(1° ottobre 2015) – La leggenda narra che il dio Urano, in un impeto d’ira, scagliò sullo stretto di Messina la falce usata contro di lui dal figlio Saturno. Questa, incastratosi con la terraferma, dette vita ad un lembo di terra arcuata. In seguito il gigante Orione, su ordine del re Zanclo, adattò a porto il lembo di terra dandogli l’attuale morfologia. Nacque così la penisola falcata di Messina o di S. Raineri, nome dell'eremita che, come narra la leggenda, segnalava di notte alle navi la presenza della terraferma con dei fuochi.
In realtà la formazione della cosiddetta “zona falcata”, porto naturale di Messina, avvenne nel corso di decine di migliaia di anni in seguito a vicende tettoniche e geomorfologiche. Una delle teorie più accreditate ipotizza che il sottosuolo della penisola è formato da rocce di origine metamorfica sormontate da rocce sedimentarie compatte appartenenti alla “Formazione Messina” (risalenti a circa 800 mila anni fa).
Questo “zoccolo” roccioso apparterrebbe, secondo recenti dati, ad un blocco abbassato per faglia durante l’Olocene e parzialmente emergente dal fondale marino. Tale sistema ha costituito una barriera naturale per i detriti alluvionali trasportati nel corso dei millenni dalle fiumare del soprastante sistema montuoso peloritano. Le dinamiche costiere e torrentizie in un’area ove da sempre prevalgono forti correnti marine, hanno in seguito variamente modellato tali sedimenti, dando vita così alla attuale pianura messinese e all’area falcata.
Sulla penisola sorgono importanti monumenti storici: i ruderi della Real Cittadella, la Torre della Lanterna del Montorsoli, il Forte del Santissimo Salvatore. Sul torrione del Forte è ubicata la statua in bronzo dorato della Madonnina simbolo della città di Messina. Tra la fine del ‘700 e gli inizi dell’800 una disputa accademica, che superò perfino i confini alpini, coinvolse molti naturalisti dell’epoca; l’argomento si accentrava sulla natura e la genesi di una formazione rocciosa ampiamente presente in larghi tratti del litorale della zona falcata.
Il naturalista Lazzaro Spallanzani descrive, alla fine del 1700, che, inglobati nella Pietra di San Raineri (questo l’appellativo dato dall’autore a detta formazione), non era raro trovare resti di scheletri umani e oggetti metallici. La disputa infatti verteva, tra l’altro, sull’età di formazione del conglomerato. Il fatto di ritrovare resti antropici inglobati all’interno della roccia era una prova per alcuni che la stessa si era formata in tempi recenti.
Ad oggi sappiamo che si tratta di una paleospiaggia o spiaggia fossile, composta da conglomerati di varia natura geologica molto ben cementati fra loro formatosi in periodo geologico caratterizzato da un clima temperato e caldo (circa centoventimila anni fa). Per la sua compattezza e la particolare stratigrafia, detta roccia veniva utilizzata nel passato come cava per l’estrazione di macine per mulini. Le impronte circolari furono visibili nel litorale nei pressi della Lanterna del Montorsoli fino alla metà del secolo scorso prima di essere sepolte dai sedimenti marini e dai detriti deposti dall’uomo.
Un’altra particolarità, oramai non più visibile in loco, che caratterizzava la zona mediana della penisola di San Raineri, era la presenza delle saline; esse erano impiantante in alcune depressioni naturali tali da sfruttare al meglio l’immissione dell’acqua marina. La loro presenza è ben documentata tra l’altro in numerose incisioni e disegni compresi tra il 1600 e la fine del 1800.
La loro esistenza e il conseguente valore economico si evince da alcuni documenti del XII e XIII secolo raccolti nel “Tabulario di Santa Maria di Messina”. Gestite fino alla metà del 1500 dai diversi ordini monastici presenti nel territorio , ricavandone annualmente con il loro sfruttamento delle entrate certe, le saline passarono in seguito a privati cittadini che le amministrarono e quindi utilizzarono fino al XIX secolo.
Luoghi & Storie - Aspetti naturalistici dell'area falcata di Messina
- di Massimo De Maria