Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2016. L’invito di papa Francesco a partire dal Vangelo della Misericordia

 

gmmr-gen2016 2

 

(16 gennaio 2016) – Sarà celebrata a livello ecclesiale domenica prossima 17 gennaio 2016 la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato.

Essa ha origine nella lettera circolare “Il dolore e le preoccupazioni”, che la Sacra Congregazione Concistoriale inviò il 6 dicembre 1914 agli Ordinari Diocesani Italiani. In essa si chiedeva, per la prima volta, di istituire una giornata annuale di sensibilizzazione sul fenomeno della migrazione e anche per promuovere una colletta in favore delle opere pastorali per gli emigrati Italiani e per la preparazione dei missionari d’emigrazione. Nacque così il 21 febbraio 1915 la prima celebrazione di tale Giornata.

Il tema scelto dal Papa per il suo tradizionale messaggio è: “Migranti e rifugiati ci interpellano: la risposta del Vangelo della Misericordia”.

Cade in un momento certo difficile per la comunità internazionale che stenta a trovare una soluzione credibile ad un problema dalle radici storiche molto lontane e che la globalizzazione ha trasformato in evento planetario.

L’Europa, forse per la prima volta in tempi recenti, ha dovuto prendere coscienza che il suo livello di benessere deve fare i conti con quello dei milioni di uomini che vivono a ridosso delle sue frontiere e che non comprendono perché questo benessere debba essere appannaggio di pochi e non essere distribuito in favore di tutti. Se a questo aspetto più storicamente tradizionale si aggiungere quello derivante dalle nazioni ove si sono scatenate ormai da anni guerre che producono morti e che sembrano non avere sbocchi, il quadro può essere definito completo ed anche inquietante.

A questo quadro vanno poi aggiunti almeno due altri elementi.

Il primo è la definizione del fenomeno in termini quantitativi. In occasione della presentazione del Messaggio in Vaticano ne sono stati comunicati alcuni che dovrebbero essere presi in maggior considerazione, soprattutto se rapportati alle dimensioni mondiali del fenomeno.

Nel 2013, al livello globale, vi erano circa 232 milioni di migranti internazionali, un numero che è aumentato di oltre 77 milioni, pari al 50%, tra il 1990 e il 2013. Tra questi, circa il 59% (136 milioni) abita nelle regioni sviluppate del globo, mentre le regioni in via di sviluppo ospitano circa il restante 41% (96 milioni di migranti). Dei circa 136 milioni di migranti internazionali che abitano nel Nord del mondo, circa 82 milioni (pari al 60%) sono nati in un Paese in via di sviluppo, mentre i restanti 54 milioni (ossia il 40%) sono nati in un altro Paese del Nord. Dei circa 96 milioni di migranti internazionali che abitano nel Sud del mondo, circa 82 milioni (86%) sono nati nel Sud del mondo, mentre i restanti 14 milioni (14%) provengono dal Nord del mondo. Tra questi dati ve n’è una sul quale noi europei dovremmo porre maggiore attenzione.

Dal 2010 al 2013, l’aumento del numero di migranti internazionali è sceso a circa 3,6 milioni all’anno. Durante questo periodo, l’Europa ha ricevuto il numero più grande (1,1 milioni all’anno), seguita da Asia (1,0 milioni) e America del Nord (0,6 milioni).

L’altro elemento da aggiungere, che i recenti fatti della notte di Capodanno a Colonia e in altre città europee hanno drammaticamente posto all’attenzione di tutti, potrebbe essere racchiuso in questa domanda: è sufficiente accogliere, cioè non rimandare alle frontiere, quanti giungono tra noi? E tutto ciò che noi facciamo per loro, certamente in buona fede e con grande generosità, è sufficiente perché possano integrarsi tra noi?

Il Messaggio del Papa entra nel merito di queste ed altre questioni indicando alla società umana e ai cristiani alcune piste da percorrere per giungere a forme di integrazione culturale e convivenza tra le genti in grado di superare egoismi e cinismi. “In questa prospettiva, - afferma - è importante guardare ai migranti non soltanto in base alla loro condizione di regolarità o di irregolarità, ma soprattutto come persone che, tutelate nella loro dignità, possono contribuire al benessere e al progresso di tutti, in particolar modo quando assumono responsabilmente dei doveri nei confronti di chi li accoglie, rispettando con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del Paese che li ospita, obbedendo alle sue leggi e contribuendo ai suoi oneri”. Tutto ciò è quello che i popoli europei hanno fatto e continuano a fare nei confronti di questi uomini e donne. Ma il Papa va oltre e dice: “Comunque non si possono ridurre le migrazioni alla dimensione politica e normativa, ai risvolti economici e alla mera compresenza di culture differenti sul medesimo territorio. Questi aspetti sono complementari alla difesa e alla promozione della persona umana, alla cultura dell’incontro dei popoli e dell’unità, dove il Vangelo della misericordia ispira e incoraggia itinerari che rinnovano e trasformano l’intera umanità”.

