Una strana compagnia di Luigi Giussani, a cura di Julián Carrón ed edito dalla Bur Rizzoli, è il primo volume della collana Cristianesimo alla prova che ripropone i testi delle lezioni e delle assemblee tenute da don Luigi Giussani in occasione degli Esercizi spirituali della Fraternità di Comunione e Liberazione.
Ad apertura dei primi Esercizi del 1982, anno in cui la Chiesa ha riconosciuto la Fraternità, don Giussani si rivolse a quei ragazzi, ormai diventati grandi, che lo seguivano dai tempi della scuola esprimendo le sue preoccupazioni: “siete diventati grandi: mentre vi siete assicurati una capacità umana nella vostra professione, c’è come una lontananza da Cristo … il nostro cuore è come isolato, o meglio, Cristo resta come isolato dal cuore”. Ancora una volta Giussani, come solo un padre attento può fare, aveva saputo guardare nel cuore dei suoi figli più di quanto loro stessi erano in grado di fare. Ha saputo cogliere il pericolo che si corre fondando la fede sui valori cristiani e non su Cristo stesso, si rimane cristiani senza riconoscerne la presenza nelle circostanze particolari della vita. Anche oggi questo è il rischio, attuale più che mai, possiamo far fuori Cristo dalla nostra vita perché non ne cerchiamo la compagnia e si finisce con il vivere una fede senza ragioni adeguate.
In fondo se della vita cristiana siamo portati a salvare i valori e non il suo fondamento è per un attaccamento a noi stessi, andiamo dietro a idee che riteniamo giuste, perché sempre nella vita si va dietro a qualcosa, ma non seguiamo più la sua “dolce Presenza”, quella che al principio ci avrà sorpreso ma che nel tempo non riconosciamo più. La conseguenza più evidente di questo passaggio da Cristo ai valori, che Giussani definisce come “traduzione culturale” dell'incontro cristiano, è la mancanza di letizia nella vita, le circostanze le sentiamo pesanti, ci schiacciano.
Cosa può salvarci? E cosa può tirare fuori dal pericolo di una deriva attivistica dell'impegno cristiano che prima o poi stanca e ci lascia delusi? Giussani indica l'unica posizione possibile nel riconoscere Cristo come ragione dell'esistenza. Ma cosa può renderci familiare Cristo? Come può avvenire la conversione intesa “come cambiamento nella coscienza di sé, vale a dire il passaggio dalla percezione di sé come se fossimo padroni di noi stessi, legge a noi stessi, alla coscienza di appartenere totalmente a un Altro”? Come vivere la memoria di Cristo?, come fare a staccare lo sguardo da noi e tendere a Lui?
La premessa non può che essere la serietà con cui guardiamo alla nostra vita, perché se non si riconosce che la vita è una cosa seria non è possibile fare scelte, prendere decisioni per l'esistenza. Ma c’è un luogo in cui essere seri può essere possibile e non pesante, è la compagnia cristiana, è la Chiesa che si è fatta incontro in qualche modo nella nostra storia personale.
L’amicizia di cui parla Giussani è “una strana compagnia”, non si sta insieme per un interesse o per un affetto particolare ma per una decisione di seguire dei volti incontrati perché se ne riconosce la convenienza per la propria vita. L’amicizia vera è un aiuto a vivere la memoria di Cristo, a tenere alto lo sguardo, è una compagnia al destino e il destino è Cristo e allora lo scopo dello stare insieme è il richiamarsi per non distrarsi e rimanere saldi nella fede. Dal riconoscere uno scopo comune e grande nello stare insieme ne deriva il miracolo dell’unità, il superamento dell’estraneità, il perdono della diversità.
Nello stesso tempo Giussani mette in guardia dal pericolo di scaricare sulla compagnia responsabilità che sono della persona, il percorso che dobbiamo compiere è unicamente nostro, l’amicizia non deve essere considerata esclusivamente nel suo aspetto consolatorio, alla lunga non durerebbe, la piegheremmo ai “progetti della nostra sentimentalità”.
Nella compagnia, così intesa, impariamo l’amore a noi stessi e la vita come dono di sé. Questa amicizia ci fa vivere la tenerezza che come dice Giovanni Paolo Il “è l’arte di sentire l’uomo tutto intero, tutta la sua persona, tutti i moti della sua anima, anche i più nascosti, pensando sempre al suo vero bene”. E quello che si può donare all'altro è ciò che si riconosce di avere di più caro, Cristo incontrato, perché “non si può vedere una cosa bella senza gridarla agli altri”, è l'inizio di una possibilità di cambiamento nelle circostanze della vita, di una posizione nuova, di un uomo nuovo che cambia il mondo non per un attivismo ma per il riconoscimento di una Presenza che è divenuta familiare.