(23 novembre 2015) – La Messa di commiato del Cardinale Paolo Romeo celebrata ieri sera in Cattedrale a Palermo sarà ricordata innanzitutto per il modo in cui i fedeli sono stati fatti entrare in chiesa. Tutti da un’unica porta d’ingresso e dopo adeguati controlli con metal detector da parte delle forze dell’ordine. Le misure di sicurezza e la paura dell’Isis si sono manifestate anche a Palermo.
All’interno una folla festante e in qualche tratto commossa occupava ogni banco e sedia disponibile. Mons. Romeo giunto a Palermo quasi nove anni fa concludeva il suo mandato episcopale tra i suoi fedeli che numerosi anno voluto stringersi in un abbraccio affettuoso ed in una preghiera corale per la sua persona e per la Chiesa.
È toccato a mons. Carmelo Cuttitta, suo Vescovo ausiliare da molti anni rivolgergli un saluto e un ringraziamento ripercorrendo velocemente alcuni degli avvenimenti e delle scelte che più hanno segnato il suo ministero episcopale: la cura per il seminario, l’attenzione ai più poveri, l’impegno per gli immigrati giunti al porto in questi ultimi anni, l’amore per i bambini, gli sposi e gli anziani, l’attività per la edificazione di nuove chiese.
E mentre mons. Cuttitta parlava, tornavano alla mente dei presenti i tanti altri momenti di gioia o di sofferenza trascorsi in compagnia della sua paterna amicizia. O le tante occasioni in cui lo si è incontrato con i carcerati, i malati negli ospedali, gli anziani nelle case di cura, i bambini nelle scuole.
Nell’omelia, dopo aver ringraziato tutti, dalle autorità alle tante persone con cui ha lavorato o che ha incontrato in questi otto anni, ha fatto riferimento ai settanta anziani donati da Dio a Mosé per condividere con lui la guida di Israele e ha detto: “Riconosco che per tutti questi anni è stata data anche al mio ministero la preziosa collaborazione di tanti, che, interpellati dalla grazia, si sono impegnati a creare insieme e sempre più le condizioni per l’attuarsi del Regno di Dio in mezzo agli uomini, nella comunione ecclesiale, vera ricchezza e risorsa per la nostra credibilità”.
Subito dopo un accenno più personale e al tempo stesso ecclesiale: “Questa sera percepisco ancora una volta tutta la bellezza della nostra Chiesa, e per questo ringrazio il Signore: questa nostra celebrazione ci trova tutti uniti – pastore e gregge – per ringraziarlo del cammino che insieme ci ha fatto percorrere, e per implorare da lui l’abbondanza della sua misericordia su quanto ancora questo amatissimo popolo potrà e dovrà compiere insieme al suo nuovo Servo e Pastore, Mons. Corrado Lorefice cui va il nostro pensiero orante”. Poi un riferimento all’opera dello Spirito Santo “… che ci anima tutti in un cammino comune per l’edificazione del Regno di Dio in mezzo agli uomini. Il Signore non smette di desiderare che, per la missione che è propria a ciascuno, tutti ci sentiamo parte di un meraviglioso disegno di salvezza che conta sulla nostre povere forze”.
E poi un altro riferimento personale: “Ho potuto sperimentare tante volte che i miei personali limiti umani – che affido all’amore misericordioso del Signore – non hanno impedito il manifestarsi dell’azione di un Dio forte, di un Dio che converte il cuore dell’uomo, che lo accoglie nella sua Chiesa, che continuamente nutre il suo popolo, se ne prende cura, lo salva. A questo “Dio forte” ho consacrato la vita, nel servizio alla sua Chiesa, e con animo contrito chiedo al Signore di ogni bene di perdonare le mie debolezze, le mie infedeltà, le mie stanchezze e le mancanze di generosità nel donarmi interamente alla causa del Vangelo”.
