Nell’aula magna del Liceo artistico V. Ragusa e O. Kiyohara martedì 5 aprile si è svolto un interessante incontro “Migrazioni e società” nell’ambito del progetto “Arcobaleno di Popoli” a cui la scuola aderisce per il secondo anno. I ragazzi che hanno partecipato sono stati numerosi tanto che l'aula non li poteva contenere tutti e si son dovuti fare due turni.
Gli studenti hanno potuto approfondire le tematiche riguardanti gli sbarchi, l’accoglienza dei migranti e l’intercultura attraverso le parole del dott. Mario Affronti responsabile del Servizio di Medicina delle Migrazioni al Policlinico di Palermo, primo centro in Sicilia nato per i bisogni sanitari degli immigrati, presidente della SIMM (Società Italiana di Medicina delle Migrazioni)e presidente della Ass. Arcobaleno di Popoli con la quale la scuola sta collaborando.
Durante l'incontro si è parlato di tanti aspetti del problema legato alle migrazioni che oggi l’Europa sta vivendo e di cui sembra non venire a capo tra chiusure dettate dalla paura e timide aperture che però si dovrebbero concretizzare in politiche adeguate da parte dei governi dei vari stati, invece sembra rimanere tutto allo stato di buone intenzioni che da sole però non servono a risolvere le questioni legate all’accoglienza.
In Europa, ha affermato il dott. Affronti, si vive un multiculturalismo che in sé è una cosa positiva ma pone dei problemi quando al posto del rispetto di tutte le culture c'è invece il tentativo di eliminare la diversità assimilando le culture dei migranti che vengono nella nostra Europa, spesso per noi accogliere significa accettare l'altro a condizione da parte sua che accolga la nostra cultura. Questo, si capisce bene,è una operazione che non tiene conto del rispetto dell'altro nella interezza della sua persona perché implica l’azzeramento dei valori dell'altro, delle sue espressioni culturali e linguistiche; insomma a volte nel momento stesso in cui ci sembra di accogliere l'altro di fatto ne annulliamo la personalità.
Un'altra strada è possibile percorrere ed è quella dello scambio interculturale, del dialogo fra le culture che presuppone mettere al centro non più il nostro io o l’altro ma la relazione fra me e l'altro e questo è possibile solo se si accetta di instaurare un rapporto alla pari. Per comprendere meglio, noi italiani, cosa può significare per un migrante arrivare da noi e non sentirsi accolto basterebbe ricordare la nostra storia, quando noi eravamo nelle stesse condizioni di bisogno e abbiamo attraversato l’oceano per un futuro migliore e, giunti nella lontana America, terra di tutte le sognate opportunità, eravamo considerati nello stesso modo in cui noi oggi guardiamo l’immigrato che arriva nel nostro paese per motivi diversi. Tenere presente tutto questo forse aiuterebbe ad essere autenticamente solidali.
Durante l'incontro il dott. Affronti ha fatto emergere quanto spesso le nostre paure sono legate a una mancanza di conoscenza dei dati del problema o a una informazione parziale e ricavata da notizie mediatiche che spesso non rispondono al vero e contribuiscono a travisare la realtà. Mons. Di Liegro, fondatore della Caritas romana, a tal proposito affermava: “I numeri non sono tutto, ma non conoscerli, leggerli in maniera sbagliata o spacciarli a caso significa fare una vera e propria azione di terrorismo statistico sull’opinione pubblica ingerendo la paura di una invasione che non c'è”.
Già, questa paura che prende gli italiani e gli europei in genere non è forse dettata spesso dalle immagini che la TV ogni giorno ci riporta di sbarchi e di numeri che riguardano il fenomeno immigrazione? Questi numeri spesso nel nostro immaginario ci sembrano grandi tanto da generare ansia per il nostro futuro,invece non sono così grandi e non c'è nessuna invasione in corso; c'è solo una questione che l’Europa deve affrontare con serietà e responsabilità.
Inoltre dobbiamo sempre ricordare che dietro i numeri ci sono gli uomini e se non vogliamo che accada ciò che scriveva Hannah Arendt, non a caso nel suo libro Le origini del totalitarismo, a proposito di coloro che non hanno uno status giuridico, di coloro cioè che non hanno nemmeno “ il diritto di avere diritti” che “ essi potrebbero vivere e morire senza lasciare traccia, senza aver contribuito in nulla alla creazione di un mondo comune”.
Molto per la risoluzione del problema passa attraverso l’educazione dei giovani perché sappiano guardare all’altro non con paura ma con simpatia, sappiano considerare la diversità come una ricchezza e sappiano tendere la mano per una accoglienza autentica. Gli incontri nelle scuole con i ragazzi da parte di chi lavora ogni giorno incontrando i migranti con questa simpatia umana sono necessari ed è per questo che la gratitudine è grande quando si possono realizzare.
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(ph. Salvatore Ilarda)