La sera di mercoledì 7 dicembre 2016, al Dipartimento Dems dell’Università degli Studi di Palermo, si è tenuto il seminario in memoria del Dott. Antonio Alfonso “Libri e associazionismo per il bene comune”. Dopo il saluto introduttivo della Prof.ssa Claudia Giurintano (Coordinatore Corso di Studi in Scienze dell’Amministrazione) e un breve ricordo della Dott.ssa Marianna Buzzotta (Responsabile Polo Bibliotecario Giuridico Economico e Sociale), sono intervenuti il Dott. Mauro Buscemi (Direttore di “Sicily Present”), l’Avv. Ninni Terminelli (Cultore di Storia delle dottrine politiche) e il Dott. Rosario Genchi (Fondatore ASU).
Pubblichiamo qui la trascrizione dell’intervento di Mauro Buscemi. – Sicily Present
Ci sono moltissime ragioni per ringraziare quanti hanno voluto e organizzato questo seminario. E altrettante sono quelle per cui questo grazie commosso si rivolge anche da parte mia ai familiari e amici di Antonio Alfonso per essere qui insieme. La targa che oggi si scopre è un segno tangibile della memoria che della sua vita occorre tenere desta come traccia di un esempio bello e positivo.
Nel titolo di questo seminario in memoria del Dott. Antonio Alfonso, “Libri e associazionismo per il bene comune”, si trovano distintamente posti alla nostra attenzione spunti che parlano di lui e ce ne danno la misura del valore. Titolo e tema parlano di Antonio proprio perché ciascuna di queste parole lui ha vissuto attraverso la dimensione dell’esperienza compiuta con serietà nella sua giovinezza portata avanti tra queste aule, frequentando lezioni e sostenendo esami.
Fin da bambino nella sua infanzia trascorsa a Isnello, i genitori di certo lo sanno bene, Antonio ha tenuto tra le sue mani libri che ha studiato e amato. Ogni libro lo ha senz’altro impegnato e formato nella sua conoscenza del mondo, dando poi sostanza alla passione dei suoi studi storici e politici. Ma l’avere avuto a che fare tutti giorni con i libri, appunto come si conviene a chi decide l’impegno dello studio con serietà d’intento, non lo ha isolato dagli altri. Nel suo tragitto universitario si è concepito come parte attiva di una relazione e, come sappiamo, è stato protagonista costante di un’esperienza associativa che ha creato comunità.
Ogni libro vale anche per la vibrazione di umanità che contiene e consegna al lettore. Questo è perlomeno ciò che io vi cerco da sempre, pur differenti che siano le occasioni all’origine della lettura di un testo. Un libro si può leggere per trarne motivi di ricerca e ragionamento, come uno scritto ancora inedito per comprendere invece il profilo editoriale e la coerenza dell’insieme.
Uno degli autori che sto leggendo in questi giorni è Michel de Montaigne, scrittore francese del ‘500 dall’intelligenza acuta che si esprime in perspicacia di pensiero e parola. Nei suoi Saggi è contenuto un capitolo dedicato ai libri («Dei Libri», libro secondo, capitolo X) e in esso un passaggio che mi ha molto interrogato e mi ha fatto pensare ad Antonio, al suo percorrere con coraggio e fatica il periodo della malattia. Scrive Montaigne: «Ai libri non domando che di darmi piacere per un onesto passatempo; o, se studio, non vi cerco che la scienza che tratti la conoscenza di me stesso, e che m’insegni a ben morire e a ben vivere: “Hac meus ad metas sudet oportet equus”». Questo brano dal sapore ciceroniano si conclude con una breve citazione latina tratta dalle Elegie di Properzio, fine poeta romano di probabile origine umbra vissuto all’alba del primo secolo, di cui si hanno notizie dell’amicizia stretta con Virgilio e Ovidio e del tentativo fallito di carriera politica. Ebbene, non è certo un caso che Montaigne la riprenda e contestualizzi qui. Preso per intero, il brano latino riporta in luce un senso più ampio e profondo del perché valga la pena impegnarsi e lavorare senza risparmiarsi: «I giorni sacri canterò e dei luoghi i nomi antichi; a queste mete il mio cavallo sudando correr dovrà».
