«La favorita»: Leda Melluso racconta la Palermo del XVI secolo


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Leda Melluso, La favorita, Edizioni Piemme, Milano 2014


 

Il legame tra storia e letteratura continua ad essere fecondo. Molti accadimenti storici fanno da sfondo a creazioni letterarie, e spesso le ispirano. In alcuni capolavori il romanzo riesce a cogliere lo spirito di un’epoca, e in questo senso risulta assai più istruttivo di un manuale accademico. La letteratura italiana, peraltro, è ricca di romanzi “storici”, con questa locuzione intendendosi quelle narrazioni in cui la realtà storica non costituisce un dato meramente decorativo o una cornice temporale dentro cui si snodano i fatti frutti di immaginazione, ma un elemento essenziale dell’affabulazione, un contesto su cui l’autore indaga e fa luce nel raccontare trame accattivanti che, seppure dettate dall’estro creativo, si rivelano verosimili. Basta pensare, per limitarci a pochi esempi, a classici dal calibro de I promessi sposi, Il Gattopardo, I Vicerè.

Può senz’altro definirsi un romanzo storico La favorita di Leda Melluso edito da Piemme. Un romanzo che ha il pregio di farci vivere la Palermo del XVI secolo, con i suoi sfarzi, i suoi vezzi e vizi, i suoi fermenti, le sue contraddizioni.

Il romanzo della Melluso si apre con la narrazione di un’insolita gara inaugurata dal vicerè Marcantonio Colonna per animare le feste: “la corsa delle baldasce”. Un incipit che svela subito uno dei leitmotiv della narrazione: l’intreccio tra il sesso e il potere e la condizione subalterna delle donne. A partecipare a quella corsa si presenta anche una “baldascia” d’eccezione, la bella e infelice Isabella la Castigliana, divenuta cortigiana a seguito di una cocente delusione amorosa con un potente della corte di Marco Antonio Colonna.

Isabella la Castigliana, donna di fascino ed eleganza rari accompagnati da un cuore generoso e sensibile, è il personaggio principale del romanzo. Attorno a lei si muovono le malandrinate di fosche figure espressioni di una mafia primordiale, aristocratici, sette sataniche e l’Inquisizione che, per motivi differenti, se ne contendono il possesso.

E accanto a lei compaiono figure di rilevo storico come Marcantonio Colonna, con le sue trame amorose adulterine con la baronessa Eufrosina Valdaura, il terribile inquisitore Diego Haedo, donna Felice Orsini, di nobiltà papalina ed esemplare spessore morale, moglie infelice del vicerè che, per compensarla dai suoi continui tradimenti, le fece erigere una delle Porte della città che assunse il suo nome.

Nel romanzo le vicende “rosa” e gli intrighi di potere si intrecciano catturando il lettore in modo avvincente anche attraverso episodi, non si sa in che misura del tutto fedeli alla verità storica, in cui fanno la loro apparizione il Cervantes e il poeta monrealese “maledetto” ante litteram Antonio Veneziano, o che rievocano alcuni “gialli” palermitani, come quello dello “Spasimo di Sicilia”, l’opera di Raffaello oggi conservata al Prado di Madrid.

La scrittura scorrevole, ravvivata da ricorrenti sicilianismi, rende agevole e gradevole la lettura, sebbene qualche volta scada in espressioni che richiamano la letteratura rosa di maniera.

 

 

 

 

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