiti. In effetti, la questione non appare così complessa se rimane in chiaro il punto di partenza sul quale sviluppare analisi e confronti: le scelte che passano dall’espressione del voto danno voce alla volontà della persona e hanno a che fare con un’idea di felicità pubblica. Questa è la premessa di ogni discorso sulla politica, vale anche con riferimento alla legge elettorale, non subisce distinzioni di tempo e di luogo. Ogni partito, come del resto dice la stessa parola, è parte del tutto e contribuisce al bene comune ricavando e accrescendo con il voto i valori e le volontà che trovano delega e conferma nella fiducia data dalla persona. Ed è qui, nella persona che crea imprese e opere attraverso dinamiche di relazione, il punto di ripartenza della storia.