La voce ferma, sicura ma in cui l’emozione era evidente generava man mano attenzione e silenzio. Il popolo che ha amato in questi anni attendeva il suo ultimo appello. “Tra tanti pensieri ed emozioni che abitano nel cuore in questo momento, vorrei esprimere solo questo: vorrei aver lasciato il desiderio e l’esigenza di sentirci, tutti e di più, Chiesa. Vorrei aver lasciato il desiderio di convertirci alla Chiesa, cercando di mettere da parte visioni parziali e personali, o di filtrare ogni suo aspetto attraverso le nostre aspirazioni individuali e i nostri schemi mentali. Convertirci cioè ad un maggiore senso ecclesiale, ad una unione più concreta, che si evidenzi nella partecipazione attiva e propositiva alla vita diocesana, con le sue alte espressioni profetiche come pure con le sue ferite e le sue problematiche lentezze. Un senso ecclesiale che si manifesti nel ricercare una pastorale che sia la più possibile unitaria, seppur nell’articolazione dei ministeri diversi a noi affidati, entro una pastorale sinfonica, una vera e propria pastorale d’integrazione. Perché è da questo desiderio nel cuore di ognuno che dovrà partire il vostro nuovo Pastore, Mons. Corrado. Non esistono ricette preconfezionate o magie pastorali che, come per incantesimo, risolvano problemi antichi e nuovi. Niente può cambiare se manca questo desiderio comune di essere Chiesa e di esserlo sempre meglio”.
L’ultimo e più importante riferimento, e non poteva che essere così, è stato per don Pino Puglisi di cui ha citato un aneddoto finora poco noto. “Tempo fa – ha detto - mi è stato raccontato che una sua penitente, ritenendo di confessare sempre gli stessi peccati, esclamava: “Padre Pino, come devo fare? Mi accuso sempre degli stessi peccati! Devo ricominciare di nuovo tutto da capo!”. E Padre Pino, con serenità rispondeva: “Non devi ricominciare tutto… Devi ricominciare… da qui!”. Come dire che dal perdono di Dio si riparte consapevoli della strada fatta, anche se piena di errori, ma con la speranza nella novità di ciò che il Signore fa già intravedere all’orizzonte. Accanto a questo aneddoto, che è balsamo per le mie fragilità sperimentate in questi anni di servizio, mi piace rileggere un passaggio di una sua catechesi ai giovani, in un campo scuola degli anni ‘80: “Sappiamo che dobbiamo impegnarci, però sappiamo anche che siamo fragili, e abbiamo fatto, tante altre volte, propositi, forse anche alti e grandiosi che poi non sono stati rispettati, ma il Signore sa che noi siamo qui e chi siamo, e guarda ai nostri propositi con tenerezza; sa dove possiamo arrivare e Lui ci sta accanto, con il suo amore, con il suo sguardo, con il suo sorriso paterno, direi anzi materno, e ci segue. Non dubitiamo mai della sua tenerezza e del suo Amore, anche se dovessimo sbagliare, anche se qualche volte non siamo capaci di mettere in pratica quei propositi che abbiamo fatto. Alziamo lo sguardo; il Signore è lì che ci aspetta sorridente; si ferma e ci aspetta, ci prende per mano e ci sollecita, ci dà la sua luce e la sua forza”.
La conclusione è stato un accorato appello alla “Chiesa di Palermo perché possa e voglia sempre rispondere generosamente alla chiamata di Dio, come fece la Vergine Maria, come hanno fatto tanti uomini e donne, anche sconosciuti, che nella storia hanno edificato e piantato la novità di Dio. È questa la mia preghiera per tutti voi! Una preghiera che desidero consegnare alla Vergine Santa, che in questa Cattedrale contempliamo come Assunta in Cielo. La Vergine Maria possa custodire il nostro cammino ecclesiale, mostrandoci in ogni istante il figlio Gesù, Via, Verità e Vita, e intercedendo per la nostra Arcidiocesi, così ricca di fede, così bisognosa di speranza, così generosa e feconda di un amore che, in mille forme diverse, continua a tracciare la storia della salvezza. A tutti chiedo: pregate per me”!
A questo punto un lungo e affettuoso applauso ha espresso meglio delle parole il rapporto filiale che ha legato tanti palermitani al suo pastore. C’è stato ancora tempo per un ultimo dono: la proiezione di molte foto che hanno ripercorso i momenti più significati di questi otto anni, mentre un velo di tristezza emergeva qua e là. Il sindaco Leoluca Orlando che ha assistito alla celebrazione insieme con la moglie ha ringraziato Romeo e ha annunciato che il 17 dicembre a Palazzo delle Aquile gli verrà conferita la cittadinanza onoraria.