(19 marzo 2012) - Mazara del Vallo è una città di medie dimensioni (circa 50 mila abitanti) posta all’estremità occidentale della Sicilia. Essa sorge al fianco del Mazaro, fiume da cui prende il nome. Avvicinarsi al territorio mazarese comporta l’attraversare diversi millenni di storia umana. Le tracce dei primi insediamenti attorno al fiume Mazaro risalgono al Paleolitico superiore (14.000-12.000 anni a. C.): si tratta di utensili in selce probabilmente adoperati durante la caccia. Anche nell’età del rame (3000-2000 a. C.) si aggirarono gruppi di agricoltori e pastori attorno a queste zone: l’agro mazarese conserva a Roccazzo le tracce delle capanne rettangolari costruite in legno e piantate nella roccia. Ma i più importanti reperti di era preistorica in questa zona sono le tombe “a grotticella”, risalenti all’età del bronzo antico (XVIII sec. a.C.), che si trovano sul pianoro opposto e speculare a Roccazzo.
Insieme al fiume Mazaro, l’altro fronte attorno a cui nei secoli è cresciuta la città di Mazara del Vallo è certamente il mare. Dal mare sono arrivati i formidabili naviganti fenici, e dal termine fenicio mazar (che significa rocca) proviene la denominazione della città. Dal mare giunse l’altra popolazione che navigava in lungo e in largo il Mediterraneo: i greci. Quando si vennero a stanziare i megaresi a Selinunte (seconda metà del VII a. C.), Mazara venne a costituire una zona di transizione tra i possedimenti dei fenici, che avevano il loro principale insediamento a Lilibeo (l’odierna Marsala), e la sempre più florida colonia selinuntina. In particolare Diodoro Siculo attesta, nella Mazara del V sec. a. C., sia la presenza di un “emporion” fenicio che di un fortino greco. Il commercio marittimo rappresentava un notevole sostentamento per la popolazione mazarese, non è un caso che siano stati trovati alla foce del fiume Mazaro due importanti tesoretti, risalenti ad epoca classica, comprendenti monete d’argento di molte città della Magna Grecia. E come non menzionare quale dono del mare anche il Satiro danzante, oggi custodito nella chiesa di Sant’Egidio al centro di Mazara? Un dono particolarmente interessante, perché è una delle pochissime statue greche in bronzo arrivate sino a noi; la maggior parte delle statue classiche a noi note, infatti, sono delle copie per lo più in marmo di epoca romana o successiva.
Mazara è anche il gomitolo di vicoli che si dispiega nel quartiere arabo. Gli arabi arrivarono in città nell’827 e vi stanziarono un centro amministrativo di notevole rilevanza, si consideri che prima della conquista di Palermo l’emiro pose la propria residenza in questa città. Addentrarsi nel quartiere arabo è davvero affascinante: ciascun vicolo, dopo aver attraversato una serie di piazzette ed essersi intrecciato con altre stradine, procede con una serie di gomiti verso il vero sbocco che sono le basse palazzine che caratterizzano questa zona. Molte di esse ancora conservano il cortile interno, tipico delle costruzioni islamiche, su cui sono prospicienti differenti edifici. Quest’impianto urbanistico non è dissimile da altre città arabe del Mediterraneo e assolve tre differenti compiti: innanzitutto configura un luogo chiuso, capace di proteggere i propri abitanti; allo stesso tempo crea una graduale separazione tra pubblico e privato; infine consente il formarsi di un luogo piacevolmente fresco, grazie al passaggio delle brezze marine incanalate tra i vicoli e l’ombra pressoché costante per la vicinanza degli edifici.
Dopo più di due secoli di dominio arabo, i normanni arrivarono a Mazara nel 1072: il conte Ruggero sconfisse l’arabo Mokarta e s’impadronì della città. Ruggero fece convertire la Moschea in Cattedrale, il minareto in campanile, costruì un castello e fece edificare una cinta muraria. Di questi edifici oggi rimane ben poco: le antiche mura sono state per lo più abbattute; del castello – rimpiazzato da una villa comunale alla fine del XIX secolo – non rimane che un rudere con due arcate a sesto acuto e la Cattedrale – ampiamente ristrutturata nel corso dei secoli – conserva soltanto un’abside dell’originaria struttura normanna. Per una strana coincidenza della storia però si salva una piccola chiesetta: San Nicolò lo Regale, che per l’esiguità degli spazi viene chiamata dai mazaresi “Santa Niculicchia”. In origine fu un’abbazia basiliana, edificata tra il 1100 e il 1150; essa possiede una pianta quadrata con tre absidi e una cupola, impostata su un tamburo di forma cubica. Si tratta di un edificio contemporaneo e molto simile alle chiese di San Cataldo e San Giovanni degli Eremiti di Palermo. Peraltro risulta di notevole interesse anche il basamento sottostante la chiesa, nel quale sono state rinvenute tracce di mosaici romani appartenenti ad un edificio signorile databile tra III e V secolo.
Attraversando le strade del centro storico mazarese non si può fare a meno di notare come i monumenti che spiccano maggiormente siano riconducibili a quel lungo periodo che viene denominato “Barocco siciliano”. In Sicilia quando si dice barocco, si intende abbracciare un lasso di tempo che comprende il Seicento e l’intero Settecento. Così anche a Mazara il dominio spagnolo, la concomitante Controriforma e una serie di vicende locali favoriscono il fiorire di novità urbanistiche. La Cattedrale normanna, per esempio, a fine Seicento – ormai pericolante – viene ristrutturata su commissione del Vescovo Grifeo, ad opera dell’architetto trapanese Pietro Lo Castro. La struttura interna della chiesa viene rifatta ex novo, s’apre il sipario ad una scenografia barocca riempita da candidi stucchi e da affreschi. Ma la Basilica Cattedrale del Santissimo Salvatore, questo il nome della cattedrale mazarese, conserva ancora molti tratti della sua storia: oltre all’abside succitato, andrebbero ricordati almeno lo splendido gruppo marmoreo della Trasfigurazione di Antonello e Antonino Gagini (1535), posto alle spalle dell’altare; la croce lignea dipinta, opera di un anonimo siciliano del XIII secolo, collocata nell’ala occidentale del transetto e nell’ala opposta l’affresco di un Cristo Pantocrator, anch’esso duecentesco. Fa storia a sé la facciata principale della Cattedrale: l’ultimo rifacimento è risalente all’inizio del Novecento; il campanile, invece, è stato edificato in due momenti differenti, come riportato nelle lapidi affisse sul lato occidentale; al di sopra del portale campeggia un fregio cinquecentesco raffigurante la vittoria del conte Ruggero sul musulmano Mokarta e ai suoi due lati i simulacri della Vergine Maria e del SS. Salvatore, a cui è dedicata la Basilica.