Forse questo può essere considerato il cuore del Messaggio di quest’anno, in cui il tema della Misericordia è affrontato con concretezza e chiarezza. Papa Francesco aggiunge infatti: “Di fronte a tali questioni, come può agire la Chiesa se non ispirandosi all’esempio e alle parole di Gesù Cristo? La risposta del Vangelo è la misericordia. In primo luogo, essa è dono di Dio Padre rivelato nel Figlio: la misericordia ricevuta da Dio, infatti, suscita sentimenti di gioiosa gratitudine per la speranza che ci ha aperto il mistero della redenzione nel sangue di Cristo. Essa, poi, alimenta e irrobustisce la solidarietà verso il prossimo come esigenza di risposta all’amore gratuito di Dio, «che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo» (Rm5,5). Del resto, ognuno di noi è responsabile del suo vicino: siamo custodi dei nostri fratelli e sorelle, ovunque essi vivano. La cura di buoni contatti personali e la capacità di superare pregiudizi e paure sono ingredienti essenziali per coltivare la cultura dell’incontro, dove si è disposti non solo a dare, ma anche a ricevere dagli altri. L’ospitalità, infatti, vive del dare e del ricevere”.

Questi accorati richiami del Papa assumono nella nostra terra significati e problematiche particolari, visto che la Sicilia è ormai da tanti anni luogo del primo approdo di tanti che fuggono da guerre e fame, alcuni dei quali hanno rischiano anche la vita pur di avere la prospettiva di un domani migliore per sé e i propri figli.

Il quadro della situazione siciliana, com’è riportato nel recente Dossier Statistico immigrazione 2015, non è meno drammatico di quello mondiale. La Sicilia, infatti, non è solo luogo di passaggio, ma anche luogo di permanenza. Infatti è all’ottavo posto (su venti regioni) per numero di stranieri residenti. Altro dato significativo è la provenienza: infatti, costoro vengono da tutti i continenti, con una prevalenza degli europei (comunitari e non) che rappresentano il 44,00& cui seguono africani (30,4%) e vivi via tutti gli altri. Rispetto alla nazionalità, invece, i più numerosi sono i rumeni, cui seguono, tunisini, marocchini, quanti provengono dallo Sri Lanka, dall’Albania, e poi bangladesi, cinesi, filippini, ecc.

Tra tutte queste persone vi sono quelle, la minoranza, che ha trovato occupazione precaria in alcuni settori (primo tra tutti l’assistenza ad anziani e bambini) e quelle, la maggioranza, che hanno sofferto come noi e più di noi la crisi economica. Un universo variegato che ha comunque favorito integrazione e assimilazione culturale e che non ha mai provocato fenomeni di rigetto o di rifiuto violento.

Merito di tutto ciò va attribuito alle associazioni di volontariato, laiche e cattoliche, alla Caritas, alle parrocchie e a tanti generosi siciliani che non hanno mai fatto mancare il loro generoso contributo.

Nel suo Messaggio papa Francesco fa riferimento ed elogia questa realtà. Scrive, infatti: “Molte istituzioni, associazioni, movimenti, gruppi impegnati, organismi diocesani, nazionali e internazionali sperimentano lo stupore e la gioia della festa dell’incontro, dello scambio e della solidarietà. Essi hanno riconosciuto la voce di Gesù Cristo: «Ecco, sto alla porta e busso» (Ap3,20)”. Pur tuttavia non tace le difficoltà che emergono ed infatti aggiunge: “Eppure non cessano di moltiplicarsi anche i dibattiti sulle condizioni e sui limiti da porre all’accoglienza, non solo nelle politiche degli Stati, ma anche in alcune comunità parrocchiali che vedono minacciata la tranquillità tradizionale.”

Il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, in linea con il desiderio del Santo Padre, che vuole che ogni Chiesa particolare sia “direttamente coinvolta a vivere questo Anno Santo”, ha offerto alcune indicazioni: che la giornata giubilare sia celebrata particolarmente a livello diocesano e nazionale, nell’ambito più vicino ai migranti e rifugiati, con la loro partecipazione, e coinvolgendo anche le comunità cristiane; che le diocesi e le comunità cristiane, che ancora non lo fanno, programmino delle iniziative, approfittando dell’occasione che offre questo Anno della Misericordia; che l’attenzione verso i migranti e la loro situazione non si riduca ad un’unica giornata, ma sia una preoccupazione da vivere sempre.

 

 

 

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per offrire servizi in linea con le tue preferenze. Se non accetti le funzionalità del sito risulteranno limitate. Se vuoi saperne di più sui cookie leggi la nostra Cookie Policy.