Antonio è stato chiamato a vivere con intensità estrema il suo ultimo periodo. Chi gli è stato vicino lo sa bene. E con dedizione ed entusiasmo ha portato avanti di slancio i suoi anni all’università. Non lo hanno impegnato soltanto libri via via letti e studiati per preparare e sostenere esami. Non si è isolato puntando esclusivamente su se stesso e sugli obiettivi formativi del proprio percorso, ma ha offerto il proprio tempo per i colleghi dentro un luogo preciso diventando rappresentante degli studenti e presidente dell’Associazione ASU. E anche questo è un aspetto che ci riconduce al titolo del seminario di oggi in sua memoria.
L’associazionismo è un concetto dalla lunga tradizione e dal significativo rilievo culturale e politico, un’importanza che assume lungo i secoli con i diversi accenti attribuiti da quanti lo hanno approfondito, comprendendone l’apporto decisivo in vista di una prospettiva universale di progresso e bene comune. Alexis de Tocqueville, scrittore e uomo politico francese autore dell’opera La democrazia in America, ci ha consegnato una visione della democrazia contemporanea colta durante il suo apparire in terra americana nei primi decenni dell’Ottocento. Le descrizioni e analisi che ci lascia vanno diritte a punti e questioni del suo funzionamento. E, pur trattandone e dettagliandone criteri e concetti, tra le pagine di quest’opera ferma con sicurezza un giudizio mai abbandonato: «l’associazionismo è la scienza madre della democrazia».
Ecco, questo Antonio lo ha capito e ne ha dato prova con la concretezza quotidiana del suo vivere all’università. L’associazionismo non è stato per lui una parola ricavata da dottrina astratta e rimasta tale, ma esperienza e condivisione che lo portano a dare spessore d’esistenza al concetto. La parola e la teoria sono diventati così volto e amicizia, ideale messo in pratica perché nessuno rimanesse solo nel suo cammino tra libri e materie, metodo attuato per dare risposte ai bisogni dei colleghi studenti con le caratteristiche del dialogo amabile e dello stare con premurosa disponibilità accanto al prossimo.
Luigi Sturzo, Alcide De Gasperi e Aldo Moro sono tra i suoi principali punti di riferimento. Antonio ha cercato nei libri di questi uomini valorosi la scienza e l’esperienza di ciò che la politica deve essere perché del bene comune ognuno e tutti abbiano in abbondanza. Non è senza significato che ad ognuno di loro non siano stati risparmiati il dolore e il sacrificio. Questa sofferenza, che con occasioni e modalità diverse per loro è arrivata all’esilio e alla mancanza di libertà, per Moro si è spinta fino al sequestro e alla morte violenta.
«Occorre soffrire perché la verità non si cristallizzi in dottrina, ma nasca dalla carne». Questa frase è di Emmanuel Mounier, fondatore della rivista “Esprit” e pensatore che con i suoi lavori ha dato forma al personalismo: al centro del suo orizzonte c’è la persona come fattore di bene, libertà, speranza. La sua vita familiare è duramente segnata dalla grave malattia della figlia Françoise. Ogni parola di questo scrittore francese dice, però, che nessun frammento della vita potrà andare disperso nel nulla: nella sofferenza si può intravedere, misteriosamente, una luce oltre il buio del momento. Il volume Lettere sul dolore ci consegna questo suo sguardo attraverso lettere e ricordi.
Purtroppo non ho conosciuto Antonio durante il suo periodo universitario. Mi sono giunti gli echi della sua presenza incontrata da tutti con un sorriso. Chi lo ha conosciuto ne ricorda l’atteggiamento lieto e costruttivo di fronte a tutte le circostanze. La sua storia ci dice che il dolore e la sofferenza non sono l’ultima parola. Antonio ha abbracciato la sua croce, ha guardato in faccia il suo destino. E della sua vita ha fatto un capolavoro.
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Nelle immagini alcuni momenti del seminario che si è tenuto presso l'Aula Falcone del Dipartimento DEMS la sera di mercoledì 7 dicembre 2016.